L’assegno di mantenimento spetta se l’ex coniuge lavora in nero?

Ilena D’Errico

17 Agosto 2023 - 12:23

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Ecco cosa succede se l’ex coniuge lavora in nero, quando spetta l’assegno di mantenimento e come viene influenzato dai redditi in nero.

L’assegno di mantenimento spetta se l’ex coniuge lavora in nero?

Il lavoro in nero è per ovvie ragioni non dichiarato, ma questo non impedisce che venga calcolato nell’insieme dei redditi del lavoratore. Di fatto, pur essendo nero, il lavoro produce comunque una ricchezza per il lavoratore, che dunque deve essere considerata tutte quelle volte in cui è necessario conoscere con esattezza le condizioni economiche di un soggetto. Soprattutto, il lavoro in nero può essere molto rilevante riguardo all’assegno di mantenimento percepito dal coniuge e/o dai figli.

Se il coniuge o genitore obbligato a versare l’assegno di mantenimento lavora in nero potrebbero esserci i presupposti per un aumento dell’importo, considerando che le disponibilità sono superiori a quanto previsto in sede di determinazione dell’assegno. Questo meccanismo, però, non è automatico, ma deve essere valutato dal giudice in base agli elementi specifici. C’è anche però da considerare l’ipotesi in cui il coniuge o genitore lavori già in nero al momento della separazione, e comprendere in quali casi spetta comunque il mantenimento.

Di pari passo, anche il lavoro in nero dei soggetti beneficiari può avere ripercussioni sull’assegno di mantenimento, principalmente con il rischio di decadenza del beneficio o - più raramente – di una sua riduzione.

Spetta il mantenimento se l’ex coniuge lavora in nero?

L’assegno di mantenimento è sempre dovuto ai figli non ancora maggiorenni e autosufficienti, mentre il coniuge ha diritto a riceverlo soltanto al rispetto di requisiti più stringenti. Essenzialmente, ha diritto a ricevere il mantenimento il coniuge economicamente più debole rispetto all’altro che non possa provvedere alle sue esigenze, purché questa condizione non sia attribuibile a una sua colpa.

In altre parole, il coniuge non può scegliere di non lavorare per ricevere l’assegno di mantenimento, ma ne ha diritto se non riesce a trovare lavoro (o non può) per ragioni oggettive, ad esempio l’età avanzata, le condizioni di salute o la mancanza di competenze acquisite negli anni per lo svolgimento del lavoro domestico.

In questi casi, il coniuge economicamente più forte è tenuto a versare un assegno di mantenimento calcolato dal giudice in base alle esigenze del beneficiario e alle disponibilità dell’obbligato. In tal senso, non è particolarmente rilevante l’origine dei redditi, ma ciò che conta è semplicemente la loro esistenza e la loro entità.

Non è nemmeno indispensabile che il coniuge obbligato lavori, ma ad esempio è sufficiente che abbia rendite di altro tipo. Ciò vale anche per quanto riguarda il lavoro nero che, costituendo un reddito a tutti gli effetti, non esenta il coniuge (o genitore) dal pagamento dell’assegno di mantenimento. Questo significa che in sede di separazione il giudice attribuisce il mantenimento, se dovuto, anche se l’obbligato lavora in nero.

Ciò è importante anche per eventuali rideterminazioni dell’importo richieste dal beneficiario, ad esempio se il lavoro in nero dell’obbligato comincia o viene scoperto in un momento successivo.

Cosa succede se i beneficiari del mantenimento lavorano in nero

Quanto valido per il lavoro in nero del soggetto obbligato al pagamento dell’assegno di mantenimento si applica allo stesso modo anche per quanto riguarda il beneficiario. In particolare, se chi percepisce il mantenimento lavora in nero ci sono i presupposti per una diminuzione dell’assegno o perfino di una decadenza del beneficio.

Ovviamente è necessario che la questione sia sottoposta al giudice, che dovrà considerare l’effettiva entità dei proventi dal lavoro nero e considerare i possibili effetti sul mantenimento, tenendo conto anche che i figli non perdono il diritto al mantenimento finché non sono autosufficienti dal punto di vista economico. Un lavoro in nero saltuario e poco redditizio potrebbe infatti essere insufficienti per la cessazione dell’obbligo, mentre lo stesso non vale per il coniuge.

Come provare che il coniuge o genitore lavora in nero

Per provare che il coniuge lavora in nero ai fini dell’assegno di mantenimento sono accettati tutti i mezzi di prova, tra cui anche le dichiarazioni testimoniali. L’intervento della Polizia tributaria è poi fondamentale per l’accertamento dei redditi in nero, ma deve essere richiesto dal giudice dopo l’acquisizione delle altre prove e non può essere sollecitato direttamente dal ricorrente.

In genere, comunque, già il giudice compie un’analisi dello stile di vita del soggetto interessato, ad esempio valutando i veicoli a disposizione e le vacanze (ma non solo) e l’eventuale presenza di giustificazioni per queste spese.

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