Rinvio a giudizio, cosa significa?

Ilena D’Errico

27 Luglio 2025 - 00:39

Cos’è il rinvio a giudizio, cosa significa essere rinviati a giudizio e cosa può succedere dopo. Ecco tutto quello che c’è da sapere.

Rinvio a giudizio, cosa significa?

Chi ascolta e legge le notizie sente molto spesso parlare di rinvio a giudizio. Negli ultimi giorni, per esempio, si parla del rinvio a giudizio dei militari coinvolti nella strage di Cutro ma anche della richiesta di rinvio a giudizio per il consigliere comunale torinese Silvio Viale con l’accusa di violenza sessuale. Un’altra novità è il rinvio a giudizio per 6 soggetti coinvolti nel caso Park Towers, mentre per i rinvii al giudizio relativi al caso Ramy, richiesti dai Pm per il conducente del T-max e della gazzella dei Carabinieri, attendono la decisione del gip. Insomma, se ne parla molto spesso, ma pochi sanno davvero come funziona e cosa significa davvero essere rinviati a giudizio. Per comprendere davvero la cronaca giudiziaria, soprattutto quando tocca temi di tale risonanza mediatica e personaggi pubblici, è però bene approfondire.

La richiesta di rinvio a giudizio

Il rinvio a giudizio è una delle fasi previste per lo svolgimento del processo penale. Semplificando notevolmente, si parte con l’iscrizione dell’indagato nel registro delle notizie di reato, che fa partire le indagini preliminari. In questa fase, necessaria appunto a raccogliere prove sul possibile coinvolgimento nel reato, il pubblico ministero può chiedere l’applicazione di misure cautelari per impedire la fuga, l’inquinamento delle prove o la reiterazione del reato.

L’eventuale richiesta in tal senso viene valutata dal Giudice dell’udienza preliminare (Gup) in base alle effettive esigenze cautelari e non è affatto obbligatoria. Dopo la conclusione delle indagini preliminari il pubblico ministero valuta le prove raccolte a carico dell’indagato e sceglie se chiedere l’archiviazione della notizia di reato oppure il rinvio a giudizio dell’indagato. La richiesta di archiviazione arriva quando le prove raccolte durante le indagini preliminari sembrano insufficienti per accusare l’indagato.

Altrimenti, il Pm chiede un rinvio a giudizio. Questo significa che, secondo la valutazione del magistrato fondata sull’esito delle indagini preliminari, l’indagato potrebbe essere colpevole del reato e ci sono prove potenzialmente sufficienti a dimostrarlo in tribunale. La decisione, tuttavia, spetta al Giudice per le indagini preliminari (Gip). Questa procedura, tuttavia, non viene sempre applicata, ma è limitata ad alcuni reati.

La legge italiana, infatti, prevede alcuni reati con udienza preliminare (a cui si arriva eventualmente dopo un rinvio a giudizio) e altri reati a citazione diretta a giudizio. Per questi ultimi, non è previsto nemmeno il rinvio a giudizio. A dispetto di quanto si potrebbe pensare, la citazione diretta è prevista per reati meno gravi (contravvenzioni, delitti puniti con multa e/o detenzione massima di 4 anni).

Come deve essere

La richiesta di rinvio a giudizio deve contenere:

  • le generalità dell’imputato;
  • l’enunciazione in forma chiara e precisa del fatto;
  • l’indicazione delle fonti di prova acquisite;
  • la documentazione relativa alle indagini espletate;
  • i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari;
  • data e sottoscrizione.

Il corpo del reato e le cose pertinenti al reato (se presenti) saranno allegate al fascicolo, che conterrà a sua volta tutte le informazioni restanti. La richiesta di rinvio a giudizio, inoltre, è nulla se l’indagato chiede di essere sottoposto a interrogatorio e quest’ultimo non si svolge. Il rinvio a giudizio, inoltre, deve essere richiesto generalmente entro 6 mesi dall’iscrizione nel registro dei reati, ma ci sono delle eccezioni per diversi reati. Deve in ogni caso essere preceduta dalla notifica di avviso di conclusione delle indagini preliminari.

Quando avviene il rinvio a giudizio e cosa significa

In seguito alla richiesta di rinvio a giudizio da parte del Pm viene fissata l’udienza preliminare. L’indagato deve quindi ricevere una notifica con i dati sull’udienza, entro i termini previsti dal Codice di procedura penale, dovendo scegliere la strategia difensiva. L’udienza preliminare rappresenta infatti la parte antecedente al vero e proprio processo penale, in cui il giudice è chiamato a considerare la fondatezza della richiesta di rinvio formulata dal Pm.

A tal proposito, oltre al pubblico ministero, partecipano anche la difesa dell’indagato e l’eventuale parte civile. Avviene così il contradditorio tra le parti, al termine del quale il giudice sceglie se prosciogliere l’indagato (ritenendo le prove insufficienti a sostenere la colpevolezza in dibattimento) o rinviarlo a giudizio. Non si tratta però delle uniche possibilità, in quanto l’indagato può anche rinunciare al dibattimento e richiedere un rito alternativo.

Cosa significa essere rinviato a giudizio

Ora si può meglio capire quanto e perché il rinvio a giudizio non ha nulla a che fare con l’eventuale colpevolezza dell’indagato. Si tratta semplicemente di una delle fasi del processo penale, che può sempre terminare con un’assoluzione (e conta comunque tre gradi di giudizio). Quando viene richiesto un rinvio a giudizio si sa semplicemente che le prove raccolte durante le indagini preliminari sembrano sufficienti a sostenere l’accusa. Durante l’udienza preliminare è possibile opporsi e chiedere un proscioglimento e, in caso di insuccesso, provare la non colpevolezza in dibattimento.

È però fondamentale capire che chi viene rinviato a giudizio non è colpevole né è considerato tale. Semplicemente, la tesi e le prove dell’accusa sembrano convincenti e meritano l’approfondimento in sede processuale. Si tratta comunque di un passaggio importante, sia per le parti coinvolte che a livello puramente informativo, ma non bisogna estenderne il significato.

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