Rivalutazione avviamento: convenienza fiscale e inquadramento normativo

Vincenzo Delli Priscoli

23/08/2021

27/12/2022 - 14:49

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La Legge di Bilancio 2021 ha incluso l’avviamento tra i beni d’impresa oggetto di rivalutazione, rendendo la stessa maggiormente conveniente dal punto di vista fiscale.

Rivalutazione avviamento: convenienza fiscale e inquadramento normativo

La Legge di Bilancio 2021 (art. 1, comma 83) ha apportato delle novità in tema di rivalutazione dei beni d’impresa, includendo l’avviamento e le altre immobilizzazioni immateriali tra gli asset riallineabili.

Vediamo come funziona la rivalutazione dell’avviamento e qual è la convenienza fiscale in questo tipo di operazione.

L’avviamento: definizione e inquadramento normativo

Nel linguaggio economico l’avviamento consiste nel maggior valore che l’azienda è in grado di produrre per effetto di fattori specifici per i quali il complesso dei beni aziendali ha un valore superiore rispetto alla somma dei singoli beni, mobili o immobili, fungibili o infungibili oppure ancora materiali o immateriali. Quando si fa riferimento all’avviamento di un’azienda si intende, quindi, la posizione che questa riveste sul mercato.

I fattori che determinano l’avviamento, sostanzialmente di carattere immateriale, sono:

  • la fidelizzazione della clientela;
  • il prestigio e la reputazione dell’azienda;
  • il know-how e la specializzazione della forza lavoro;
  • l’immagine aziendale presso gli stakeholders;
  • la notorietà di un marchio.

L’avviamento quindi è da considerarsi compenetrato con gli altri elementi patrimoniali dell’impresa, trattandosi di una componente qualitativa dell’azienda che consente all’organizzazione aziendale di conseguire risultati economici ulteriori rispetto a quelli ottenibili mediante l’utilizzazione dei singoli elementi che la compongono.

Nel principio contabile nazionale n. 24, in particolare, si definisce l’avviamento come “l’attitudine di un’azienda a produrre utili in misura superiore a quella ordinaria, che derivi o da fattori specifici che, pur concorrendo positivamente alla produzione del reddito ed essendosi formati nel tempo in modo oneroso, non hanno un valore autonomo, ovvero da incrementi di valore che il complesso dei beni aziendali acquisisce rispetto alla somma dei valori dei singoli beni, in virtù dell’organizzazione dei beni in un sistema efficiente ed idoneo a produrre utili”.

Tuttavia mentre il Codice civile definisce l’azienda nell’articolo 2555 come un “complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”, sull’avviamento non si ha una vera e propria definizione giuridico-economica.

Rivalutazione dell’avviamento: come funziona?

Il legislatore nazionale prevede le seguenti condizioni per inserire il valore dell’avviamento nella voce B.I.5 dello Stato patrimoniale:

  • il consenso del Collegio Sindacale, la cui presenza sia obbligatoria secondo la legge;
  • l’acquisto dell’avviamento a titolo oneroso;
  • l’iscrizione avvenga nei limiti del solo costo sostenuto.

Secondo quanto dispone l’articolo 2426 numero 6 del Codice civile "l’avviamento deve essere ammortizzato in un periodo non superiore a cinque anni. È tuttavia consentito ammortizzare sistematicamente l’avviamento in un periodo limitato di durata superiore, purché esso non superi la durata per l’utilizzazione di questo attivo e ne sia data adeguata motivazione nella nota integrativa".

Dunque, il valore dell’avviamento, nonostante sia considerato dalla normativa italiana un’attività a vita indefinita, deve essere rettificato dagli ammortamenti, in quanto l’ammortamento, è un processo di ripartizione del costo delle immobilizzazioni in funzione del periodo in cui l’impresa ne trae beneficio, e solo in conseguenza di ciò, esso contribuisce alla valutazione delle immobilizzazioni immateriali.

Con la Legge di Bilancio 2021 anche l’avviamento può essere riallineato e riconosciuto fiscalmente, dato che le immobilizzazioni immateriali rientrano oggettivamente tra gli asset rivalutabili.

Infatti mentre il Decreto Legge numero 104/2020 considerava riallineabili esclusivamente i valori relativi ai beni d’impresa e le partecipazioni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019, escludendo i beni merce e l’avviamento, ora il legislatore estende tale possibilità anche alle immobilizzazioni immateriali, tra cui l’avviamento.

Il comma 8-bis dell’articolo 110 del Decreto legge numero 104/2020 stabilisce che: “le disposizioni dell’art. 14 della legge 21 novembre 2000, n. 342, si applicano anche all’avviamento e alle altre attività immateriali risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019".

Alla luce della succitata norma con il pagamento di un’imposta sostitutiva del 3% è possibile attribuire rilievo fiscale ai maggior valori relativi non solo alle immobilizzazioni immateriali risultanti nel bilancio dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2019, ma anche all’avviamento, ai costi di impianto e di ampliamento ed ai costi di sviluppo.
Gli asset dunque devono risultare dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

Rivalutazione dell’avviamento: convenienza fiscale

È evidente che l’imposta sostitutiva del 3% sia un buon incentivo per rivalutare l’avviamento.
Infatti la rivalutazione dei beni di impresa, compreso l’avviamento, conviene - oltre che sotto l’aspetto economico- ma anche perché,rispetto al passato, l’imposta sostitutiva è stata notevolmente abbattuta.

E poi l’ammortamento dell’avviamento è anche parzialmente deducibile. Infatti, ai sensi dell’articolo 103, comma 3 del TUIR "le quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell’attivo del bilancio sono deducibili in misura non superiore a un diciottesimo del valore stesso".

Inoltre l’imposta sostitutiva del 3%, anziché versarla in un’unica soluzione, può essere pagata anche in 3 rate di pari importo aventi le seguenti scadenze:

  • la prima rata entro il termine previsto per il versamento del saldo delle imposte sui redditi relative all’anno d’imposta 2020 (30 giugno 2021 salvo proroghe;
  • la seconda rata entro la scadenza prevista per il versamento a saldo delle imposte sul reddito relative all’anno 2021 (30 giugno 2022 salvo proroghe);
  • la terza rata entro la scadenza prevista per il versamento a saldo delle imposte sul reddito relative all’anno 2022 (30 giugno 2023 salvo proroghe).

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