In un’intervista esclusiva rilasciata a Money.it, Stefano Quintarelli, ideatore dello SPID, spiega i motivi per cui la bolla AI non scoppierà, ma andrà incontro a una fase di ridimensionamento.
Stefano Quintarelli è una delle figure che hanno plasmato l’infrastruttura digitale italiana. Fondatore di I.NET, il primo Internet Service Provider commerciale in Italia, è stato anche deputato, dirigente d’azienda e componente di organismi internazionali dedicati alla regolazione delle tecnologie emergenti.
Da presidente del Comitato di indirizzo dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), ha contribuito in modo determinante alla nascita dello SPID, al punto da definirsi, con ironia, “la madre dello SPID, perché la madre è sempre certa”.
In una videointervista esclusiva rilasciata a Money.it, Quintarelli analizza uno dei nodi più sensibili del momento: il potenziale scoppio della bolla dell’intelligenza artificiale. Secondo la visione dell’imprenditore, non ci sarà un’esplosione improvvisa, ma un lento ridimensionamento simile a quello vissuto all’inizio degli anni Duemila.
“Non un crollo, ma uno sgonfiamento”. Lo scenario più realistico sulla bolla AI
Interrogato sul rischio di una bolla speculativa, Quintarelli respinge l’idea di un collasso paragonabile alla crisi finanziaria globale del 2008 - nota anche come Grande recessione - innescata dal crollo dei mutui subprime negli Stati Uniti:
“Non credo tanto a una cosa tipo il problema dei mutui subprime. Credo più a uno sgonfiamento come la bolla del 2000”.
La correzione non sarebbe quindi un punto di rottura, ma un processo graduale che accompagnerà il ridimensionamento delle aspettative e delle valutazioni, come accadde nei primi anni Duemila con il collasso della Bolla delle Dot-com.
Durante l’intervista, poi, Quintarelli ricorda cosa accadde vent’anni fa nel settore tecnologico:
“Il NASDAQ, dall’aprile del 2000, quando ha cominciato a sgonfiarsi la bolla, ci ha messo due anni e mezzo per arrivare al punto più basso. Non è stata un’esplosione, ma una discesa lenta”.
La stessa dinamica, quindi, potrebbe ripetersi oggi, in un mercato alimentato da aspettative enormi e da investimenti concentrati su un numero ristretto di attori.
Nvidia e i colossi dell’AI: una crescita costruita su pochi clienti
La fragilità strutturale del settore dell’intelligenza artificiale, secondo Quintarelli, non risiede nella tecnologia ma nell’eccessiva concentrazione economica. Lo spiega con un dato eloquente:
“Se andiamo a vedere, metà del fatturato di Nvidia è fatto con i primi cinque, sei, sette clienti”.
Questi clienti sono le “Magnifiche 7” - Amazon, Microsoft, Meta, Oracle, OpenAI, Tesla e Apple - che stanno trainando da soli la domanda di hardware per l’intelligenza artificiale.
La dipendenza da un numero esiguo di aziende implica un rischio intrinseco. “Tolti gli iperscalatori, la spesa intorno all’AI da parte del resto del mondo è molto più bassa”, ha affermato Quintarelli. Se anche solo uno di questi colossi rallentasse gli investimenti, l’effetto sulla filiera dei chip sarebbe immediato e profondo.
“La crescita degli Stati Uniti è drogata dall’AI”
Uno dei passaggi più singolari dell’intervista riguarda l’impatto dell’intelligenza artificiale sul PIL americano. Quintarelli cita analisi che mostrano come la crescita USA dell’ultimo trimestre sia riconducibile quasi interamente agli investimenti nel settore AI. Il dato, secondo lui, è indicativo di una debolezza macroeconomica nascosta:
“Praticamente tutta la crescita fatta nel primo trimestre di quest’anno negli Stati Uniti è dovuta all’intelligenza artificiale. La situazione economica degli Stati Uniti non è rosea. L’economia statunitense, se togliamo l’effetto trascinamento dell’AI, non sta andando bene. Stiamo intorno allo zero per cento di crescita, forse anche qualcosa meno”.
L’AI, insomma, starebbe gonfiando non solo le valutazioni di mercato, ma anche le proiezioni macroeconomiche degli Stati Uniti.
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L’esempio storico di Corning, la “Nvidia del 2000”
Per spiegare la dinamica della possibile bolla AI, Quintarelli richiama un caso emblematico degli anni Duemila, paragonando l’attuale situazione di Nvidia a quella di Corning, una multinazionale statunitense produttrice di vetro, ceramiche e materiali simili per il settore industriale e scientifico:
“L’azienda che era l’Nvidia della situazione all’epoca era la Corning, che noi italiani dovremmo ricordarci per l’acquisto di una parte di Pirelli. La Corning ebbe una crescita esponenziale durante il 2000 e la fibra ottica non era una dot.com. Poi, nel giro di poco tempo, ha perso la gran parte del suo valore”.
Durante la Bolla delle Dot-com, in piena corsa alla fibra ottica, Corning visse una crescita esponenziale senza precedenti che, tuttavia, sfociò poi nella perdita di gran parte del suo valore. E non si trattava di un’azienda “.com”, non faceva siti web, ma era un fornitore di infrastrutture critiche, come Nvidia oggi.
La somiglianza tra le due società, secondo Quintarelli, è evidente. La corsa all’AI si regge su enormi investimenti in hardware. Se questi investimenti rallentano, il ridimensionamento diventa inevitabile, proprio come accadde allora.
Il rischio contagio e il fenomeno della FOMO
Pur riconoscendo che i colossi tecnologici dispongono di una liquidità senza precedenti, Quintarelli sottolinea un cambiamento significativo:
“Ultimamente hanno cominciato a ricorrere al debito, un eventuale problema che potrebbe allargarsi e contagiare qualcos’altro”.
Il fabbisogno di chip, data center e infrastrutture computazionali è diventato così imponente da costringere anche le Big Tech a finanziare parte della crescita con strumenti esterni, con il rischio di creare un contagio finanziario al di fuori del settore legato all’hardware per l’AI.
Nel corso dell’intervista, Quintarelli rileva anche il ruolo che la psicologia degli investitori sta giocando. La FOMO (“fear of missing out”) - la paura di restare esclusi dalla crescita - spinge molti investitori a restare agganciati al settore anche di fronte a segnali di sopravvalutazione:
“Qualcuno diceva che chi fosse uscito qualche mese fa si sarebbe perso il 30% della crescita. È difficile dire quando è il momento giusto di lasciare una cosa che sta per girare”.
È dunque la combinazione tra euforia, concentrazione del mercato e visione distorta delle potenzialità dell’AI che, secondo Quintarelli, sta gonfiando la bolla speculativa.
“Toccherà tutti, ma non sarà devastante”
Quintarelli concorda con l’avvertimento del CEO di Google Sundar Pichai, secondo cui nessuna azienda sarebbe immune se la bolla dell’AI dovesse scoppiare.
“Toccherà a tutti, questo è sicuro”.
Ma poi chiarisce che non si tratta di un crollo in stile 2008, bensì di un’onda lunga di ridimensionamento che coinvolgerà l’intero mercato tecnologico, senza trasformarsi in un disastro sistemico:
“Non vedo un crollo drammatico. Vedo una fase di ridimensionamento, come quella del 2000. La bolla non esploderà. Si sgonfierà”.
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