E se comprare un immobile non bastasse per esserne davvero proprietari? La prelazione può rimettere tutto in discussione, anche dopo il rogito.
Una quota ereditaria venduta di nascosto a un estraneo, un terreno agricolo ceduto senza avvisare l’affittuario che lo coltiva da anni, un negozio in centro trasferito a un nuovo proprietario senza dare al conduttore la possibilità di acquistarlo. Sono solo alcuni dei casi in cui scatta il diritto di prelazione, uno strumento giuridico che può ribaltare anche una compravendita già firmata.
Diritto di prelazione: significato e differenza tra legale e contrattuale
“La prelazione è la facoltà di essere preferiti rispetto a terzi nell’acquisto di un bene, alle stesse condizioni pattuite con l’acquirente esterno.”
Non si tratta di un diritto assoluto a comprare, ma di un vantaggio condizionato che scatta solo se il titolare decide di vendere. La legge distingue due forme principali: la prelazione legale, cioè prevista dalle norme, e la prelazione contrattuale, frutto della volontà privata.
La prelazione legale nasce per tutelare interessi che il legislatore considera meritevoli. Ad esempio, in materia agraria, il coltivatore diretto che lavora il fondo o il confinante hanno diritto di essere preferiti se il proprietario vende (art. 8 l. n. 590/1965; art. 7 l. n. 817/1971).
Nel settore delle locazioni commerciali, il conduttore ha un diritto di prelazione sull’immobile che occupa se il locatore decide di venderlo (artt. 38 e 39 l. n. 392/1978). Si tratta di tutte ipotesi in cui la legge interviene per tutelare dei valori precisi, la stabilità delle imprese agricole o la salvaguardia delle attività economiche.
Diverso è il caso della prelazione contrattuale, che non trova fondamento in una norma ma in una clausola inserita dalle parti in un contratto. Si pensi a due soci di una S.r.l. che stabiliscono nello statuto che, prima di vendere le quote a un estraneo, devono offrirle agli altri soci.
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Efficacia e opponibilità: quando è previsto il riscatto
La differenza sostanziale tra prelazione legale e contrattuale sta negli effetti della violazione.
Nelle ipotesi legali l’efficacia della prelazione è reale:
“Il titolare del diritto può esercitare il riscatto (o retratto), se il bene viene venduto senza rispettare la prelazione, il titolare può subentrare all’acquirente, acquisendo il bene alle stesse condizioni pattuite.”
È il caso del coerede che scopre che il fratello ha venduto la quota a un estraneo senza avvisarlo, può riscattare la quota dall’acquirente e dai successivi aventi causa finché dura la comunione. Lo stesso vale per il coltivatore diretto che non è stato preferito, la legge gli consente di agire per riscattare il fondo.
Invece, la prelazione contrattuale ha di regola efficacia obbligatoria e, di regola, non è trascrivibile né opponibile ai terzi, anche se il terzo conosce la clausola, non sorge diritto di retratto; il rimedio resta il risarcimento per l’inadempimento verso il promittente-venditore.
Dove si applica la prelazione? Eredità, terreni agricoli, locazioni, società, beni culturali
Il diritto di prelazione non è un principio astratto, prende corpo in situazioni concrete.
Nell’eredità, l’art. 732 c.c. prevede che:
“Se un coerede vuole vendere a un estraneo la sua quota, deve prima offrirla agli altri coeredi.”
L’obiettivo è evitare l’ingresso di soggetti estranei nella comunione ereditaria. Il diritto si esercita entro 2 mesi dall’ultima delle notificazioni; se la notifica manca, gli altri coeredi possono riscattare la quota finché dura la comunione ereditaria. Immaginiamo due fratelli che ereditano un immobile: se uno decide di vendere a un terzo senza avvisare l’altro, quest’ultimo può “subentrare” all’acquirente.
Nella locazione agricola:
“La prelazione spetta al coltivatore diretto affittuario del fondo e, in subordine, al confinante (art. 8 l. n. 590/1965 e art. 7 l. n. 817/1971).”
Qui l’obiettivo è favorire chi ha sempre lavorato il terreno. Se il proprietario vende il terreno senza notificare l’offerta all’affittuario, quest’ultimo può riscattarlo entro 1 anno.
Invece, nelle locazioni commerciali:
“Il conduttore ha diritto di prelazione sull’immobile in cui esercita la propria attività (art. 38 l. 392/1978).”
Se il locatore vende senza rispettarla, l’inquilino può riscattare l’immobile entro 6 mesi dalla trascrizione dell’atto di vendita.
Nelle locazioni abitative la prelazione del conduttore è prevista solo alla prima scadenza e se il locatore non possiede altri immobili abitativi (oltre alla propria abitazione) art. 3, co. 1, lett. g), l. n. 431/1998. Se pretermesso, il conduttore può riscattare entro 6 mesi dalla trascrizione e versare il prezzo entro 3 mesi.
Nelle società, le clausole statutarie possono prevedere il diritto di prelazione tra soci. L’art. 2355-bis c.c. (per le S.p.A.) e l’art. 2469 c.c. (per le S.r.l.) consentono di inserire nello statuto o nei patti parasociali l’obbligo di offrire le azioni o le quote prima agli altri soci. Non si tratta di prelazione legale, ma di prelazione contrattuale con effetti ben diversi: qui non c’è riscatto automatico, ma l’eventuale tutela deriva dal patto violato.
Infine, sui beni culturali interviene la prelazione dello Stato e degli enti pubblici.
“Il Ministero della Cultura può esercitare la prelazione su immobili o opere vincolate vendute a titolo oneroso (artt. 60–62 D.lgs. n. 42/2004).”
In questo caso la ratio non è privata, ma pubblicistica: evitare la dispersione di beni di interesse culturale.
Come si esercita il diritto di prelazione?
Il diritto di prelazione per essere valido deve rispettare precise formalità.
“Il proprietario intenzionato a vendere deve notificare la proposta al titolare della prelazione, indicando prezzo e condizioni. Tale comunicazione prende il nome di denuntiatio e serve a mettere il prelazionario nelle condizioni di decidere.”
Tra coeredi la proposta va notificata a mezzo ufficiale giudiziario, da quel momento decorrono i 2 mesi entro i quali gli altri coeredi possono dichiarare di voler acquistare. Se il termine scade senza risposta, la prelazione si perde. È il caso del fratello che riceve la notifica della vendita della quota ereditaria: ha 60 giorni di tempo per decidere, altrimenti il contratto con l’estraneo diventa efficace in via definitiva.
In agraria, la denuntiatio deve essere fatta con raccomandata A/R, allegando il contratto preliminare con l’indicazione del nome dell’acquirente, del prezzo e di tutte le condizioni pattuite. Da quel momento il coltivatore ha 30 giorni per esercitare la prelazione; se la comunicazione manca o è incompleta, può comunque riscattare il fondo entro 1 anno dalla vendita.
Nelle locazioni commerciali, la denuntiatio deve essere fatta con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, indicando prezzo e condizioni. Il conduttore ha 60 giorni per rispondere; se il locatore vende senza rispettare questa procedura, il conduttore potrà riscattare l’immobile entro 6 mesi dalla trascrizione dell’atto. La prelazione non opera invece nella vendita in blocco di più immobili; diversa è la vendita cumulativa, che non esclude il diritto del conduttore.
Per i beni culturali, l’atto di trasferimento deve essere notificato al Ministero della Cultura, che ha 60 giorni per decidere se esercitare la prelazione. Qui il meccanismo è pubblico e amministrativo, non serve la denuntiatio privata, ma un procedimento formale che tutela l’interesse collettivo alla conservazione dei beni di valore storico e artistico.
Le tempistiche in breve
Diamo uno sguardo ai termini temporali:
- ereditaria (art. 732 c.c.) → 2 mesi dall’ultima delle notificazioni;
- locazione agraricola (art. 8 l. 590/1965, art. 7 l. 817/1971) → 30 giorni per esercitare; 1 anno per riscattare se la comunicazione manca;
- locazioni commerciali (artt. 38-39 l. 392/1978) → 60 giorni per rispondere; 6 mesi dalla trascrizione per il riscatto se la prelazione è violata;
- locazioni abitative (l. 431/1998) → solo in casi specifici, tipicamente alla prima scadenza;
- beni culturali (artt. 60–62 d.lgs. 42/2004) → 60 giorni dalla notifica al Ministero.
Se la prelazione è violata: rimedi e prova
Se il titolare del diritto di prelazione non viene messo in condizione di esercitarla , la legge non si limita a riconoscere un risarcimento, in molti casi concede uno strumento giuridico. È il cosiddetto riscatto (o retratto), che permette al prelazionario di subentrare all’acquirente alle stesse condizioni.
Al contrario, nelle prelazioni contrattuali la tutela resta sul piano obbligatorio, il rimedio tipico è il risarcimento per inadempimento, salvo ipotesi particolari (come la trascrizione nei registri immobiliari) che rafforzano l’efficacia ma non attribuiscono il diritto di retratto.
Retratto/riscatto: termini e oneri
Il riscatto previsto nelle diverse ipotesi di prelazione legale comporta l’obbligo per il prelazionario di corrispondere al terzo acquirente lo stesso prezzo pattuito, comprensivo delle spese accessorie. Le modalità, però, cambiano a seconda dei casi:
- nel retratto successorio non è richiesta un’offerta reale contestuale: è sufficiente la dichiarazione di riscatto, fermo restando il successivo pagamento del prezzo secondo le statuizioni del giudice.
- nell’ambito agrario e nelle locazioni abitative o commerciali, invece, la legge impone tempi stringenti: l’avente diritto deve versare il prezzo entro i termini stabiliti (tre mesi per le locazioni, sei mesi per l’agrario) a pena di decadenza.
La funzione di tali versamenti è garantire la serietà della volontà di subentrare, evitando che il diritto di prelazione venga usato in modo dilatorio.
Prelazione contrattuale : come scriverla perché funzioni
La prelazione contrattuale è una scelta dettata dall’autonomia privata. Il suo scopo è quello di impedire che un ne venga ceduto a estranei senza prima offrirlo a chi ha un interesse diretto a mantenerlo.
Si incontra spesso nei contratti immobiliari, quando il proprietario concede al conduttore il diritto di essere preferito in caso di vendita dell’appartamento. Oppure nei patti parasociali e negli statuti societari, dove i soci stabiliscono che, prima di cedere le quote a un terzo, devono offrirle agli altri. Il codice civile consente queste clausole: l’art. 2355-bis disciplina le azioni delle S.p.A., mentre l’art. 2469 riguarda le partecipazioni nelle S.r.l.
Tuttavia, a differenza della prelazione legale, se il venditore viola l’impegno, l’acquirente terzo resta proprietario:
“Il rimedio per il prelazionario è l’azione di risarcimento del danno.”
L’unico modo per rafforzare l’efficacia della clausola è la trascrizione nei registri immobiliari, che rende la prelazione opponibile al terzo acquirente, ma non lo priva comunque del bene già acquistato.
Opponibilità, prezzo equo e coordinamento con clausola di gradimento
La clausola di prelazione deve indicare in modo chiaro l’obbligo di comunicare la proposta, le modalità di esercizio e i tempi per rispondere. È utile prevedere criteri di determinazione del prezzo, per evitare contenziosi se le parti non concordano sull’importo.
Nelle società, la clausola di prelazione si accompagna spesso ad una clausola di gradimento, che subordina la cessione delle quote all’approvazione degli altri soci o di un organo. Le due pattuizioni vanno coordinate: se il gradimento è assoluto, rischia di rendere la prelazione inefficace; se invece è solo formale, la prelazione resta operativa.
Ad esempio, in uno statuto di S.r.l. si può prevedere che, prima di vendere le quote, il socio debba comunicarlo agli altri con raccomandata o PEC, indicando prezzo e condizioni. Gli altri hanno 30 giorni per rispondere. Se la clausola è scritta in modo chiaro e trascritta, il terzo acquirente non potrà dire di non conoscerla.
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