Bonus edilizi, addio a sconto e cessione: ecco chi ci rimette di più

Rosaria Imparato

20 Febbraio 2023 - 16:13

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Il governo chiude a sconto in fattura e cessione del credito per i bonus edilizi: chi ci rimette di più? Imprese, lavoratori e famiglie con bassa capienza Irpef.

Bonus edilizi, addio a sconto e cessione: ecco chi ci rimette di più

Cambia tutto l’impianto dei bonus edilizi. Giovedì 16 febbraio 2023 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il cosiddetto decreto Superbonus, che mette fine alla cessione del credito e lo sconto in fattura. Oggi, lunedì 20 febbraio, il governo incontra imprese e banche. La volontà dell’esecutivo è quella di risolvere la questione dei bonus incagliati.

Le ipotesi sono due: la cartolarizzazione oppure la compensazione con i modelli F24 presentati in banca. Dal governo da un lato c’è la volontà «di ascolto» delle parti in causa, tuttavia secondo fonti citate dal Sole24Ore non c’è alcuna predisposizione a cambiare il testo del decreto da parte del governo. Chi ci rimette di più con la decisione presa dal governo?

Bonus edilizi, addio a sconto e cessione con l’ultimo decreto del governo Meloni

L’allarme superbonus in generale è stato dato settimane fa: Unimpresa prima e Ance dopo hanno messo in fila i numeri del disastro edilizio. Ad oggi sono fermi 90mila cantieri, per un totale di 15 miliardi di euro di crediti fiscali bloccati. Ci sono 25mila le aziende a rischio fallimento, e la maggior parte è costituita da piccole e medie imprese, per un totale di 130mila posti di lavoro in bilico.

Ad oggi i bonus edilizi potevano essere fruiti in tre modi:

  • detrazione in dichiarazione dei redditi;
  • sconto in fattura, se l’impresa che fa i lavori è d’accordo;
  • cessione del credito.

Sono le ultime due opzioni a essere state concepite in modo fallato, in particolare la cessione del credito. Con il meccanismo creato a maggio 2020 dal decreto Rilancio era prevista la possibilità di cedere all’infinito i crediti. Questo ha creato un giro corposo di frodi, e il governo Draghi è dovuto intervenire modificandone i parametri e introducendo maggiori controlli. Ci sono poi state ulteriori modifiche, che hanno «ammorbidito» i limiti messi dal governo Draghi, ma l’inizio della fine era ormai vicino.

Come funziona la cessione del credito? In pratica, invece di usufruire della detrazione, il contribuente può cedere il beneficio fiscale maturato a un terzo soggetto. Con il superbonus 110%, quindi, lo Stato paga il totale delle spese sostenute, più un ulteriore 10%.

Il contribuente che sceglie la detrazione paga le spese, e poi viene rimborsato in dichiarazione dei redditi nei cinque anni successivi, pagando meno tasse. Con lo sconto in fattura, invece, i fornitori fanno uno sconto sul corrispettivo da pagare, e recuperano la cifra in un secondo momento.

Con la cessione del credito, invece, si può trasferire la detrazione fiscale a un altro soggetto. Quindi, in cambio del credito ceduto, chi deve fare i lavori riceve subito i soldi che per servono per aprire i cantieri, o per accedere a un mutuo. Come mai è così conveniente? Perché chi compra un credito d’imposta sa di fare un investimento sicuro, perché può cederlo, a sua a volta, a un altro soggetto, per esempio a una banca. Il decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale 16 febbraio però cambia tutto l’impianto dei bonus edilizi, con una categoria importante che ci rimette.

Bonus edilizi senza sconto in fattura e cessione del credito: chi ci rimette?

Con il blocco della cessione del credito e dello sconto in fattura, le due opzioni che consentono la monetizzazione immediata del beneficio fiscale, resta solo un’opzione per usare i bonus edilizi: la detrazione in dichiarazione dei redditi. Da tenere in considerazione anche che sono cambiate le regole pure per le detrazioni Irpef, perché all’inizio erano da suddividere in cinque anni, e ora invece i conti sono da fare in quattro quote.

Il contribuente che vuole fare i lavori in casa ora deve pagare subito tutti i lavori potrebbe fruire della relativa detrazione per i quattro anni successivi, ma questo a patto che il reddito imponibile consente di poter fruire delle detrazioni.

Facciamo un esempio pratico: un contribuente che sostiene una spesa di 40mila totalmente detraibile ha diritto a una detrazione pari a 36mila euro (nel caso di superbonus al 90%) ed andrebbe ripartita in quattro quote costanti di 9mila euro. Facendo i conti è evidente che a potersi permettere di scegliere la detrazione invece di una delle due opzioni alternative è chi ha abbastanza capienza Irpef, e quindi un reddito alto.

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