Wilhelm Langthaler: dissolviamo l’eurozona, altrimenti Berlino ci condurrà al disastro

Erika Di Dio

27 Maggio 2013 - 10:09

Wilhelm Langthaler: dissolviamo l’eurozona, altrimenti Berlino ci condurrà al disastro

Le élite tedesche stanno dettando all’Europa un’austerità estrema. L’ideologia di fondo è che la salvezza arriverà soltanto emulando il modello guidato dalle esportazioni della Germania e la politica salariale deflazionistica. Solo tramite un drastico trattamento del genere, la periferia UE potrebbe recuperare competitività. In questo modo, queste economie sono spinte in una profonda recessione, dalla quale non si vede la fine. Decine di milioni di persone sono costrette ad una miseria senza precedenti che per decenni si pensava superata nell’Europa capitalista. Alla fine, la stessa Germania sarà presa nel vortice della crisi, in quanto essa sta distruggendo i suoi stessi mercati interni. L’unica soluzione è quindi la dissoluzione dell’eurozona.

Questa crisi catastrofica è allo stesso tempo una grande occasione: in alcuni dei paesi più colpiti dalla crisi, il dominio dell’oligarchia finanziaria dell’UE potrebbe essere rovesciato.

La dissoluzione dell’Eurozona

Nei paesi più colpiti del Sud, la resistenza popolare è in aumento. Soprattutto in Grecia e in Italia i sistemi politici attuali stanno crollando perché impongono gli interessi dell’oligarchia finanziaria europea. In entrambi i paesi le vecchie élite hanno perso molti consensi elettorali.

Grecia

Ad Atene la democrazia parlamentare è stata gradualmente sospesa e sostituita da un’amministrazione coatta della troika. Il principale partito di opposizione Syriza ha almeno in parte un impulso anti-sistema. Anche se l’euro è stato dichiarato intoccabile anche da Syriza, questo ultimo tabù è stato smantellato. D’altra parte Nea Demokratia, come rappresentante del programma di Berlino, potrebbe stabilizzarsi intorno alle vecchie élite e parte di ciò che resta del ceto medio.

Italia

Anche in Italia, che è molto più centrale, la situazione è bollente. A differenza della Grecia, anche molti settori delle classi superiori contestano i dettami di Berlino e della troika. I servi di questi ultimi sono stati ridotti a un terzo dell’elettorato. Grillo rappresenta la speranza e la volontà di una rottura profonda con il vecchio sistema e riunisce non solo i poveri, ma anche alcuni imprenditori colpiti dalla crisi. Poi c’è il “clown” Berlusconi che sa come giocare con il sentimento contro l’oligarchia europea. Senza sostanziali concessioni da parte di Berlino, il governo Letta non durerà molto a lungo. Ma Berlino sottovaluta il pericolo con un misto di arroganza e di ristrettezza mentale e continua a fare pressione su Roma.

Lasciare l’euro

Anche in Portogallo e Spagna, il risentimento e i disordini contro i governanti sono in crescita, anche se in modo politicamente meno articolato. Pertanto i sistemi politici non sono in pericolo nello stesso modo. Dare la profondità della crisi sociale, i cambiamenti politici possono essere rapidi e travolgenti, derivanti praticamente dal nulla.

Nel sud l’idea di lasciare l’euro si sta affermando sempre di più, in quanto il massacro sociale è condotto in suo nome. Tutte le idee si stanno concretizzando su come fermare il disastro. Eppure esse non sono ancora completamente formulate. Intorno alla parola d’ordine “lasciare l’euro”, diversi interessi sociali possono convergere, il che li rende adatti come base per un’ampia alleanza popolare. Conflitti saranno comunque inevitabili.

L’Italia è stata una importante potenza industriale gravemente indebolita dall’euro. Mentre l’imprenditorialità è sempre stata politicamente debole, sociologicamente parlando è molto ampia. Anche qui l’idea di lasciare l’euro si sta diffondendo. Gli italiani vogliono fornire un forte segnale di protesta alla troika e a Berlino. Il ripristino di una lira svalutata farebbe aumentare i prezzi dei prodotti stranieri e, infine, genererebbe domanda per l’industria italiana. I pesanti requisiti di austerità possono essere sintonizzati verso il basso e uno stimolo potrebbe essere prodotto da una nuova domanda pubblica. In definitiva, un programma keynesiano molto moderato.

Probabilmente l’uscita dall’euro sarebbe seguita da un’insolvenza dello Stato, in quanto il capitale cercherebbe di fuggire spingendo in alto i tassi di interesse. Ma soprattutto l’Italia ha il vantaggio di avere un debito prevalentemente interno, il che renderebbe più facile un haircut e la trasformazione in titoli denominati in lira ed ostacolerebbe la tendenza alla fuga. Di fronte a tale fatto compiuto l’oligarchia finanziaria internazionale cercherebbe a tutti i costi di evitare un default e potrebbe accordare una ristrutturazione del debito nella speranza di limitare l’onda d’urto sul sistema globale.

Un passo del genere potrebbe attirare una parte delle élite, in parte perché promette una soluzione alla crisi di leadership politica del paese. Chiunque tenti una mossa audace del genere ha bisogno del sostegno della maggioranza e così lo otterrà.

In Germania e in altri stati centrali, la situazione politica è totalmente diversa. L’opposizione di sinistra alla linea di deflazione salariale (Hartz IV) è esaurita. Un programma keynesiano non è in grado di raccogliere il consenso della maggioranza. Il ruolo egemonico di recente acquisizione da parte della Germania ha comportato un cambiamento politico favorevole alle élite. Se c’è una opposizione contro la linea della Merkel, essa è guidata dalla "Casalinga sveva" contro le garanzie, i prestiti d’emergenza e la politica monetaria espansiva (per esempio Hans-Werner Sinn, professore di economia). Questa comprende una buona dose di sciovinismo sociale contro il sud; non richiede attivamente una dissoluzione della zona euro, ma essa sarebbe comunque una conseguenza del suo approccio. Nel frattempo, "Alternativa per la Germania" è apertamente in campagna contro l’euro; ha sviluppato una notevole pressione sulla linea della Merkel, rendendo così sempre più costose per la CDU future misure di salvataggio.

La Germania deve dar voce all’opposizione dell’Europa meridionale come campagna per lo scioglimento della zona euro. L’opposizione filistea all’Euro è sicuramente il male minore rispetto alla Merkel, Ackermann e Asmussen. Un coinvolgimento della Germania nella fine della zona euro offrirebbe inoltre il vantaggio che la rabbia popolare per la crisi, che alla fine va a colpire anche la Germania, sarebbe diretta più contro le proprie elite che contro il sud.

Traduzione italiana a cura di Erika Di Dio. Fonte: Antiimperialista.org

Accesso completo a tutti gli articoli di Money.it

A partire da
€ 9.90 al mese

Abbonati ora

Iscriviti a Money.it