Riduzione dell’orario di lavoro per chi diventa papà: chi ne ha diritto

Simone Micocci

17 Agosto 2021 - 11:50

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In determinate circostanze i permessi per allattamento spettano anche ai papà: ecco quando questi hanno diritto alla riduzione di una o due ore dell’orario lavorativo.

Riduzione dell’orario di lavoro per chi diventa papà: chi ne ha diritto

Chi diventa papà può godere della riduzione dell’orario di lavoro senza perdere alcuna retribuzione. Non si tratta di una novità ma di un diritto del lavoratore che pochi conoscono anche perché nella maggior parte dei casi è la mamma a godere di questa possibilità.

Ci stiamo riferendo ai cosiddetti permessi per allattamento, dei quali vi abbiamo parlato nella nostra guida dedicata. Si tratta di permessi, retribuiti al 100% dall’Inps, che comportano la riduzione dell’orario di lavoro di 1 (nel caso dei lavoratori con contratto part-time) o 2 ore (per i full-time): tuttavia, il fatto che si definiscano “per allattamento” non significa che ne possano usufruire solamente le madri.

Ci sono dei casi, dei quali vi parleremo di seguito, in cui possono godere della riduzione dell’orario di lavoro - mantenendo inalterato lo stipendio - anche i papà: ecco cosa dice la normativa a riguardo.

Permessi per allattamento Inps: quando spettano ai papà

Più che di “riposi per allattamento” l’Inps parla d’indennità per riposi giornalieri per padri e madri dipendenti. Si tratta di permessi, retribuiti al 100%, destinati alla cura del bambino, anche se affidato o in affidamento. Se ne può godere fino al primo anno di vita del bambino, o comunque entro un anno dall’ingresso in famiglia del minore adottato o in affidamento.

Per poterne godere, sia il padre che la madre devono avere un “valido rapporto di lavoro (di tipo subordinato, ndr) in corso e il minore deve essere vivente”. Per poterne godere il padre, in alternativa alla madre, serve però che sussista una delle seguenti situazioni:

  • se la madre dipendente non se ne avvalga per espressa rinuncia;
  • se la madre appartiene a una delle categorie non aventi diritto ai riposi stessi.

Attenzione: questo non può comunque richiedere la riduzione dell’orario di lavoro nel caso in cui la madre rinunci ai permessi per allattamento ma nel contempo si trovi in astensione obbligatoria (congedo di maternità) o facoltativa (congedo parentale). Lo stesso vale nel caso in cui la madre non si avvalga di questi riposi in quanto assente dal lavoro per sospensione da aspettativa, permessi non retribuiti o pause lavorative per part-time verticale.

Vi è però l’eccezione del parto plurimo, per il quale i riposi sono raddoppiati: in questo caso le ore aggiuntive possono essere riconosciute al padre anche durante i periodi di congedo di maternità e parentale della madre.

Riduzione dell’orario di lavoro per i papà: spetta anche quando la mamma è disoccupata?

La domanda è lecita visto che le interpretazioni a riguardo sono differenti. L’articolo 40 del D.Lgs 151/2001, infatti, prevede che la fruizione dei riposi orari da parte del padre sia possibile - oltre al caso suddetto della madre lavoratrice che non se ne avvalga - nei casi di:

  • morte o grave infermità della madre;
  • affidamento esclusivo dei figli al padre;
  • la madre non è lavoratrice dipendente.

Nel terzo punto sembrano essere comprese anche le disoccupate. Sembrerebbe ovvio, dunque, che ne possono godere i papà anche nei casi in cui la mamma è disoccupata. Un principio confermato da diverse pronunce della giurisprudenza.

Nel dettaglio, con la sentenza 4293/2008 il Consiglio di Stato ha dato un’interpretazione estensiva della norma, ritenendo appunto ammissibile la fruizione dei riposi giornalieri da parte del padre anche nel caso della madre disoccupata. Questo perché la “madre casalinga impegnata in attività che la distolgono dalla cura del neonato deve essere considerata al pari della lavoratrice dipendente”.

Nella frase “il beneficio spetta al padre nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente”, dunque, rientra anche il caso in cui questa sia casalinga e non sia impegnata in qualsiasi tipo di rapporto di lavoro.

A tal proposito, anche il Consiglio di Stato, con la sentenza 4993/2017, è tornato sull’argomento facendo definitivamente chiarezza. Nel dettaglio, questa stabilisce che:

Se la madre è casalinga ma, per specifiche, oggettive, concrete, attuali e ben documentate ragioni, non possa attendere alla cura del neonato, allora il padre potrà comunque fruire del riposo in questione: è vero, infatti, che la condizione di casalinga consente, in linea generale e di norma, di assicurare una presenza domestica, ma, laddove ciò nella concreta situazione non sia effettivamente possibile, si determina un vuoto di tutela del minore cui può sopperirsi con la concessione, al padre, del riposo giornaliero ex art. 40.

La risposta dunque è : la riduzione dell’orario di lavoro per il padre spetta anche nel caso in cui la madre è casalinga, ma solo quando sussistono delle ragioni concrete e ben documentate in cui questa non può da sola accudire il figlio.

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