Rivalutazione beni di impresa: avviamento, costi, come fare

Vincenzo Delli Priscoli

25/05/2021

27/12/2022 - 14:49

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Come funziona la rivalutazione dei beni di impresa per aumentare il valore dei componenti attivi del patrimonio aziendale? Di seguito le istruzioni e le regole su come fare ed i costi previsti per rivalutare i beni e rendere più solida una società.

Rivalutazione beni di impresa: avviamento, costi, come fare

Si possono rivalutare i beni dell’impresa per rendere più solida una società? Come funziona, quali sono i vantaggi e chi può accedervi?

L’articolo 110 del decreto legge n. 104/2020 (cosiddetto Decreto Agosto) ha istituito la possibilità di rivalutare i beni di impresa al fine di migliorare la solidità patrimoniale delle società con possibilità di deduzione fiscale a costi molto contenuti.

Lo strumento è rivolto alle società di capitali e agli enti commerciali residenti in Italia che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio di esercizio.

Vediamo come funziona e quali sono i costi.

Rivalutazione dei beni di impresa: chi può accedervi?

La rivalutazione dei beni di impresa può essere applicata da:

  • società di capitali (società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata), società cooperative e le società di mutua assicurazione;
  • enti pubblici e privati diversi dalle società,
  • trust che hanno per oggetto esclusivo e principale l’esercizio di attività commerciali nel territorio Italiano;
  • imprese individuali;
  • società in nome collettivo, società in accomandita semplice ed enti non commerciali.

Tali soggetti devono necessariamente redigere il bilancio secondo i principi contabili nazionali.

Quali beni dell’impresa possono essere rivalutati?

Rivalutare un bene d’impresa consiste nell’aumento del valore di componenti attivi del patrimonio (immobilizzazioni materiali e immateriali).

Si possono rivalutare i seguenti beni e partecipazioni (esclusi gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa), purché iscritti nel bilancio in corso alla data del 31 dicembre 2019:

  • terreni;
  • fabbricati;
  • impianti;
  • macchinari;
  • marchi;
  • brevetti;
  • diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno;
  • concessioni;
  • attrezzature;
  • licenze.

La rivalutazione può essere effettuata anche distintamente per ciascun bene.

Invece, i beni che non possono essere oggetto di rivalutazione sono:

  • i beni materiali o immateriali alla cui produzione o scambio è diretta l’attività d’impresa (ad esempio, beni merce e materie prime);
  • le partecipazioni che non siano di controllo o di collegamento ai sensi dell’articolo 2359 del Codice Civile;
  • le partecipazioni che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie.

L’avviamento può essere rivalutato?

Anche l’avviamento rientra tra i beni d’impresa che possono essere rivalutati.

Il nuovo comma 8-bis dell’articolo 110 del Decreto legge numero 104/2020 stabilisce che:

“le disposizioni dell’art. 14 della legge 21 novembre 2000, n. 342, si applicano anche all’avviamento e alle altre attività immateriali risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019".

Alla luce di tale previsione normativa, attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva del 3%: è possibile attribuire rilievo fiscale ai maggior valori relativi non solo alle immobilizzazioni immateriali risultanti nel bilancio dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2019, ma anche all’avviamento, ai costi di impianto e di ampliamento ed ai costi di sviluppo.

Rivalutazione beni d’impresa: quali sono i costi?

L’impresa ha la possibilità di effettuare la rivalutazione dei beni solo contabilmente, dunque senza il versamento di imposte.

In questo modo vi è un accrescimento del patrimonio netto dell’impresa, oltre che un miglioramento del suo rating bancario, permettendo all’impresa di effettuare una ripatrimonializzazione in maniera praticamente gratuita.

Nel caso in cui l’impresa opti anche per una rivalutazione fiscale, essa dovrà pagare una imposta sostitutiva del 3% sul valore rivalutato.

Se si considera che negli anni passati per la rivalutazione beni d’impresa l’imposta si attestava tra il 12% e il 14%, oggi una imposta sostitutiva del 3% è certamente un ottimo incentivo a rivalutare i beni d’impresa, sia ammortizzabili sia quelli non ammortizzabili.

Peraltro gli effetti fiscali della rivalutazione saranno visibili già dall’esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è eseguita.

Rivalutazione dei beni di impresa: come si effettua il versamento dell’imposta sostitutiva?

L’imposta sostitutiva può essere versata in un massimo di tre rate di pari importo.

La prima rata scade entro il termine previsto per il versamento del saldo delle imposte sui redditi relative al periodo di imposta nel quale è avvenuta la rivalutazione, mentre le altre due rate scadono entro il termine previsto per il saldo delle imposte sui redditi dei successivi due esercizi.

Rivalutazione dei beni di impresa: perché conviene?

Oggi la rivalutazione dei beni di impresa conviene, oltre che sotto l’aspetto economico, in quanto rispetto al passato l’imposta sostitutiva è stata notevolmente abbattuta, anche perché con la rivalutazione dei beni ammortizzabili si hanno ammortamenti più elevati.

Ciò significa che si ha una quota di ammortamento da dedurre dalla base imponibile più alta e dunque meno imposte da versare.

Inoltre, in caso di rivendita del bene rivalutato, si genera una plusvalenza minore, dunque la tassazione sulla plusvalenza sarà ridotta rispetto a quella prevista in caso di mancata rivalutazione del bene dell’impresa.

Peraltro, la rivalutazione dei beni di impresa fa sì che l’azienda sia più solida, dunque considerata maggiormente affidabile nel momento in cui richiede finanziamenti alle banche oppure per attrarre investitori.

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