Perché la Cina resta cauta nello scontro USA-Iran

Violetta Silvestri

03/01/2020

05/01/2020 - 12:44

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Nello scontro USa-Iran che si sta delineando in queste ore, la Cina resta un attore cauto. I motivi della prudenza di Pechino

Perché la Cina resta cauta nello scontro USA-Iran

Lo scontro USA-Iran è arrivato ai massimi livelli di tensione e il mondo sembra prepararsi a un cambiamento dei suoi equilibri. La Cina, nella sua imponente egemonia, potrebbe scegliere la prudenza in questa delicata fase storica.

Nelle strategie di potere, tra alleanze e rivalità nello scacchiere più conteso sulla scena globale, il Medio Oriente, già si preannunciano possibili assi a sostegno di Washington o di Teheran. La voce più cauta, al momento, sembra quella di Pechino.

La nazione asiatica avrebbe, infatti, forti interessi a non sbilanciarsi in questa preoccupante potenziale guerra mediorientale. Nello scontro USA-Iran, la Cina potrebbe perdere vantaggi economici.

Scontro USA-Iran: la Cina sceglie la prudenza. I motivi

Tra le reazioni al raid statunitense e all’uccisione del comandante iraniano, spunta anche quella cinese. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Geng Shuang ha dichiarato oggi:

“Esortiamo tutte le parti interessate, in particolare gli Stati Uniti, a mantenere la calma e la moderazione e a evitare l’ulteriore escalation della tensione. La sovranità e l’integrità territoriale dell’Iraq dovrebbero essere rispettate e la pace e la stabilità nella regione del Golfo del Medio Oriente dovrebbero essere mantenute.”

Parole di preoccupazione, più che di critica diretta o di minacce di ritorsione. Da Pechino, dunque, non sono arrivate prese di posizione provocatorie o di ingerenza, simili a quelle di Trump nei confronti della politica cinese a Hong Kong (con tanto di legge a favore dei diritti umani approvata dal Congresso USA).

Secondo alcuni analisti politici, come riportato da CNBC, le condizioni economiche della Cina sono talmente delicate che non può permettersi di mettere a repentaglio i rapporti finalmente distesi con gli Stati Uniti.

Chi pensa, quindi, che l’emergenza mediorientale in Iran e in Iraq possa distogliere l’attenzione sulla guerra commerciale resterà deluso. La firma della Fase 1 è stata annunciata da Trump per il 15 gennaio. Difficilmente, stando alle previsioni, potrà slittare.

Pechino ha troppo da perdere per la sua economia interna con un ritorno di rivalità con gli USA. L’abolizione delle tariffe e il rilancio delle importazioni sono cruciali per la ripresa dopo un rallentamento record da 30 anni.

Gli Stati Uniti, quindi, saranno ancora considerati il grande partner commerciale del Dragone, nonostante l’incertezza provocata da uno scontro in Medio Oriente susciti forte preoccupazione anche in Asia.

Perché Pechino ha bisogno anche di Teheran

La prudenza cinese, però, non è indirizzata soltanto nei confronti degli USA. I legami tra Pechino e Teheran negli ultimi anni, infatti, si sono intensificati, rendendo più forte la partnership economica tra i due Paesi.

Quando le tensioni tra USA e Iran sono arrivate alle stelle, con il ripristino di pesanti sanzioni economiche nella Repubblica Islamica e l’abbandono dell’accordo nucleare da parte di Washington, gli equilibri sono cambiati. I rapporti commerciali e, soprattutto, energetici tra Cina e il grande Stato sciita sono diventati più forti.

Il dragone, d’altronde, ha bisogno di petrolio, che arriva per lo più dallo Stretto di Hormuz, controllato da Teheran e vitale per l’approvvigionamento energetico della nazione asiatica. Per questo la Cina ha deciso di non aderire alle sanzioni USA.

Inoltre, proprio lo scorso mese i due Stati, insieme alla Russia, hanno effettuato esercitazioni navali nel Golfo di Oman, altro luogo geografico nevralgico.

Per la Cina, quindi, uno schieramento netto nello scontro tra USA e Iran potrebbe avere effetti pericolosi per la propria economia. La prudenza, per ora, resta la strategia migliore.

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