Quanto spetta di stipendio per ogni giorno di congedo parentale? La circolare Inps spiega le nuove regole.
L’Inps - con la circolare n. 95 del 2025 - ha aggiornato i criteri per il calcolo del congedo parentale fruito nel 2025, rivedendo le regole su quanto spetta in busta paga nei giorni di permesso.
Le nuove regole sul calcolo dell’indennità per congedo parentale, infatti, riguardano solamente gli importi mentre non cambia la durata rispetto allo scorso anno. Un chiarimento necessario alla luce delle modifiche apportate dall’ultima legge di Bilancio, con la quale è stato introdotto un ulteriore mese di congedo retribuito all’80% anziché al 30%.
Al fine di dare un maggiore supporto alle famiglie, da qualche anno ormai il governo ha intrapreso un percorso volto a incrementare quanto spetta durante il congedo parentale: si è partiti dalla legge di Bilancio 2023 con un mese pagato all’80%, per poi aggiungerne altri due rispettivamente con le manovra per il 2024 e il 2025.
Ciò ha portato a un trattamento piuttosto articolato per il calcolo dell’indennità riconosciuta nei periodi di congedo parentale, in quanto l’importo dipende dalla data di nascita del figlio. A seconda dei casi, infatti, spettano uno, due, o tre mesi di congedo parentale all’80% mentre la durata complessiva è sempre la stessa.
A tal proposito, ecco tutte le regole aggiornate al 2025 rispetto al calcolo di importo e durata del congedo parentale, come approfondite nella circolare Inps in oggetto (che trovate in allegato in coda all’articolo).
Quanto spetta di congedo parentale, il calcolo dell’importo aggiornato
Durante il periodo di congedo parentale il lavoratore percepisce un’indennità sostitutiva calcolata in misura percentuale sulla retribuzione lorda percepita. La misura può variare: si va dal 30% all’80%, mentre superati certi limiti non spetta niente.
Nel dettaglio, al massimo spettano 9 mesi di congedo parentale retribuito, per un massimo di 6 mesi per ciascun genitore, per i figli di età fino a 12 anni. Non spetta nulla, quindi, per i mesi che superano queste soglie.
Restando entro i suddetti limiti, invece, spetta il 30% dello stipendio, con la possibilità che il contratto collettivo preveda poi un’ulteriore integrazione a carico del lavoratore. Come anticipato, però, a seconda del periodo di nascita del figlio, come pure di quando si rientra dal congedo di maternità o paternità, l’indennità può essere maggiorata all’80% per un totale di uno, due o tre mensilità, ma solo per i figli di età inferiore a 6 anni.
Quindi, possiamo così riepilogare le regole per il calcolo di congedo parentale nel caso di figli di età fino a 6 anni:
- Figli nati prima del 1° gennaio 2023: spetta solo 1 mese indennizzato all’80% se almeno un genitore lavoratore dipendente ha terminato il congedo di maternità o paternità dopo il 31 dicembre 2022. Spettano poi altri 8 mesi indennizzati al 30% di cui massimo 6 per genitore;
- Figli nati nel 2023: spettano due mesi indennizzati all’80%, se almeno un genitore ha concluso il congedo dopo il 31 dicembre 2023. Spettano poi altri 7 mesi indennizzati al 30% di cui massimo 6 per genitore;
- Figli nati nel 2024: spettano tre mesi all’80% solo se il congedo di maternità o paternità termina dopo il 31 dicembre 2024. Spettano poi altri 6 mesi indennizzati al 30% di cui massimo 5 per genitore.
- Figli nati dal 1° gennaio 2025: spettano automaticamente tre mesi all’80%, senza condizione sulla data di conclusione del congedo di maternità o paternità, purché sussista un rapporto di lavoro dipendente al momento della fruizione. Come sopra, spettano altri 6 mesi indennizzati al 30% di cui massimo 5 per genitore.
I restanti 2 mesi, invece, non vengono pagati.
Nel caso dei figli di età compresa tra i 6 e i 12 anni, invece, l’indennità è sempre al 30% per i primi 9 mesi, mentre si azzera per gli ultimi due.
Il calcolo della durata del congedo parentale
Le regole sul calcolo del congedo parentale le abbiamo anticipate nel paragrafo precedente, specificando come i primi 9 mesi - massimo 6 per genitore - siano sempre indennizzati, al 30% o all’80% a seconda dei casi, mentre i restanti no.
Ma quanto spetta complessivamente? La durata complessiva del congedo parentale non può superare i 10 mesi tra i due genitori, limite che può essere esteso a 11 mesi nel caso in cui il padre scelga di astenersi dal lavoro per almeno 3 mesi, anche non continuativi.
Il numero di mesi spettanti varia in base alla tipologia di rapporto di lavoro del genitore e alla condizione lavorativa dell’altro. In particolare, una madre lavoratrice dipendente ha diritto a un massimo di 6 mesi di congedo parentale. Anche il padre lavoratore dipendente ha diritto a 6 mesi, che diventano 7 se usufruisce di almeno 3 mesi consecutivi o frazionati. Va ricordato che il padre può accedere al congedo parentale anche durante il periodo di congedo di maternità della madre.
Nel caso del genitore solo - ad esempio in situazioni di affidamento esclusivo o decesso dell’altro genitore - il diritto si estende fino a un massimo di 11 mesi, come stabilito dal decreto legislativo sulla conciliazione vita-lavoro entrato in vigore il 13 agosto 2022.
Diversa è la situazione per i lavoratori non dipendenti. Coloro che sono iscritti alla Gestione separata Inps (come molti collaboratori o liberi professionisti) possono usufruire di 3 mesi di congedo parentale, ma solo entro il primo anno di vita del bambino. Le lavoratrici autonome, invece, hanno diritto anch’esse a 3 mesi, sempre da fruire entro l’anno dalla nascita del figlio.
Anche i genitori adottivi o affidatari hanno pieno accesso al congedo parentale. In questi casi, il diritto si esercita entro i primi 12 anni dall’ingresso del minore nella famiglia, con le stesse modalità e durate previste per i genitori naturali. Tuttavia, il congedo decade una volta che il figlio adottivo raggiunge la maggiore età.
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