La Polonia segue l’esempio di Argentina e Ungheria e nazionalizza le pensioni private. Una riforma shock voluta dal premier Donald Tusk al fine di contenere il debito pubblico che, mediante questa manovra, potrebbe scendere di ben 8 punti, dal 59% al 52,7%.
La riforma delle pensioni prevede in sostanza di trasferire le obbligazioni detenute dai fondi pensione coperti da garanzia pubblica nelle casse statali, dimezzando la previdenza complementare, la cui adesione è su base volontaria. Un giro di 40 miliardi che fa discutere alla luce della fetta sostanziosa che la previdenza privata ha sul PIL, ovvero il 20%. Come è composto il suo patrimonio? 51,5% di obbligazioni pubbliche e il restante 48,5% è investito in titoli quotati in Borsa.
Ovviamente le reazioni non sono mancate e il panico circa un’esportazione del “modello polacco” fa il giro dell’Europa.
Potrebbe accadere in Italia?
Visto che l’Esecutivo non si è fatto problemi a mettere le mani sui risparmi di circa 6 milioni di italiani, dimezzando le detrazioni su polizze vita e infortuni, al fine di coprire l’abolizione IMU, il dubbio è lecito.
Ad ogni modo il pericolo pare essere del tutto scongiurato, essenzialmente per due ragioni:
- in Italia la previdenza privata non ha preso molto piede, sia per la crisi che per lo scetticismo nei confronti della stessa;
- un’operazione analoga a quella polacca porterebbe nelle casse dello Stato italiano meno di 30 miliardi e il debito pubblico subirebbe un decremento quasi nullo. E’ evidente che non converrebbe alla credibilità italiana, già piuttosto precaria, attuare una simile manovra, che attirerebbe le critiche di quei mercati di cui l’Italia ha bisogno per sopravvivere.
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