Causa al datore di lavoro: come fare, cosa serve e i termini previsti

Marco Montanari

22 Marzo 2022 - 16:18

Il datore di lavoro ha precisi doveri verso i dipendenti: se questi non vengono rispettati, potrebbe rivelarsi necessario avviare una causa. Ecco come fare, cosa serve e i principali termini previsti.

Causa al datore di lavoro: come fare, cosa serve e i termini previsti

Il rapporto di lavoro, così come ogni altro rapporto giuridico, può essere causa di forti dissidi tra le parti.

Dal punto di vista del dipendente, può accadere, ad esempio, che egli si trovi a subire un provvedimento disciplinare illegittimo oppure che il datore non rispetti i doveri contrattuali ed economici cui è sottoposto.

In ipotesi simili, la prima forma di tutela per il lavoratore è rappresentata dalla possibilità di rivolgersi a una rappresentanza sindacale, la quale ha il compito di assisterlo nei rapporti con il datore di lavoro nel momento in cui questi arrivano a deteriorarsi.

Tale assistenza è limitata, tuttavia, alla sola fase stragiudiziale della controversia; ciò comporta che, per intraprendere la successiva fase giudiziale, il dipendente dovrà necessariamente rivolgersi a un avvocato.

Quest’ultimo valuterà, in base agli elementi a disposizione, l’opportunità o meno di avviare una causa per tutelare i diritti che il lavoratore assume essere stati violati.

Nel seguente articolo vediamo, più nel dettaglio, come fare, cosa serve e quali termini bisogna rispettare nei singoli casi.

La documentazione utile

Per il lavoratore che ritenga di essere stato pregiudicato da un comportamento scorretto da parte del proprio datore di lavoro, per prima cosa, è consigliabile recuperare tutta la documentazione utile relativa al rapporto di lavoro intercorso o ancora in essere.

Al riguardo, va precisato che i documenti necessari allo scopo possono variare a seconda dell’oggetto del futuro contenzioso.

Per questo motivo, è sempre opportuno chiedere un parere al legale incaricato di seguire il caso, il quale saprà certamente consigliare il cliente sui documenti specifici che dovrà procurarsi.

Nella maggior parte dei casi, tuttavia, il primo documento rilevante è rappresentato dal contratto di lavoro e da tutte le successive modifiche intervenute nel corso del rapporto, come, ad esempio, le comunicazioni di proroga o di variazione delle mansioni o degli orari lavorativi.

Sarà inoltre utile procurarsi le buste paga relative all’ultimo periodo in cui è stata prestata attività lavorativa o comunque relative al periodo che si intende contestare.

In un ipotetico giudizio dove, ad esempio, si debba dimostrare la prestazione di ore di lavoro straordinario, o la presenza in azienda in determinati giorni o fasce orarie, potrebbe rivelarsi decisivo possedere una copia del foglio delle presenze o di altro documento analogo.

In caso di licenziamento o di provvedimento disciplinare subito, sarà necessario avere con sé una copia della lettera con cui il provvedimento è stato comunicato e di tutte le altre comunicazioni rilevanti intercorse tra il datore e il dipendente.

Infine, qualora la pretesa da avanzare nei confronti del datore sia anche di tipo economico (come nel caso, ad esempio, del mancato pagamento di retribuzioni o di altre spettanze economiche), è opportuno rivolgersi a un sindacato, caf o consulente del lavoro, chiedendo l’effettuazione di appositi conteggi, che saranno in seguito prodotti nel corso della causa di lavoro.

Riassumendo, tra i principali documenti utili in un’eventuale causa di lavoro, si possono includere:

  • il contratto di lavoro e le successive comunicazioni di proroga e/o modifica;
  • le ultime buste paga o comunque quelle relative al periodo oggetto di contestazione;
  • la copia dei fogli presenze o di documenti analoghi (se presenti);
  • la corrispondenza intercorsa tra datore di lavoro e lavoratore;
  • gli eventuali conteggi delle spettanze economiche.

Da ultimo, è sempre consigliabile munirsi dei nominativi e dei recapiti delle persone che potrebbero testimoniare sui fatti oggetto di causa.

La fase stragiudiziale

Normalmente, il procedimento davanti al tribunale è preceduto da una fase cosiddetta stragiudiziale.

In questa fase, le parti in lite (datore di lavoro e dipendente) tentano di raggiungere un accordo transattivo, allo scopo di scongiurare, per quanto possibile, l’avvio di procedimento giudiziale.

Per prima cosa, il legale incaricato provvederà a redigere e a inviare al datore di lavoro una comunicazione tramite lettera raccomandata o pec, che, a seconda dei casi, potrà avere la funzione di messa in mora, oppure, come avviene nel caso del licenziamento illegittimo, avrà lo scopo di contestare e impugnare il provvedimento di licenziamento.

A tale ultimo riguardo, si parla di “impugnativa stragiudiziale del licenziamento”: essa precede la fase processuale davanti al tribunale in funzione di giudice del lavoro.

Come anticipato, a seguito della comunicazione a firma dell’avvocato, potrebbero instaurarsi trattative finalizzate alla ricerca di un accordo conciliativo.

In caso di esito positivo, l’accordo raggiunto verrà formalizzato dalle parti nelle cosiddette sedi protette, ossia presso strutture appositamente autorizzate.

In particolare, la conciliazione può essere conclusa presso:

  • la sede dell’Ispettorato del lavoro territorialmente competente;
  • una sede sindacale;
  • un’associazione dei datori di lavoro;
  • una commissione di certificazione.

Se la conciliazione riesce, viene redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti della commissione di conciliazione.

Tale verbale potrà, in seguito, essere dichiarato esecutivo dal giudice con decreto, su richiesta della parte interessata: è ciò che normalmente avviene quando una delle parti non intende adempiere spontaneamente agli impegni presi in sede di conciliazione (ad esempio, se il datore di lavoro rifiuta di pagare le somme individuate nell’accordo conciliativo).

Qualora l’accordo non venga raggiunto, l’unica strada percorribile rimarrà la causa dinanzi al giudice del lavoro.

Il ricorso davanti al tribunale

Conclusasi negativamente la fase stragiudiziale, per introdurre la causa nei confronti del datore di lavoro sarà necessario predisporre, ad opera dell’avvocato, un atto introduttivo che, in questo caso, riveste la forma del ricorso.

È quanto stabilito dall’art. 414, c.p.c., secondo cui la domanda si propone con ricorso, il quale deve contenere:

  • l’indicazione del giudice (inteso come ufficio giudiziario adito);
  • il nome, il cognome, la residenza o il domicilio eletto dal ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito;
  • il nome, il cognome, la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto;
  • se ricorrente o convenuto è una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta o un comitato, il ricorso deve indicare la denominazione o ditta nonché la sede del ricorrente o del convenuto;
  • la determinazione dell’oggetto della domanda;
  • l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda con le relative conclusioni;
  • l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e in particolare dei documenti che si offrono in comunicazione.

Una volta predisposto il ricorso, questo sarà iscritto a ruolo presso il tribunale competente per territorio in funzione di giudice del lavoro: da questo momento, la causa può considerarsi formalmente avviata.

In seguito, il giudice fissa con decreto la prima udienza di discussione e di comparizione delle parti.

Il ricorso e il decreto, infine, devono essere notificati alla controparte (il datore di lavoro) a cura dell’avvocato.

Ricevuto l’atto notificato, il datore di lavoro potrà costituirsi in giudizio depositando una memoria difensiva, nella quale dovrà proporre, a pena di decadenza, le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni non rilevabili d’ufficio.

Nella stessa memoria, il datore di lavoro convenuto deve (art. 416, c.p.c.):

  • prendere posizione, in maniera precisa e non generica, sui fatti affermati dal dipendente a fondamento della propria domanda;
  • proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto;
  • indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova dei quali intende avvalersi;
  • indicare e depositare documenti.

I termini da rispettare nei singoli casi

È bene sapere che, per talune cause di lavoro, sono previsti specifici termini da rispettare onde evitare di incorrere in decadenze o prescrizioni.

Ad esempio, la normativa prevede che il provvedimento di licenziamento debba essere impugnato dal lavoratore, in via stragiudiziale, entro 60 giorni dal ricevimento della lettera di licenziamento.

L’impugnativa va effettuata con comunicazione scritta dove si contesta la legittimità del provvedimento adottato dal datore di lavoro.

Il successivo procedimento in tribunale (con le modalità viste poco sopra) dovrà essere intrapreso dal lavoratore entro i successivi 180 giorni.

Qualora l’obiettivo sia, invece, quello di recuperare crediti di lavoro (come, ad esempio, retribuzioni arretrate, compensi per festività non godute, TFR, indennità sostitutiva del preavviso, ecc.), per non incorrere in prescrizione, sarà necessario agire:

  • entro 5 anni per le indennità di fine rapporto di lavoro, come il TFR (art. 2948, n. 5, c.c.);
  • entro 3 anni per gli elementi retributivi corrisposti a periodi superiori al mese, come la tredicesima mensilità (art. 2956, n. 1, c.c.);
  • entro 1 anno per gli elementi retributivi corrisposti a periodi inferiori al mese, come lo stipendio mensile (art. 2955, n. 2, c.c.).

Ma da quale momento decorrono tali termini?

Al riguardo, l’art. 2935, c.c. stabilisce che:

La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.”

Seguendo la lettera della norma, quindi, la prescrizione dovrebbe iniziare a decorrere dal momento in cui il credito diviene esigibile, ossia alla scadenza del termine previsto per il pagamento.

Tuttavia, per quanto riguarda i crediti di lavoro, la giurisprudenza, anche costituzionale (cfr. Corte Cost., sent. n. 63/1966), si è orientata a favore del lavoratore, stabilendo che la prescrizione inizia a decorrere, di norma, dalla cessazione del rapporto di lavoro (salvo casi particolari).

Ciò si spiega in quanto il lavoratore si trova normalmente in una posizione di vulnerabilità rispetto al datore, tale da scoraggiarlo a intraprendere iniziative legali nei suoi confronti in corso di rapporto.

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