Con la crisi di governo sono a rischio 21,8 miliardi del Pnrr, i 10 del decreto Aiuti bis di luglio e i 5-6 del taglio del cuneo fiscale, mentre in Borsa sono già stati bruciati 17 miliardi.
La crisi di governo, a meno di colpi di scena o dell’arrivo di un rapido Draghi bis, costerà all’Italia decine e decine di miliardi di euro. Ci sono provvedimenti da fare già questo mese che rischiano di saltare, il Piano nazionale di ripresa e resilienza da portare avanti e Piazza Affari che, già instabile, rischia una sorta di breakdown.
Le dimissioni di ieri da parte del presidente del Consiglio hanno messo al tappeto il Ftse Mib, che ha perso in 24 ore il 3,44%, segnando il peggior risultato in Europa. Un tonfo che è significato mandare in fumo circa 17 miliardi di capitalizzazione, mentre lo spread tra Btp e Bund tedeschi è salito a 232 punti base. Da oggi fino a mercoledì prossimo, quando è atteso il discorso di Draghi alla Camera e al Senato con la cosiddetta «parlamentarizzazione» della crisi, le cose possono peggiorare ancora.
Gli analisti, infatti, segnalano preoccupati che, in un momento in cui la tensione sui mercati era già alta, vista la pressione sui prezzi del gas, la debolezza dell’euro sul dollaro e le turbolenze geopolitiche che avvicinano lo spettro della recessione, Piazza Affari può scivolare in modo pericoloso.
A rischio la seconda tranche del Pnrr
A meno di inattese svolte dell’ultim’ora, quindi, nei prossimi cinque giorni è lecito aspettarsi altre decine di miliardi di capitalizzazione persi in Borsa. Nel frattempo sono in bilico, per usare un eufemismo, quasi 40 miliardi che il governo avrebbe dovuto spendere da qui a fine anno.
Innanzitutto ci sono i fondi del Pnrr. A fine anno la Commissione europea dovrebbe staccare il secondo assegno del 2022, che vale 21,8 miliardi. Per ottenerli bisogna raggiungere una serie di obiettivi, che sono molto più specifici rispetto a quelli del primo semestre dell’anno, terminato lo scorso 30 giugno. I target sono 16, contro uno solo del periodo precedente, assieme a 39 milestone (obiettivi più generici).
Sicuramente i ministeri possono portare avanti parte del lavoro con i decreti attuativi anche senza un governo in carica, ma se si andasse a elezioni (a ottobre) e non se ne dovesse formare uno entro novembre sarebbero guai. Entro il 31 dicembre va infatti raggiunto l’obiettivo annuo di 66 riforme, di cui 23 leggi e 43 decreti attuativi e finora come Paese abbiamo fatto circa la metà di quanto richiesto da Bruxelles.
Gli effetti su bollette e stipendi
In caso di caduta del governo, poi, certamente salterebbe il decreto di luglio da 10 miliardi contro il caro-energia e il caro-vita, con attesi interventi sull’Iva legata ai beni di largo consumo, nuovi aiuti per le bollette e un primo aumento dei salari, forse agganciando tutti i contratti nazionali ai minimi sul salario orario previsti da quelli firmati da sindacati e associazioni di categoria più rappresentativi.
A rischio, quindi, ci sarebbe anche il taglio del cuneo fiscale atteso con la legge di Bilancio autunnale. I sindacati e Confindustria chiedono da settimane di stanziare almeno 15 miliardi per alzare i salari e abbassare il costo del lavoro per le imprese, con il ministero dell’Economia che ne aveva già trovati circa 5-6.
Il caos sugli stoccaggi del gas e il ritorno alla Fornero
C’è poi tutto il capitolo degli stoccaggi del gas, su cui il governo aveva accelerato nelle ultime settimane, arrivando al 64% delle riserve massime. L’obiettivo è arrivare all’80-85% entro ottobre, così da centrare il target del 90% a dicembre e garantire al Paese un inverno tranquillo.
Senza un governo e con la Russia che sembra andare verso lo stop totale alle forniture, questi risultati sembrano quasi impossibili da raggiungere. Si avvicinerebbe così lo spettro dei primi razionamenti previsti dal piano nazionale di emergenza.
Diventerebbe difficile, quindi, portare a casa la delega fiscale entro fine anno. Sul testo si era raggiunto un fragile accordo di maggioranza, ma se finisse la stagione dell’unità nazionale tutto potrebbe saltare, mettendo a rischio provvedimenti come il taglio dell’Irap e la rimodulazione dell’Iva tra beni di necessità e di lusso.
C’è infine la questione pensioni: con un nuovo governo che si potrebbe insediare solo a dicembre, con l’inizio del nuovo anno ci potrebbe essere un ritorno integrale alla Fornero, con uno scalone improvviso per migliaia di italiani rispetto all’attuale sistema di Quota 102.
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