Il mobbing ha terribili conseguenze sulle vittime, soprattutto nei luoghi di lavoro. Per difendersi è indispensabile denunciare l’abuso, che in alcuni casi è anche un reato. Ecco come tutelarsi.
Il mobbing riguarda una serie di abusi e vessazioni psicologiche ripetute e ricorrenti a cui la vittima non può sottrarsi facilmente a causa dell’ambiente in cui si verificano. Può trattarsi, per esempio, della scuola, di un ambiente sportivo oppure ovviamente del luogo di lavoro. Di fatto, quando si parla di mobbing ci si riferisce prettamente alle umiliazioni e all’emarginazione subita da un dipendente a causa della condotta di colleghi e superiori. I lavoratori che si trovano in questa situazione non devono continuare a subire, bensì denunciare il mobbing nelle sedi competenti. Si tratta di un passo che richiede molto coraggio, perciò è fondamentale conoscere con precisione le soluzioni legali disponibili e le possibili ripercussioni.
Quando denunciare il mobbing
Anche se non c’è una definizione ufficiale, il mobbing secondo la giurisprudenza presenta questi requisiti:
- la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio;
- l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente;
- il nesso causale tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore;
- la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio.
Come denunciare il mobbing alle forze dell’ordine
Per denunciare il mobbing in senso stretto, rivolgendosi quindi alle forze dell’ordine per querelare l’autore dell’abuso, è necessario che integri un reato. Indipendentemente da ciò, il lavoratore può comunque rivolgersi al tribunale in sede civile per ottenere un risarcimento danni, nonché ai sindacati e all’Ispettorato del lavoro. Si tratta di differenti possibilità valide e talvolta cumulabili per difendere al meglio i propri diritti, ma la scelta dipende dal problema specifico.
Per la querela, è bene sapere che il mobbing non è un reato previsto dal Codice penale italiano. Quando si parla di denuncia per mobbing ci si riferisce infatti ad alcuni reati che l’autore di mobbing può commettere, tra cui:
- atti persecutori;
- molestie;
- diffamazione;
- maltrattamenti in famiglia (talvolta applicabile al contesto lavorativo, come stabilito dalla sentenza n. 19268/2022 della Cassazione).
In questi casi è necessario presentare una querela alle forze dell’ordine (in autonomia oppure attraverso il proprio avvocato) entro 3 mesi dalla cessazione degli episodi vessatori.
Come denunciare il mobbing ai sindacati
Come anticipato, è possibile difendersi dal mobbing anche denunciandolo ai sindacati e all’Ispettorato del lavoro. Ciò è possibile indipendentemente dal fatto che integri un reato e dall’eventuale azione penale. A tal proposito sarà quindi fondamentale raccogliere tutte le prove necessarie a documentare la condotta e gli effetti subiti. Il datore di lavoro ha infatti precise responsabilità nel mantenimento di un ambiente salubre ed è perciò tenuto a intervenire anche quando non è il diretto autore del mobbing.
Ecco perché prima di passare alla mediazione sindacale (o con Ispettorato), ma pure all’azione giudiziaria, è bene comunicare il problema al datore di lavoro attraverso una raccomandata a/r o pec. Una sorta di diffida per chiedere al datore di lavoro di interrompere immediatamente il comportamento dannoso o intervenire per ripristinare la serenità del luogo di lavoro. Se ciò non è sufficiente è quindi possibile provare una conciliazione e altrimenti rivolgersi al giudice civile per ottenere la cessazione delle condotte e il risarcimento. La causa deve essere avviata con un avvocato, eventualmente avvalendosi del gratuito patrocinio a spese dello Stato o delle associazioni apposite ormai presenti in tutta Italia con condizioni agevolate.
Richiesta di risarcimento
Come abbiamo visto, un elemento imprescindibile del mobbing è il danno psico-fisico subito dal lavoratore, il quale deve essere provato in sede di giudizio mostrando le perizie mediche. La vittima può chiedere il risarcimento di tutte le spese mediche sostenute a causa delle vessazioni, a patto che esista un nesso causale tra il danno e la condotta di mobbing.
La legge italiana non prevede, per il momento, uno specifico risarcimento del danno da mobbing, ma la vittima può chiedere il risarcimento danni secondo le regole generali previste per i danni sul luogo di lavoro: sia i danni patrimoniali, come la perdita di chance lavorative ed il lucro cessante, sia non patrimoniali, ovvero i danni causati da stress e così via. Il risarcimento può essere pattuito nella conciliazione o essere preteso durante la causa civile.
Cosa si rischia
La denuncia del mobbing serve a migliorare le condizioni di lavoro, ma comprensibilmente molti dipendenti temono di comprometterle ulteriormente e addirittura di essere licenziati. Proprio per questo motivo è opportuno agire il prima possibile, avendo modo di contestare facilmente licenziamenti illegittimi ma soprattutto di prevenirli. Bisogna inoltre considerare l’istituto delle dimissioni per giusta causa, quando opportuno, per sottrarsi il prima possibile alle vessazioni. Qualsiasi ripercussione sulla carriera e la salute psicofisica deve comunque essere contestata in sede civile.
Chi invece commette il mobbing rischia conseguenze diverse a seconda del caso. Quando si tratta di un reato dovrà affrontare il processo penale con tutto ciò che ne consegue, ma in ogni caso dovrà pagare un risarcimento alla vittima (anche attraverso il pignoramento) e può subire sanzioni disciplinari.
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