Le riforme promesse da Trump sono solo una truffa - Paul Krugman

Marco Frattaruolo

31 Gennaio 2017 - 15:47

Il premio nobel per l’Economia Paul Krugman è tornato sull’argomento degli investimenti per le infrastrutture promessi da Donald Trump, dopo che lo scorso novembre li aveva definiti “una truffa”. Vediamo perché.

Le riforme promesse da Trump sono solo una truffa - Paul Krugman

Paul Krugman, premio nobel per l’Economia nel 2008, lo scorso novembre, in un editoriale per il New York Times intitolato “Build He Won’t” aveva definito, senza mezzi termini, i progetti di investimenti per le infrastrutture promessi dal presidente Donald Trump una vera e propria “truffa”. A distanza di qualche mese, l’economista americano sulle pagine del proprio blog è tornato sull’argomento, rincarando la dose di scetticismo nei confronti del neo-presidente degli Stati Uniti e della sua amministrazione.

In particolare Paul Krugman, citando e condividendo (in parte) un articolo del suo omonimo Ben Bernanke pubblicato sul blog della Brookings Institutions, sostiene convintamente che i repubblicani non abbiano alcuna intenzione di mettere mano alla spesa pubblica per investire su progetti infrastrutturali, e che le promesse fatte in campagna elettorale da Donald Trump siano nient’altro che uno specchietto per le allodole per investitori ed elettori.

Di seguito vediamo quali sono le ragioni che rendono il premio nobel per l’Economia Paul Krugman scettico di fronte alle intenzioni ostentate da Donald Trump e dalla sua amministrazione in materia di investimenti per le infrastrutture.

Paul Krugman: perché gli investimenti infrastrutturali promessi da Trump sono una truffa

Nell’articolo pubblicato il 14 gennaio sulle pagine online del blog ospitato dall’autorevole New York, intitolato “Infrastructure Delusions”, Krugman ha fatto riferimento a un intervento di Ben Bernanke, ex presidente del Comitato dei Governatori della Federal Reserve tra il 2006 e il 2014 di fede repubblicana, circa le previsioni di quella che sarà la politica di bilancio statunitense durante l’era Trump.

Krugman sostiene di essere d’accordo con le considerazioni di Bernanke, il quale ritiene che in questo determinato periodo storico vi siano “molte meno ragioni di prima per stimolare l’economia con una spesa in disavanzo, ma che avrebbe ancora pienamente senso prendere soldi in prestito per costruire infrastrutture”.

In particolare secondo Bernanke, al giorno d’oggi, “con l’economia vicina alla piena occupazione, la necessità di stimolare la domande, anche se non è del tutto svanita, è senz’altro molto meno impellente di tre o quattro anni fa”. L’ex presidente della Federal Reserve suggerisce quindi di agire sulla politica di bilancio “ma per aumentare l’output senza far crescere indebitamente l’inflazione si dovrebbe puntare a migliorare la produttività e l’offerta aggregata, per esempio attraverso miglioramenti delle infrastrutture pubbliche in grado di aumentare l’efficenza dell’economia, o per mezzo di una riforma della tassazione che possa favorire gli investimenti privati”.

A tal proposito Bernanke si mostra abbastanza scettico in merito a un’effettiva intenzione dei repubblicani di sostenere “importanti incrementi della spesa pubblica” e quindi di quella relativa alle infrastrutture. Alle titutabanze di Bernanke fa eco lo scetticismo molto meno velato di Krugman, convinto del fatto che, nonostante i proclami fatti da Trump durante la sua campagna elettorale, “non ci sarà alcun programma di investimenti pubblici rilevanti

Per il premio Nobel sono almeno due le ragioni che “smaschererebbero” le reali intenzioni del 45° presidente degli Stati Uniti, negli ultimi giorni nell’occhio del ciclone per aver firmato un ordine esecutivo che impone il divieto di ingresso negli USA agli immigrati provenienti da 7 paesi musulmani.

La prima ragione:

“I parlamentari repubblicani non hanno nessun interesse a sostenerlo (il programma di investimenti nda). Sono pienamente determinati a privare milioni di persone dell’assistenza sanitaria e a tagliare le tasse ai più ricchi. Di investimenti pubblici non ne parlano e probabilmente, se anche Donald Trump dovesse tirare fuori un piano e ne facesse una priorità loro farebbero orecchie da mercante”.

La seconda ragione:

“C’è davvero qualcuno che pensa che Trump e la sua squadra siano in grado di produrre un piano di investimenti serio? Trump non è circondato da una squadra di esperti e non mostra nemmeno l’intenzione di volerne creare una [...] Qualsiasi misura sostanziale della sua amministrazione sarà pensata e trasformata in legge dai parlamentari repubblicani, che – lo ripeto – non hanno il minimo interesse a realizzare un programma di investimenti pubblici”.

Krugman termina il suo articolo rivolgendosi a quegli investitori “che scommettono su una grande spinta alla spesa infrastrutturale” consigliando loro di non illudersi. “Forse vedremo qualche grossa privatizzazione - conclude sarcastico Krugman - specie se Trump avrà modo di metterci sopra il suo nome: magari cambiando l’illuminazione della Diga di Hoover per poterla rinominare Diga di Trump”.

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