Mosca alza l’IVA al 22% per finanziare la guerra e coprire il deficit. Una mossa che svela la fragilità economica russa dietro la narrativa di una vittoria vicina.
Mosca aumenta l’IVA al 22%. Eppure, verrebbe da chiedersi come sia possibile aumentare la tassazione, se il Cremlino afferma di star vincendo la guerra in Ucraina.
L’aumento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) dal 20% al 22% è previsto a partire da gennaio 2026. Una decisione che, a prima vista, sembra in contraddizione con la retorica trionfalistica di Mosca sulla guerra contro Kiev: se la Russia stesse davvero avanzando come sostiene, perché imporre ai cittadini un ulteriore sacrificio fiscale?
Il Ministero delle Finanze ha giustificato la misura come necessaria per “finanziare la difesa e la sicurezza nazionale”, oltre che per sostenere veterani e spese sociali. Ma dietro queste parole si nasconde una realtà più dura: il conflitto ha prosciugato le risorse statali, generando un deficit di bilancio record. Tra gennaio e agosto, il disavanzo ha superato i 4,8 trilioni di rubli (oltre 60 miliardi di dollari), superando già l’obiettivo annuale fissato dal governo.
L’aumento dell’IVA rappresenta quindi un tentativo disperato di riequilibrare le finanze pubbliche, oppure è solo un sostegno ulteriore alle forze militari russe? Ecco tutto quello che c’è da sapere sulla decisione e quali saranno le conseguenze per i cittadini. Scopriamo se la Russia sta davvero vincendo la guerra o sta mentendo.
La Russia sta vincendo la guerra? Ecco il perché dell’IVA al 22%
Secondo la narrazione ufficiale del Cremlino, la guerra in Ucraina procederebbe “secondo i piani” e l’economia del Paese starebbe reagendo bene, dimostrandosi resiliente di fronte alle sanzioni occidentali. Tuttavia, i numeri raccontano un’altra storia. Il bilancio statale è sempre più in rosso, con le entrate da petrolio e gas, un tempo la colonna portante delle finanze pubbliche, in netto calo. Il rafforzamento del rublo e la diminuzione dei prezzi del greggio hanno ridotto drasticamente le esportazioni energetiche, mentre le spese militari continuano a crescere senza sosta.
L’aumento dell’IVA al 22% è quindi una mossa obbligata, più che una scelta politica. Il Ministero delle Finanze prevede di raccogliere così 1,3 trilioni di rubli aggiuntivi all’anno (circa 15,5 miliardi di dollari), una cifra che servirà principalmente a sostenere lo sforzo bellico e i costi sociali correlati. In altre parole, la guerra si finanzia ormai non con le rendite petrolifere, ma con le tasse dei cittadini.
Però va detto che questo non è un segnale di forza ma di debolezza. Mentre il Cremlino insiste nel dipingere un quadro di stabilità, la realtà mostra quindi un’economia in affanno, una crescita del PIL in rallentamento (stimata all’1%) e un’inflazione che ha già superato l’8%. Aumentare l’IVA significa ammettere, indirettamente, che la guerra non è affatto “vinta”, ma anzi continua a presentare un conto salatissimo.
Russia, IVA al 22%: le conseguenze per i cittadini
L’IVA, essendo un’imposta sui consumi, colpirà direttamente i cittadini russi. Anche se il governo ha promesso di mantenere l’aliquota ridotta del 10% per beni di prima necessità, come alimenti, farmaci e prodotti per bambini, l’impatto generale sarà inevitabile. Gli analisti stimano un aumento dei prezzi dell’+1,5% nei primi mesi del 2026, dovuto al trasferimento dei nuovi costi dalle imprese ai consumatori finali.
Per molte famiglie già provate dall’inflazione e dalla stagnazione salariale, questa misura rappresenterà un ulteriore colpo al potere d’acquisto. Il rischio, spiegano gli esperti, è quello di una nuova ondata di povertà, in particolare nelle regioni più periferiche e tra i ceti medi urbani. Nonostante il Cremlino cerchi di presentare l’aumento come una “necessità patriottica”, la percezione diffusa è che i costi della guerra stiano ricadendo sempre di più sulla popolazione.
A pagare ancora una volta saranno i cittadini, chiamati a finanziare un’economia di guerra che non accenna a rallentare, mentre rischiano di affamarsi ancora di più. E mentre la propaganda parla di vittorie, nelle case russe si fa sempre più evidente la distanza tra la retorica ufficiale e la dura realtà quotidiana.
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