La riforma del lavoro in Argentina prevede l’adozione di un sistema di salario dinamico legato alla produttività individuale dei lavoratori: ecco come funziona.
Il segretario del Lavoro argentino Julio Cordero ha presentato le linee guida del nuovo disegno di legge che si pone l’obiettivo di rivoluzionare il mondo del lavoro, promettendo di modernizzare il mercato e promuovere la competitività.
Di fronte alla Commissione Bilancio e Finanze, Cordero ha annunciato che la riforma del lavoro includerà salari dinamici basati sul livello di produttività dei singoli lavoratori piuttosto che stipendi basati sull’inflazione, la possibilità di negoziare nuovi accordi sul salario minimo e l’eliminazione delle sanzioni contro le aziende per irregolarità lavorative.
L’obiettivo di tale riforma, le cui misure verranno presentate ufficialmente il prossimo 15 dicembre nonostante le numerose polemiche e osservazioni avanzate dai sindacati dei lavoratori e dalle opposizioni, è modernizzare i contratti collettivi, fissando dei requisiti minimi che tengano conto, per esempio, delle realtà aziendali più svantaggiate che operano nelle zone più svantaggiate del Paese.
Riforma del lavoro in Argentina: arrivano i salari dinamici
Nell’ambito della riforma del lavoro e in vista delle prossime elezioni 2025, il governo argentino ha presentato un disegno di legge per l’introduzione dei salari dinamici, un nuovo sistema di determinazione delle retribuzioni legato non più all’inflazione, ma piuttosto alle performance dei singoli lavoratori. I dipendenti più produttivi, in questo senso, potranno ottenere salari più elevati.
“I datori di lavoro devono pagare di più i lavoratori che si differenziano e si distinguono. Vogliamo che gli stipendi generino questo differenziale di merito. Se tutti guadagniamo lo stesso, si scoraggia l’impegno”, ha spiegato il segretario alla Commissione Bilancio e Finanze.
L’idea di base è quella di ridurre i livelli salariali convenzionali e consentire a ciascuna azienda di modificare e migliorare le condizioni offerte ai propri lavoratori in base ai risultati, nell’ambito di una maggiore sostenibilità economica. Per il governo argentino questa riforma mira a ridurre i costi del lavoro e a promuovere l’occupazione femminile.
Il segretario del Lavoro ha spiegato che tale meccanismo dovrebbe comprendere dei livelli intermedi di stipendio per quei lavoratori che svolgono correttamente le proprie mansioni, con l’aggiunta di incentivi retributivi migliori per i dipendenti che dimostreranno maggiore produttività, impegno e risultati.
I rischi del salario dinamico e le conseguenze sull’inflazione
Secondo alcuni analisti, disaccoppiare i salari dall’inflazione e accoppiarli alla produttività individuale dei lavoratori potrebbe provocare una perdita di potere d’acquisto in un contesto di aumento dei prezzi al consumo permanente come quello dell’Argentina.
Il concetto di “stipendio dinamico” legato alla produttività piuttosto che all’inflazione, secondo gli esperti, offusca il principio di «parità di retribuzione per pari lavoro», poiché la stessa posizione potrebbe avere retribuzioni completamente diverse. Inoltre, si andrebbero a perdere le opportunità di contrattazione collettiva in favore di una contrattazione individuale.
Il disegno di legge presentato dal segretario del Lavoro solleva poi una importante differenziazione tra lavoro autonomo e subordinato con un pericoloso sbilanciamento verso il primo.
La reazione dei sindacati
I sindacati dei lavoratori e gli esperti del mercato del lavoro hanno sollevato non pochi dubbi in merito a questo nuovo sistema, quello dei salari dinamici, che si pone come obiettivo quello di premiare la produttività individuale dei lavoratori. In primo luogo, spiegano i sindacati, l’idea dei salari dinamici potrebbe tradursi in una flessibilità nascosta.
“Dietro la parola ’dinamismo’ potrebbe nascondersi una verità più dura: quella del lavoratore che ancora una volta rincorre uno stipendio che non lo raggiunge mai”, spiegano i sindacati.
Questo modello somiglia infatti ai sistemi di retribuzione basati sulle prestazioni, che storicamente sono stati utilizzati per disciplinare e sovraccaricare di lavoro i lavoratori anziché per incentivare la produttività.
Di conseguenza, i sindacati ritengono che tale sistema possa spingere numerosi dipendenti a preferire la professione autonoma a quella dipendente, rinunciando quindi alla contrattazione collettiva e a tutti i benefici del lavoro dipendente in termini di permessi, malattia, ferie retribuite, contribuzione previdenziale, ecc.
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