Avvocato responsabile anche senza prove: incredibile sentenza della Corte di Cassazione

Simone Micocci

26 Ottobre 2017 - 11:44

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La Corte di Cassazione precisa: “Avvocati condannati al risarcimento anche in assenza di prove certe”. Ribadito il principio del “più probabile che non”.

Avvocato responsabile anche senza prove: incredibile sentenza della Corte di Cassazione

Tra gli avvocati sta facendo molto discutere una recente sentenza della Cassazione - la n°25112/2017 - pubblicata lo scorso 24 ottobre. Con questa i giudici di Palazzo di Giustizia hanno condannato un avvocato al risarcimento per i danni arrecati al proprio cliente.

Apparentemente può sembrare non ci sia nulla di strano poiché questa fattispecie potrebbe collocarsi nel quadro della responsabilità professionale per gli avvocati, ma in realtà non è proprio così: ciò che fa riflettere, infatti, è che la condanna sia arrivata nonostante l’assenza di prove certe.

Una sentenza importante nella quale i giudici hanno interpretato nella maniera più estensiva possibile le norme sulla responsabilità professionale. E se nel caso di specie è stato un avvocato a dover risarcire il proprio cliente, non è escluso che il principio affermato nella recente sentenza della Cassazione non si possa applicare anche per gli altri professionisti.

Danno risarcibile anche in assenza di prove certe

Ma qual è questo principio? Nel dettaglio la sentenza afferma che per il risarcimento del danno arrecato al cliente - in seguito all’espletamento o al mancato espletamento della propria attività professionale - non è necessario presentare una prova certa del pregiudizio.

Qualora manchino elementi che dimostrano l’esistenza certa della connessione tra la responsabilità del professionista e il pregiudizio arrecato al cliente, è possibile affidarsi al criterio del “più probabile che non”, già affermato dalla Cassazione nella sentenza 23933 del 22 ottobre del 2013.

Allora i giudici della terza sezione della Cassazione precisarono che:

“Nell’accertamento del nesso causale in materia civile, vige la regola della preponderanza dell’evidenza o del «più probabile che non», mentre nel processo penale vige la regola della prova ‘oltre il ragionevole dubbio’. Nello stesso ordine di idee, si è affermato che l’esistenza del nesso di causalità tra una condotta illecita ad un evento di danno può essere affermata dal giudice civile anche soltanto sulla base di una prova che lo renda probabile, a nulla rilevando che tale prova non sia idonea a garantire una assoluta certezza al di là di ogni ragionevole dubbio”.

Questo principio è stato ribadito nella recente sentenza n°25112/2017. Qui i giudici hanno aggiunto che il criterio del “più probabile che non” vale anche per le condotte omissive del professionista. Quindi i giudici una volta accertata l’avvenuta omissione dell’attività professionale e il danno arrecato, possono dedurre il nesso di causalità tra i due eventi nonostante l’assenza di fattori certi che lo dimostrino.

Basta accertare che il danno arrecato al cliente è probabilmente causato dalla propria omissione per essere condannato al risarcimento.

Nel caso di specie, ad esempio, l’avvocato è stato condannato al risarcimento per aver dimenticato di impugnare una sentenza entro i termini previsti dalla legge.

Non è certo che in caso di ricorso la sentenza sarebbe stata favorevole al cliente, ma in assenza di fattori che dimostrano il contrario il legale è stato condannato al risarcimento per i mancati vantaggi del cliente.

Calcolo del risarcimento: i chiarimenti della Cassazione

L’omissione del professionista può comportare due diversi tipi di conseguenze per il cliente:

  • danno;
  • mancato guadagno.

Nel primo caso è semplice calcolare il risarcimento dovuto, dal momento che il danno per il cliente si è effettivamente verificato.

Il mancato vantaggio patrimoniale, invece, non essendosi realmente verificato non può essere implicitamente accertato. In tal caso quindi il mancato guadagno può essere solamente presunto, in mancanza di elementi che dimostrino il contrario (si applica quindi il principio del “più probabile che non”).

Questo però si applica non solo per l’accertamento del nesso di causalità tra l’azione omissiva e il mancato vantaggio, ma anche per calcolare le effettive conseguenze dannose che il professionista è dovuto a risarcire.

È evidente quindi l’estensione della responsabilità degli avvocati - e di tutti i professionisti - attuata dalla Corte di Cassazione, punibili anche in caso di assenza di prove che dimostrino con certezza che una propria condotta abbia arrecato un qualsiasi tipo di danno al proprio cliente.

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