Aziende occidentali “sequestrate” in Russia: cosa sta succedendo

Violetta Silvestri

26 Luglio 2023 - 15:21

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Aziende occidentali sotto il controllo della Russia: cosa succede e perché c’è il rischio che le società dell’Occidente vengano sequestrate da Putin come rappresaglia.

Aziende occidentali “sequestrate” in Russia: cosa sta succedendo

Turbolenze in vista per le aziende occidentali che hanno ancora filiali in Russia.

Un vero e proprio terremoto si sta abbattendo sulle sedi russe, visto che il presidente Putin ha firmato un decreto ad aprile che consente allo Stato di assumere il controllo temporaneo dei beni di società o individui di nazioni ostili - che includono gli Stati Uniti e i suoi alleati - in risposta a mosse simili, o alla loro minaccia, da parte di quei Paesi.

Il 16 luglio scorso ha fatto scalpore la notizia dei sequestri dell’azienda locale di Danone SA e delle attività russe del birrificio Carlsberg A/S, entrambe colte di sorpresa considerando che avevano pianificato di vendere le loro attività in Russia alle società locali, dopo le pressioni dei loro azionisti occidentali e governi.

Già ad aprile le filiali russe della tedesca Uniper e della finlandese Fortum erano state prese sotto il controllo statale.

Il Cremlino ha avvertito la settimana scorsa che potrebbe prendere il controllo ancora più beni occidentali in quella che considera una rappresaglia temporanea per le mosse straniere contro le compagnie russe all’estero.

Le aziende occidentali si trovano quindi in una situazione molto complessa: cosa succede e cosa potrebbe accadere con i sequestri ordinati da Putin.

Aziende occidentali in Russia: come procede la rappresaglia di Putin

Le aziende occidentali che operano ancora in Russia sono consapevoli che potrebbero essere “sequestrate” da un momento all’altro, passando sotto il controllo di amici di Putin.

Le aziende di beni di consumo da PepsiCo e Mars a Nestlé e Reckitt Benckiser, che sono entrate in Russia decenni fa, investendo milioni nella costruzione di fabbriche, assumendo gente del posto e sviluppando marchi locali, rischiano di perdere tutto.

I beni occidentali non sono più al sicuro in Russia secondo Alexandra Prokopenko, studiosa presso il Carnegie Russia Eurasia Center di Berlino. “Questa è una nuova frontiera della guerra. Se il Cremlino va oltre, torna indietro agli anni ’90: la ridistribuzione dei beni a proprietari più favorevoli”.

Distribuire risorse preziose a influenti uomini d’affari russi e alleati politici potrebbe rafforzare la base di potere di Putin dopo un imbarazzante tentativo di ribellione da parte del comandante mercenario Yevgeny Prigozhin a giugno. “Come parte della ricerca del potere di Putin, spartirà molte delle risorse economiche che sono in Russia e le darà ai suoi compari per consolidare la sua posizione politica”, ha affermato William Pomeranz, direttore del Kennan Institute del Wilson Center di Washington.

A testimonianza di questa strategia, il ministro dell’Agricoltura della Cecenia è stato scelto come nuovo capo di Danone e Baltika Breweries, l’azienda russa di Carlsberg, ha confermato la nomina di Taimuraz Bolloev come nuovo manager. Bolloev aveva precedentemente gestito l’azienda per più di un decennio, dopo averla fondata nel 1990. Quando si è dimesso nel 2004, Baltika era diventato il principale produttore di birra della Russia. Carlsberg l’ha poi acquisita nel 2008.

Bolloev è anche presidente della società di abbigliamento russa BTK Group, un fornitore dell’esercito russo, ed ex capo della società statale incaricata di costruire strutture per le Olimpiadi invernali del 2014 tenutesi nella città turistica di Sochi.

Le recenti mosse evidenziano i rischi per le aziende occidentali che operano ancora in Russia, o che stanno cercando di andarsene, così come i cambiamenti nel potere aziendale nel Paese più di un anno dopo che Mosca ha invaso l’Ucraina.

Le aziende occidentali in Russia rischiano grosso

Il decreto di aprile ha posto concretamente nuovi ostacoli alle compagnie straniere che tentano di uscire dal Paese, segnando un passo avanti nella battaglia economica che si sta svolgendo parallelamente alla guerra ucraina.

Molte società occidentali hanno faticato a concludere le loro operazioni in Russia e gli ultimi sequestri di beni - e ora i cambiamenti di gestione - servono come monito per coloro che stanno ancora cercando di uscire.

A questo punto, le imprese occidentali rimaste in Russia non hanno più buone opzioni secondo Andrius Tursa, consulente per l’Europa centrale e orientale presso Teneo. “La finestra per uscire dal mercato si sta chiudendo, mentre l’opzione di restare comporta importanti rischi operativi, normativi e reputazionali”.

Rimanere in Russia porta pochi vantaggi stando ad alcune valutazioni. Le multinazionali non possono portare i loro profitti fuori dalla Russia perché per farlo è necessaria l’approvazione del Cremlino.

Qualsiasi riduzione del numero di persone o ridimensionamento delle operazioni potrebbe attirare l’attenzione indesiderata del Cremlino. Sebbene Carlsberg abbia dichiarato la scorsa settimana che il sequestro della sua attività Baltika fosse inaspettato, a febbraio aveva avvertito gli investitori del rischio che le autorità russe potessero nazionalizzare un’azienda per mantenere la sua forza lavoro ai livelli prebellici se sospettavano che fosse stata invece deliberatamente privata di valore.

Ciò suggerisce che le aziende che hanno promesso alle parti interessate occidentali che avrebbero ridotto le operazioni nel Paese potrebbero essere bersagli. Intanto, il produttore di cioccolato Alpen Gold Mondelez International Inc. afferma che venderà molti meno prodotti in Russia nel 2023 e che i volumi sono diminuiti di percentuali a due cifre da gennaio. Unilever Plc ha ridotto i volumi venduti in Russia del 15% nel 2022.

Altri stanno camminando su una linea sottile tra la gestione dell’opinione pubblica e la soddisfazione del Cremlino. Nestlé SA ha smesso di produrre barrette di wafer KitKat e latte in polvere al cioccolato Nesquik negli stabilimenti russi, ma continua a produrre e vendere analoghi marchi locali nel Paese. Allo stesso modo PepsiCo ha smesso di produrre bibite Pepsi, 7Up e Mountain Dew in Russia, sostituendole con altre a marchio locale.

Attenzione, però, agli effetti a lungo termine. La situazione attuale può danneggiare la Russia se prevede di corteggiare gli investitori stranieri in futuro. Secondo William Pomeranz, direttore del Kennan Institute del Wilson Center di Washingto quest’ultimi avranno una lunga memoria e ricorderanno come lo stato russo ha preso il controllo dei loro beni e non hanno ottenuto nulla in cambio. La Russia non capisce davvero il danno che sta subendo.

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