Difesa collettiva della Nato: cosa prevede l’articolo 5 del Trattato Nord Atlantico e perché è così importante?
In questi giorni il ruolo della Nato appare sempre più delicato, in particolare per quanto riguarda la possibile e temuta entrata in guerra che coinvolgerebbe anche l’Italia.
Questa ipotesi, o più in generale la risposta bellica della Nato, è disciplinata dall’articolo 5 del Trattato Nord Atlantico, che sancisce la mutua difesa. Di recente, le dichiarazioni di Donald Trump in proposito hanno scatenato un vero e proprio polverone, con il tycoon che rispondendo in modo vago a una domanda sull’impegno di difesa reciproca degli alleati ha fatto riferimento alle molteplici definizioni di difesa comune date dall’articolo 5.
Di fatto, ci sono diverse modalità con cui gli Stati membri dell’Alleanza possono assolvere al proprio dovere, ma non possono in ogni caso sottrarsi dalla difesa comune. Ecco cosa prevede nello specifico l’articolo 5.
Cos’è l’articolo 5 Nato e perché è importante
L’articolo 5 del Trattato Nord Atlantico è il vero cuore pulsante della Nato, istituendo quella difesa collettiva che consente all’Alleanza di contare su una deterrenza davvero efficace, ma anche di poter reagire con vigore a scopo difensivo.
Per comprendere meglio, ecco il testo integrale dell’articolo:
Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall’art. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale. Ogni attacco armato di questo genere e tutte le misure prese in conseguenza di esso saranno immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza. Queste misure termineranno allorché il Consiglio di Sicurezza avrà preso le misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionali.
In sintesi, l’attacco armato a un membro Nato legittima l’azione di tutti gli altri Stati. Principalmente, la mutua difesa permette di scoraggiare le aggressioni, ma in caso di necessità consente anche di reagire in modo efficace, come i singoli Stati non riuscirebbero a fare individualmente.
Quando si attiva la mutua difesa dell’articolo 5
L’articolo 5 Nato chiarisce che la mutua difesa può essere attivata esclusivamente quando uno Stato membro subisce un attacco militare. Per completezza, è bene sapere che il successivo articolo del Trattato Nord Atlantico include nell’ipotesi di attacco militare sia quelli al territorio che quelli a danno di forze, aerei o navi delle parti. In particolare, sono tutelati:
- i territori delle parti in Europa e nell’America settentrionale;
- il territorio della Turchia;
- le isole sotto la giurisdizione di una delle parti nell’Atlantico settentrionale a nord del Tropico del Cancro;
- forze, navi e aeromobili delle parti che si trovano sui territori citati;
- forze, navi e aeromobili delle parti in qualsiasi regione d’Europa dove siano stazionali come forze di occupazione;
- forze, navi e aeromobili delle parti nel Mar Mediterraneo o nella regione dell’Atlantico settentrionale a nord del Tropico del Cancro o sopra gli stessi.
Questi attacchi militari giustificano l’azione collettiva della Nato, che tuttavia non è obbligata a un impegno bellico. Anzi, lo stesso Trattato chiarisce che le controversie internazionali devono essere risolte preferibilmente con mezzi pacifici, incoraggiando la diplomazia. Non solo: gli Stati membri non possono sfruttare l’Alleanza per ricorrere alla minaccia o alla forza. In ogni caso, questi limiti possono essere superati e giustificare la risposta bellica coesa alle condizioni previste dall’articolo 5. L’azione militare, tuttavia, può essere intrapresa soltanto con la decisione del Consiglio di sicurezza, finalizzata a ristabilire la pace e la sicurezza.
I Paesi membri Nato, Italia compresa, sono quindi tenuti all’aiuto reciproco, ma non sono obbligati all’uso della forza armata.
Di norma, vengono preferiti altri mezzi per supportare lo Stato che ha subito un attacco, relegando la guerra vera e propria all’ultima soluzione. Ad oggi, la difesa collettiva dell’articolo 5 è stata invocata soltanto in occasione degli attentati terroristici a danno degli Stati Uniti nel 2001. Nell’occasione, la Nato ha avviato l’Operazione Eagle Assist e l’Operazione Active Endeavour.
Si è trattato, rispettivamente, di operazioni di difesa aerea e navale a cui hanno preso parte diversi membri Nato. Molto più spesso, invece, l’Alleanza ha applicato l’articolo 4 del Trattato Nord Atlantico, che prevede la consultazione e l’adozione di una strategia comune in caso di minaccia alla sicurezza, all’integrità territoriale o all’indipendenza politica a una delle parti. Queste ultime sono peraltro sempre tenute alla cooperazione e all’assistenza reciproca, un insieme di obiettivi funzionale alla deterrenza.
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