Un pignoramento si può fermare, il giudice può sospendere l’esecuzione e la legge garantisce il minimo vitale su pensioni, stipendi e conti correnti.
Bloccare un pignoramento si può, dipende dal bene, fase processuale e creditore. Vediamo cosa dice la legge.
Bloccare un pignoramento è possibile?
“Il pignoramento è l’atto con cui il creditore, tramite l’ufficiale giudiziario, vincola i beni del debitore per soddisfare il proprio credito.”
La legge, però, non considera tutti i pignoramenti irreversibili, esistono rimedi che consentono di fermarli o ridurne gli effetti, ma non in ogni fase e non in ogni forma.
Il primo discrimine riguarda la fase processuale in cui si trova il pignoramento. Prima che il giudice emetta l’ordinanza di vendita o di assegnazione, è ancora possibile incidere sull’esecuzione con strumenti processuali (opposizione, conversione, riduzione). Invece, dopo quell’atto, l’espropriazione diventa molto più difficile da arrestare, il bene pignorato entra in una fase che tende alla liquidazione e il margine di intervento del debitore si riduce drasticamente.
Tuttavia, non si deve confondere il “blocco” con la “sospensione”. Fermare del tutto un pignoramento significa ottenere dal giudice l’estinzione della procedura, ad esempio perché il titolo esecutivo è invalido. Invece, la sospensione congela gli effetti in attesa di un provvedimento, in genere quando il debitore propone opposizione e dimostra gravi motivi. C’è poi un altro scenario, la riduzione o la conversione del pignoramento, che non eliminano l’esecuzione, ma ne attenuano la portata.
“Ad esempio, il debitore può chiedere che il pignoramento immobiliare venga convertito versando una somma di denaro a garanzia, evitando così la vendita della casa.”
La giurisprudenza ha chiarito che l’ordinanza di sospensione non è concessa in automatico, occorre che il debitore indichi con precisione i vizi del titolo o dell’atto esecutivo e produca prove documentali. In mancanza, l’esecuzione prosegue. È il caso del lavoratore cui viene notificato un pignoramento dello stipendio, se dimostra che la quota trattenuta supera i limiti di legge fissati dall’art. 545 c.p.c., può ottenere che la procedura venga bloccata o ridimensionata.
Pignoramento di stipendio, pensione, conto e casa: quando la legge consente di fermarlo
La possibilità di bloccare un pignoramento dipende anche dal tipo di bene aggredito e dai limiti fissati dalla legge.
Stipendio e pensione
La legge prevede tutele specifiche per il reddito da lavoro e da pensione, per i debiti ordinari il prelievo non può superare un quinto della retribuzione netta; per i debiti alimentari la percentuale può arrivare fino alla metà. La pensione, inoltre, non può essere intaccata al di sotto del cosiddetto minimo vitale. Dal 22 settembre 2022 questo importo non è più pari a una volta e mezzo l’assegno sociale ma al doppio dell’assegno sociale, con minimo assoluto 1.000 € . Nel 2025 la soglia impignorabile è pari 1.077,38 € (2 × 538,69 €). Solo la parte eccedente è pignorabile, nei limiti di legge (massimo 1/5 e, in caso di concorso di più pignoramenti, fino a 1/2 complessivo).
“Se il prelievo disposto porta la pensione al di sotto di questa soglia, il pensionato può chiedere al giudice dell’esecuzione la riduzione o la sospensione parziale del pignoramento.”
Conto corrente
Se stipendio o pensione risultano già accreditati sul conto prima della notifica del pignoramento, è impignorabile un importo pari al triplo dell’assegno sociale (1.616,07 € nel 2025) e il vincolo può colpire solo l’eccedenza. Gli accrediti successivi o contestuali al pignoramento, invece, sono pignorabili nei limiti ordinari previsti per stipendio e pensione, in genere massimo un quinto.
Casa e beni immobili
Il pignoramento immobiliare è il più invasivo e complesso. Fermarlo del tutto è possibile solo prima che il giudice disponga l’ordinanza di vendita. In quel momento il debitore può chiedere la conversione del pignoramento art. 495 c.p.c., offrendo una somma rateizzabile a garanzia del credito, oppure può tentare un accordo di saldo e stralcio con il creditore. Dopo l’ordinanza di vendita resta solo la possibilità di sospensione per gravi motivi art. 624 c.p.c., ma l’estinzione è molto più difficile.
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Come funziona la procedura per fermare un pignoramento in tribunale
Se il debitore vuole fermare un pignoramento, il codice di procedura civile prevede più rimedi, ognuno con regole e tempistiche precise. La scelta dipende dal vizio che si eccepisce e dal momento in cui ci si trova all’interno dell’esecuzione.
Opposizione all’esecuzione
L’opposizione all’esecuzione art. 615 c.p.c. serve a eccepire il diritto del creditore a procedere. È il caso, ad esempio, di un titolo esecutivo invalido o già estinto, un decreto ingiuntivo non opposto e scaduto, o un debito già pagato. L’opposizione può essere proposta prima che il pignoramento inizi (opposizione preventiva) oppure durante la procedura. In entrambi i casi:
“Il debitore chiede al giudice di accertare che il creditore non aveva titolo per agire e di estinguere l’esecuzione.”
Ad esempio, un contribuente che dimostra con ricevute di aver già saldato la cartella oggetto di pignoramento. In questa ipotesi il giudice può bloccare subito la procedura.
Opposizione agli atti esecutivi
Si attiva se il vizio riguarda la forma o la regolarità del pignoramento, notifica nulla, mancanza di sottoscrizione, errori nell’indicazione delle somme. Il termine per esperire l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. è di 20 giorni dalla notifica dell’atto.
Il giudice valuta se l’atto è irregolare e, in caso affermativo, lo dichiara nullo. Ciò comporta l’arresto della procedura e costringe il creditore a ripetere il pignoramento da capo. Ad esempio, un pignoramento immobiliare notificato a un indirizzo diverso dalla residenza effettiva del debitore. L’opposizione conduce all’annullamento dell’atto e alla liberazione del bene.
Sospensione del pignoramento
La sospensione del pignoramento (art. 624 c.p.c.) è un provvedimento temporaneo con cui il giudice congela gli effetti dell’esecuzione. Può essere concessa se l’opposizione appare fondata e ci sono gravi motivi. Inoltre. l’art. 624-bis c.p.c. prevede la sospensione concordata tra creditore e debitore fino a 24 mesi, utile in caso di trattative per il saldo e stralcio o la rateizzazione.
Ad esempio, un lavoratore che dimostra che la quota pignorata dello stipendio viola i limiti dell’art. 545 c.p.c. può ottenere dal giudice la sospensione immediata, in attesa della decisione definitiva.
Conversione del pignoramento
La conversione del pignoramento art. 495 c.p.c. è lo strumento con cui il debitore chiede di sostituire i beni pignorati con una somma di denaro. L’istanza va depositata prima della vendita o dell’assegnazione, versando almeno un sesto dell’importo per cui si procede (capitale, interessi, spese); il giudice può rateizzare fino a 48 mesi la somma residua. Il giudice, se accoglie l’istanza, stabilisce un piano di versamenti rateali e libera i beni dal vincolo. Tale procedura è frequente nei pignoramenti immobiliari, il debitore, pur non potendo saldare subito l’intero debito, preferisce pagare a rate piuttosto che subire la vendita all’asta della propria casa.
Riduzione del pignoramento
Serve a limitare l’esecuzione quando il pignoramento è sproporzionato rispetto al credito. La riduzione del pignoramento art. 496 c.p.c., non blocca del tutto la procedura, ma evita che vengano coinvolti più beni del necessario.
Ad esempio, se per un debito di 20.000 euro viene pignorato un immobile del valore di 200.000 euro insieme ad altri beni, il debitore può chiedere che il pignoramento venga ridotto a un solo immobile, lasciando liberi gli altri.
Misure protettive nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza
Con il D.lgs. n. 14/2019, il debitore sovraindebitato può accedere a procedure che sospendono in automatico le azioni esecutive individuali. Il piano del consumatore o il concordato minore, una volta ammessi, producono un blocco dei pignoramenti in corso.
Pignoramenti fiscali, come bloccare quelli dell’Agenzia Entrate Riscossione
Se il creditore è l’Agenzia delle Entrate Riscossione, le regole del pignoramento presentano talune peculiarità. AER può agire direttamente con il pignoramento presso terzi su stipendio, pensione o conto corrente, senza passare dal giudice, in base all’art. 72-bis del DPR 602/1973. Questo rende la procedura molto rapida, ma non priva di rimedi per il debitore.
Il primo strumento è la rateizzazione del debito. Dal 2025 l’art. 19 DPR 602/1973 consente, in presenza di temporanea e obiettiva difficoltà, piani fino a 120 rate:
- dalla presentazione dell’istanza AdER non può avviare nuove procedure cautelari o esecutive sul debito interessato, fino all’eventuale rigetto;
- se la rateizzazione è accolta e viene pagata la prima rata, i pignoramenti presso terzi si estinguono salvo che sia già intervenuta la dichiarazione del terzo o il provvedimento di assegnazione; fermi e ipoteche restano iscritti fino all’estinzione del debito ma non possono essere seguiti da ulteriori atti esecutivi;
- in regolarità di pagamento AdER non può avviare nuove esecuzioni; in caso di decadenza dal piano, le azioni riprendono.
Un’ altra possibilità è data dalle definizioni agevolate (le cosiddette rottamazioni), che negli ultimi anni hanno permesso di estinguere i debiti fiscali pagando imposta e interessi, senza sanzioni. Anche in questo caso, il pagamento puntuale della prima rata comporta la sospensione ex lege dei pignoramenti in corso.
Non va dimenticato che anche nei pignoramenti fiscali valgono i limiti dell’art. 545 c.p.c. sulle somme impignorabili. Ciò significa che, se l’Agenzia delle Entrate- Riscossione ordina al datore di lavoro di trattenere una quota della pensione che porta l’assegno al di sotto del minimo vitale, il debitore può rivolgersi al giudice dell’esecuzione per ottenere la riduzione della quota e la liberazione della parte eccedente.
Infine, esiste la possibilità di chiedere la revoca del pignoramento una volta regolarizzata la posizione. Se il contribuente paga integralmente il debito o adempie correttamente al piano di rateizzazione, AER ha il dovere di comunicare la cessazione del vincolo e liberare il conto o lo stipendio. In caso di inerzia dell’amministrazione, il debitore può proporre istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere un provvedimento che accerti l’estinzione della procedura.
Quanto tempo serve e quanto costa bloccare un pignoramento?
I tempi dipendono dal rimedio scelto e dalla fase in cui si trova la procedura. L’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi comporta la fissazione di un’udienza davanti al giudice, spesso entro 2 - 3 mesi dalla presentazione del ricorso. In presenza di gravi motivi, però, il giudice può concedere una sospensione cautelare immediata, congelando gli effetti del pignoramento fino alla decisione definitiva.
La conversione del pignoramento richiede tempi più lunghi, il giudice deve verificare il versamento della cauzione e stabilire il piano dei pagamenti. Una volta accolta l’istanza, però, il bene pignorato viene liberato subito. Diverso è il caso dei pignoramenti fiscali, come visto, la sospensione avviene in pochi giorni, con il pagamento della prima rata della rateizzazione o della definizione agevolata.
Sul fronte dei costi, la variabilità è altrettanto alta. Per proporre un’opposizione occorre versare il contributo unificato, che va dai 43 euro per le cause di valore inferiore a 1.100 euro fino ai 518 euro per le cause di valore superiore a 260.000 euro. In molti casi di opposizione a pignoramenti su stipendi o pensioni il contributo richiesto è di 98 euro, a cui si aggiungono i diritti di cancelleria.
A ciò vanno sommate le spese legali, che dipendono dalla complessità della causa e dal foro, un ricorso semplice può costare entro i mille euro, mentre per un pignoramento immobiliare con opposizione e conversione la parcella può superare i 3000 euro. Più complesso il caso di chi subisce il pignoramento della casa, qui i tempi si allungano e i costi aumentano, ma la conversione ha comunque permesso di salvare l’immobile offrendo un piano di rientro.
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