Da una semplice intuizione a tech company dall’impatto globale. Intervista a Isabelle Andrieu

Giorgia Paccione

23/04/2025

Isabelle Andrieu co-founder di Translated e CEO di Pi School racconta come ha unito linguistica, tecnologia e visione per costruire un’impresa globale che guarda al futuro.

Da una semplice intuizione a tech company dall’impatto globale. Intervista a Isabelle Andrieu

Ha iniziato con soli 100 dollari e una visione condivisa. Oggi è founder di una delle tech company leader globale nei servizi di traduzione e guida un campus di innovazione dove si forma la nuova generazione dell’AI.

Isabelle Andrieu è il ritratto di un’imprenditrice visionaria che ha saputo unire la passione per le lingue alla tecnologia, guidando l’innovazione nel settore dell’intelligenza artificiale con uno sguardo attento alla formazione dei giovani e all’empowerment femminile.

Co-founder di Translated, leader globale nel settore delle traduzioni, e CEO di Pi School, centro di innovazione e formazione avanzata, Isabelle ha dato vita a un ecosistema dove competenze umanistiche e visione tech non solo convivono, ma si potenziano a vicenda.

Abbiamo parlato con lei, per riflettere insieme su ciò che serve oggi per innovare davvero e costruire un futuro in cui le persone amplifichino le loro competenze, restando protagoniste.

Tutto è partito da un’intuizione (e 100 dollari)

Il viaggio di Isabelle Andrieu inizia da un’intuizione condivisa con Marco Trombetti, co-founder e oggi CEO di Translated: rendere la comunicazione accessibile a chiunque nella propria lingua madre.

Quando abbiamo iniziato Translated nel 1999, con un investimento di soli 100 dollari per comprare il dominio, non avevamo un business plan né una visione precisa di successo. Però eravamo fermamente convinti che la tecnologia aveva tutto il potenziale di rivoluzionare il mondo della traduzione.

Io ero una linguista appassionata, Marco aveva studiato astrofisica e aveva una profonda conoscenza informatica, sapeva già come muoversi in terreni inesplorati.

In un momento storico in cui Internet era ancora agli albori e le startup una rarità in Italia, Isabelle e Marco hanno intuito prima di altri che l’incontro tra linguistica e machine learning avrebbe cambiato radicalmente il mondo.

Abbiamo affrontato tante sfide: nessuno si fidava di due ragazzi di 22 e 23 anni senza esperienza, e l’Italia di allora era un contesto difficile per i giovani imprenditori. Noi non ci siamo mai arresi. La motivazione era fortissima: volevamo costruire qualcosa di nostro, in cui credere davvero.

Oggi Translated è tra i pionieri globali dell’AI applicata alla traduzione, con un approccio che integra automazione e intelligenza umana.

Abbiamo imparato tutto sul campo: tecnologia, marketing, gestione, leadership. Oggi siamo leader globali grazie a quella determinazione iniziale e alla capacità di adattarci. Ci rimettiamo sempre in discussione. E penso che questo sia un punto fondamentale.

Un ecosistema per far crescere idee e persone: il progetto Pi School

Dal successo imprenditoriale di Translated è nato un secondo fronte di impegno: il Pi Campus, un acceleratore di startup e centro di formazione avanzata che unisce capitale, competenze e mentorship in un unico ambiente creativo.

Se Translated è il cuore operativo, Pi Campus e Pi School ne rappresentano il respiro: luoghi dove si coltivano talenti, si investe in idee e si costruisce il futuro con un approccio educativo e imprenditoriale unico in Europa.

Con Pi School e Pi Campus abbiamo creato un ecosistema dove giovani talenti possono crescere, imparare, fallire, riprovare. Crediamo in una cultura che non punisce l’errore, ma lo riconosce come parte del processo creativo.

Promuovere educazione e imprenditoria significa creare un futuro in cui le idee diventano impatto concreto. Serve offrire ai giovani non solo competenze ma anche la possibilità di muoversi in contesti capaci di ispirarli in cui possono sperimentare, innovare e costruire.

Pi School offre percorsi formativi in AI e imprenditoria. A differenza dei classici incubatori, la scuola punta sul talento e sull’etica dell’innovazione, con un modello basato su mentorship, sperimentazione e contaminazione disciplinare.

Il ruolo delle donne nel panorama AI

Il percorso di Isabelle è anche un esempio concreto di empowerment femminile nel tech. In un mondo ancora fortemente sbilanciato dal punto di vista della rappresentanza, il suo lavoro è diventato punto di riferimento per molte giovani donne che vogliono affermarsi nei settori STEM.

Credo profondamente che ci sia un enorme valore nell’inclusione delle donne nel mondo della tecnologia, e in particolare nell’AI. L’intelligenza artificiale modella il nostro futuro, e non possiamo permetterci che venga costruita da un’unica prospettiva.

Secondo il World Economic Forum, le donne rappresentano solo il 26% della forza lavoro nei settori dell’intelligenza artificiale. Ma i team più inclusivi generano prodotti migliori, più etici e orientati all’utente.

L’approccio di Isabelle riflette questa urgenza: costruire AI umane, progettate con diversità e consapevolezza.

Le donne portano sensibilità, empatia, capacità di visione sistemica - competenze fondamentali in un settore che spesso si focalizza solo sulla performance tecnica.

Il mio percorso è la prova che si può costruire innovazione e leadership anche partendo da una formazione umanistica. Per questo mi impegno ogni giorno per ridurre il divario di genere e creare modelli di ruolo positivi per le nuove generazioni.

L’innovazione in Italia tra potenziale, ostacoli e visione

Oltre all’impresa, Isabelle Andrieu è una delle voci più lucide del dibattito sull’innovazione in Italia. “L’Italia offre un tessuto imprenditoriale ricco di creatività e talento”, dice, “ma per cogliere appieno le opportunità globali serve un deciso cambio di passo.

Le sue parole sono un invito a fare sistema e a pensare in grande, ma anche un’analisi concreta delle barriere da superare.

Operando nel settore tecnologico e dell’intelligenza artificiale, vedo quotidianamente quanto potenziale ci sia, ma anche quanto siano evidenti alcuni gap da colmare.

Il primo è culturale: manca una piena consapevolezza, soprattutto a livello politico e istituzionale, di quanto oggi l’innovazione digitale sia un motore strategico per lo sviluppo. Le regole spesso sembrano disincentivare chi innova: basti pensare alle normative che scoraggiano le piattaforme digitali o agli ostacoli burocratici che rallentano l’adozione di nuove tecnologie.

Il secondo gap è infrastrutturale: per competere con i grandi player globali, servono investimenti massicci in centri di calcolo, data center ad alta efficienza energetica e accesso a energia a basso costo. Senza questi asset, l’Italia non può attrarre né trattenere aziende e talenti nel campo dell’AI e del digitale.

Il terzo è finanziario: in Italia mancano ancora fondi d’investimento capaci di sostenere la crescita di aziende tecnologiche su scala internazionale. Spesso dobbiamo rivolgerci a capitali stranieri, perdendo così anche parte dell’indotto e della governance strategica.

L’Italia, secondo l’AI Index di Stanford, investe meno del 2% del PIL in ricerca e sviluppo, contro il 4-5% dei leader globali. Ma ha enormi margini di crescita, soprattutto se saprà valorizzare le sue eccellenze industriali integrandole con nuove tecnologie.

Le opportunità ci sono: possiamo fare leva su verticali in cui siamo forti – come il lusso, il design, la meccanica di precisione – e sviluppare tecnologie specialistiche, basate sulla comprensione culturale e linguistica, che ci rendano unici.

Curiosità, resilienza e innovazione: i consigli per fare impresa oggi

Nel concludere, Isabelle condivide un messaggio essenziale per chi sogna di innovare e costruire: il futuro non si aspetta, si crea.

Il primo consiglio è: coltiva un mindset attivo. Non aspettare che le condizioni siano perfette, non esiste il momento giusto. Inizia con ciò che hai. Sii curioso, studia quello che ti manca, circondati di persone migliori di te.

Il secondo è: sii resiliente. L’imprenditoria è fatta di momenti difficili. La differenza non la fa chi non cade, ma chi sa rialzarsi e imparare.
Infine, non dimenticare mai il “perché” fai ciò che fai. La passione è ciò che ti permette di resistere alle difficoltà e di ispirare gli altri.

E soprattutto: non temere la tecnologia. Usala come alleata, ma resta sempre umano. L’innovazione vera nasce dall’equilibrio tra empatia e intelligenza, tra visione e concretezza.

La storia di Isabelle Andrieu è quindi la dimostrazione che innovare non significa solo costruire soluzioni tecnologiche, ma risolvere problemi reali con visione e sensibilità. In un’Italia che cerca ancora la sua identità nel digitale, figure come la sua offrono un modello autentico di leadership, capace di ispirare una nuova generazione di imprenditori e imprenditrici.

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