Hai trovato un debito nell’estratto di ruolo? Puoi impugnarlo solo in casi tassativi. Vediamo quali, entro quanto tempo e quanto ti costa.
Scoprire nell’estratto di ruolo un vecchio debito non significa che si debba subito pagare né che si possa impugnare in automatico. L’estratto non si impugna; si può però impugnare ruolo/cartella mai notificati o notificati male solo se da quell’iscrizione nasce un danno immediato e concreto nei casi previsti.
Che cos’è l’estratto di ruolo e come si richiede online
“L’estratto di ruolo è un documento rilasciato dall’Agenzia Entrate Riscossione (AER) che fotografa i debiti iscritti a ruolo a carico di un contribuente.”
Non è un atto impositivo, ma un prospetto informativo che riporta i dati contenuti nel ruolo: importo, tributo, anno di riferimento, interessi, sanzioni e stato della riscossione.
Il “ruolo”, definito dall’art. 10 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, è l’elenco formato dall’ente impositore (ad esempio Agenzia delle Entrate, INPS, Comuni) che diventa titolo esecutivo per la riscossione delle somme. Su questa base l’agente della riscossione emette e notifica la cartella di pagamento.
Invece, l’estratto non viene notificato, è un documento interno che serve al contribuente per conoscere la propria posizione debitoria e verificare eventuali anomalie, ad esempio cartelle mai ricevute o crediti già prescritti.
Pertanto:
- ruolo è l’atto amministrativo dell’ente creditore, titolo esecutivo ai sensi dell’art. 49 del d.P.R. n. 602/1973;
- cartella di pagamento è la notifica al contribuente, attraverso cui si comunica l’esistenza del debito iscritto a ruolo e si avvia la riscossione (art. 25 d.P.R. n. 602/1973);
- estratto di ruolo è un documento rilasciato da AER su richiesta del contribuente che riporta i dati del ruolo, ma non costituisce di per sé un titolo esecutivo.
Come ottenere l’estratto di ruolo dall’Agenzia Entrate Riscossione
L’estratto si può richiedere online, accedendo all’Area Riservata del sito AER con SPID, CIE o CNS, alla sezione “Situazione debitoria – consulta e paga”. Qui è possibile scaricare l’estratto in formato PDF e verificare lo stato delle cartelle, eventuali sospensioni o piani di rateizzazione. In alternativa, è sempre possibile rivolgersi agli sportelli territoriali presentando una richiesta diretta o usando il modulo RD1 disponibile sul portale AdeR.
Sul piano normativo, il diritto di ottenere copia degli atti di riscossione deriva dall’art. 22 e ss. l. n. 241/1990 (accesso documentale), mentre l’art. 26, co. 5 del d.P.R. 602/1973 impone all’agente di riscossione di conservare per 5 anni la matrice o la copia della cartella con la prova della notifica ed esibirla a richiesta del contribuente.
Quando si può impugnare un estratto di ruolo?
L’art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. 602/1973, come sostituito dal D.lgs. n. 110/2024, stabilisce che:
“L’estratto di ruolo non è impugnabile. Sono impugnabili soltanto il ruolo e la cartella di pagamento, non validamente notificati, nei casi in cui il debitore dimostri un pregiudizio attuale derivante dall’iscrizione a ruolo.”
Quindi, non è ammessa alcuna opposizione autonoma all’estratto in sé, poiché non produce effetti diretti. Tuttavia, la giurisprudenza della Cassazione ha aperto delle eccezioni. Le Sezioni Unite hanno riconosciuto che il ruolo e la cartella mai notificati o notificati irregolarmente possono essere impugnati anche tramite l’estratto, ma solo se esiste un pregiudizio concreto e attuale per il contribuente (Cass. SS.UU. sent. n. 19704/2015).
Senza pregiudizio concreto e attuale, manca l’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. e dal principio generale secondo cui non si può agire in giudizio senza un bisogno di tutela reale.
Ad esempio, se un imprenditore scopre nell’estratto un vecchio debito mai notificato, ma non subisce effetti immediati, non può impugnarlo. Diverso il caso di una PMI che viene esclusa da una gara d’appalto per un carico fiscale apparso nell’estratto: qui il danno è attuale, e il ricorso è ammissibile.
I casi in cui l’impugnazione è ammessa
L’art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602/1973, come modificato dal D.lgs. n. 110/2024, individua sei ipotesi tassative in cui il contribuente può impugnare l’estratto di ruolo, quando l’iscrizione produce un pregiudizio immediato e concreto.
- Gare pubbliche: l’impresa rischia l’esclusione se emergono irregolarità fiscali. Il nuovo Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 36/2023) richiama le cause di esclusione per violazioni tributarie, fissando la soglia di gravità a 5.000 euro.
- Blocco dei pagamenti da parte della P.A.: scatta quando l’amministrazione congela i crediti in applicazione della verifica ex art. 48-bis d.P.R. n. 602/1973.
- Perdita o mancato rilascio di benefici pubblici: contributi, agevolazioni o autorizzazioni non vengono concessi o vengono revocati a causa del debito iscritto a ruolo.
- Procedure concorsuali: il ruolo incide sull’accesso o sulla gestione di procedure regolate dal Codice della crisi.
- Operazioni di finanziamento: l’esistenza del debito ostacola l’ottenimento o la prosecuzione di rapporti creditizi.
- Cessione o affitto d’azienda: la posizione debitoria influenza la validità o l’efficacia dell’operazione.
In tutti gli altri casi, il ricorso contro l’estratto non è ammissibile.
Come fare ricorso contro un estratto di ruolo
Quando ricorrono i presupposti tassativi previsti dalla legge, il contribuente può impugnare ruolo e cartella mai notificati anche sulla base dell’estratto. La procedura è regolata dal D.lgs. n. 546 del 1992, che disciplina il processo tributario.
“L’atto introduttivo è il ricorso al giudice tributario, con cui il contribuente chiede l’annullamento della pretesa impositiva.”
È competente la Corte di giustizia tributaria della sede dell’ufficio che ha emesso l’atto impugnato (art. 4 D.Lgs. 546/1992). Per i tributi locali rileva la sede dell’ente; per i crediti previdenziali decide il Tribunale – sezione lavoro.
Il ricorso deve essere notificato all’Agenzia Entrate Riscossione e all’ente creditore e si deposita entro i termini previsti dalla legge.
Al ricorso occorre allegare l’estratto di ruolo, eventuali relazioni di notifica mancanti o viziate e la documentazione che provi il pregiudizio concreto (es. provvedimento di esclusione da una gara, comunicazione di blocco pagamenti PA, revoca di un contributo). La mancanza di documenti probatori può portare all’inammissibilità del ricorso.
Deposito telematico e richiesta di sospensione della riscossione
Dal 1° luglio 2019 il processo tributario è integralmente telematico, il deposito avviene tramite il portale SIGIT – Sistema Informativo della Giustizia Tributaria. Il difensore abilitato deve firmare digitalmente gli atti e allegare i documenti in formato PDF/A. Contestualmente al ricorso, il contribuente può presentare un’istanza cautelare ex art. 47 d.lgs. 546/1992, chiedendo al giudice di sospendere l’esecuzione. La sospensione può riguardare, ad esempio, un fermo amministrativo già disposto, un pignoramento in corso o l’effetto preclusivo in una gara d’appalto. Se l’istanza è accolta, la riscossione resta bloccata fino alla decisione di merito.
Entro quanto tempo si può impugnare un estratto di ruolo e quanto costa
Non basta aver scoperto il debito, occorre rispettare i termini di decadenza e sostenere le spese previste dal processo tributario.
Da quando decorrono i 60 giorni per il ricorso
Secondo l’art. 21 del D. lgs. n. 546/1992, il ricorso tributario deve essere proposto entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. Nel caso dell’estratto di ruolo, i termini non decorrono dalla semplice stampa del documento, ma dal momento in cui il contribuente riceve la conoscenza qualificata del debito in uno dei casi ammessi. Ad esempio, se un’impresa viene esclusa da una gara d’appalto il 10 ottobre 2025 per un debito emerso nell’estratto, i 60 giorni decorrono da quella data e il ricorso andrà proposto entro il 9 dicembre 2025.
È bene ricordare che dal 4 gennaio 2024 è stato abrogato l’istituto del reclamo-mediazione (art. 17-bis D.lgs. n. 546/1992): oggi, quindi, tutti i ricorsi partono direttamente in giudizio, senza più la fase preliminare di mediazione con l’Agenzia delle Entrate.
Contributo unificato e spese legali: i costi da considerare
Per proporre ricorso occorre versare il Contributo Unificato Tributario (CUT), il cui importo varia in base al valore della lite, determinato dalla somma iscritta a ruolo. Se il valore non è determinabile, il contributo è fisso: € 120 (art. 13 d.P.R. 115/2002).
A queste spese vanno aggiunti i diritti di notifica del ricorso all’AER e all’ente impositore e gli onorari del difensore, che variano in base al valore della causa e all’attività svolta, secondo i parametri forensi (DM 55/2014).
Infine, in caso di rigetto del ricorso, il giudice può condannare il contribuente al pagamento delle spese processuali in favore della controparte.
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Cosa succede dopo il ricorso: conseguenze e possibili esiti
Presentare ricorso contro un estratto di ruolo non blocca automaticamente la riscossione. È il giudice tributario che, valutando i motivi e la documentazione, decide se sospendere gli effetti del ruolo e, in seguito, se annullare o confermare la pretesa.
Effetti su fermi, ipoteche e pignoramenti
Se il contribuente dimostra l’urgenza, il giudice può disporre la sospensione cautelare ex art. 47 D.lgs. n. 546/1992. Questo provvedimento congela le azioni esecutive in corso, come il fermo amministrativo sul veicolo; l’iscrizione ipotecaria sull’immobile; il pignoramento presso terzi o sul conto corrente. La sospensione non è automatica, occorre provare il fumus boni iuris (cioè la fondatezza del ricorso) e il periculum in mora (il danno grave e irreparabile che deriverebbe dalla riscossione). In assenza di sospensiva, l’Agenzia Entrate Riscossione può comunque proseguire con l’esecuzione forzata.
Esito del giudizio: annullamento, rigetto e spese a carico
All’esito del processo, il giudice può accogliere il ricorso, annullando il ruolo o la cartella viziati con effetto retroattivo. In questo caso, decadono anche gli atti esecutivi collegati, come fermi, ipoteche e pignoramenti. L’accoglimento può però essere anche parziale, con l’eliminazione soltanto di alcuni debiti mentre altri restano validi. Invece, se il ricorso viene rigettato, il contribuente non solo è tenuto a pagare quanto dovuto, ma può essere condannato anche alle spese di lite, ai sensi dell’art. 15 del D.lgs. n. 546/1992.
In definitiva, l’impugnazione dell’estratto non è una scorciatoia per bloccare ogni debito fiscale, ma uno strumento eccezionale, utilizzabile solo nei casi in cui il contribuente rischia un danno immediato e rilevante.
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