Cashback, come potrebbe cambiare per la lotta all’evasione fiscale: il piano della Guardia di Finanza

Rosaria Imparato

2 Marzo 2021 - 12:28

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Cashback, secondo il generale Zafarana della Guardia di Finanza andrebbe applicato nei settori a più alto rischio evasione: vediamo come potrebbe cambiare il meccanismo di rimborso. I dettagli si trovano nell’audizione tenutasi il 1° marzo presso le commissioni Finanze di Camera e Senato, nell’ambito della discussione sulla riforma Irpef.

Cashback, come potrebbe cambiare per la lotta all’evasione fiscale: il piano della Guardia di Finanza

Cashback e lotta all’evasione fiscale: il piano della Guardia di Finanza potrebbe fornire utili spunti utili al Governo nell’ambito della riforma Irpef.

Sono in corso infatti le audizioni nelle commissioni Finanze congiunte di Camera e Senato sulla riforma fiscale, e il 1° marzo ha parlato Giuseppe Zafarana, generale della Guardia di Finanza.

Il generale Zafarana ha sottolineato come il percorso che porta alla riforma Irpef non sarà semplice, considerando che vanno riscritte le regole di un “sistema articolato e interconnesso”.

La necessità resta quella di rendere la tassazione più equa ed efficiente, e allo stesso tempo la Guardia di Finanza si impegna a continuare l’azione di contrasto all’evasione fiscale. In tal senso potrebbe cambiare l’approccio al cashback: vediamo come.

Cashback, come potrebbe cambiare per la lotta all’evasione fiscale: il piano della Guardia di Finanza

Il cashback potrebbe cambiare forma e applicazione, così da dare un maggior aiuto alla lotta all’evasione fiscale.

Il generale della Guardia di Finanza Giuseppe Zafarana non si sbilancia sui risultati ottenuti finora dal cashback “al netto dei costi per l’assegnazione del bonus”.

L’idea del generale sarebbe quella di concentrare il cashback sulle categorie maggiormente esposte al rischio evasione fiscale rispetto alle altre. Come ha sottolineato durante l’audizione del 1° marzo:

“il rimborso è previsto per qualsiasi pagamento anche presso la grande distribuzione, le spese per utenze e trasporti ferroviari che sono categorie in cui non si rileva evasione fiscale. Per la categoria di spese per cui spetta la detrazione Irpef del 19% non si è invogliati a pretendere lo scontrino.”

Audizione Commissioni Finanze Senato e Camera di Giuseppe Zafarana, generale Guardia di Finanza 1° marzo 2021
“Indagine conoscitiva sulla riforma dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e altri aspetti del sistema tributario”

Il suggerimento del generale della Guardia di Finanza sarebbe di ridurre il peso del meccanismo sui conti pubblici, che attualmente devono supportare anche spese extra come quelli delle utenze e dei trasporti che in realtà sono già tracciabili, e quindi all’esterno del perimetro dell’evasione.

Piuttosto che cancellarlo, quindi, si potrebbe pensare a una rimodulazione nell’applicazione.

Cashback e lotta all’evasione: la Guardia di Finanza guarda anche ai paradisi fiscali

Nella riforma fiscale ci deve essere il giusto spazio per la lotta all’evasione: da un lato con una rimodulazione del cashback, e dall’altro facendo attenzione alle ricchezze detenute all’estero e non dichiarate in Italia, soprattutto nei cosiddetti paradisi fiscali.

Per contrastare questo fenomeno, il generale Zafarana propone di riflettere sulla possibilità di introdurre

“un prelievo fiscale atto a contemperare le opacità che caratterizzano taluni Paesi offshore con le esigenze di equità del carico impositivo. L’ipotesi di studio potrebbe essere quella di un prelievo aggiuntivo sulle disponibilità finanziarie detenute presso le giurisdizioni non collaborative, inserite nelle liste periodicamente aggiornate dall’Unione Europea, valorizzando, ove disponibili, le risultanze dello scambio automatico delle informazioni relative ai conti finanziari.”

Lo scopo sarebbe quello di rendere più onerosa la detenzione di ricchezza presso questi Stati. Il prelievo, specifica Zafarana, sarebbe in linea con il principio di capacità contributiva, tenuto conto che la detenzione e la gestione di ricchezze in Paesi classificati come paradisi fiscali, e quindi noti per il loro “grado di opacità”, presuppone una significativa forza economica anche per sostenere le spese connesse al meccanismo di delocalizzazione.

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