Il prezzo del petrolio torna a quota 58$, possibilità di nuovi record o inversione ribassista? La Russia insidia il meeting di Vienna del 30 novembre. Lo shale americano preoccupa l’Opec.
Prezzo del petrolio in crescita dopo una breve discesa, che lo aveva fatto arretrare a quota 55$. Manca molto poco al meeting di Vienna, dove si riuniranno i membri dell’Opec con altri produttori di petrolio non facenti parte dell’organizzazione, tra cui la Russia. Quest’ultima non ha ancora sciolto la riserva se intenderà partecipare o meno all’estensione dei tagli alla produzione di petrolio.
Petrolio torna a quota 58$, attesa per il meeting a Vienna
Il prezzo del petrolio ha subito un grande sprint rialzista, proseguendo ormai il consolidato trend crescente. Molta volatilità è attesa da qui fino al meeting del 30 novembre, dove i membri dell’Opec si riuniranno a Vienna per decidere se estendere o meno il programma di tagli alla produzione, attualmente in scadenza a marzo 2018.
Il ministro del petrolio del Qatar Mohammed al-Sada ha dichiarato che, secondo la sua visione, l’estensione dell’accordo aiuterà la stabilizzazione del prezzo della commodity. Dello stesso parere era stato poco prima l’omologo del Venezuela Eulogio Del Pino, che sosteneva che il prezzo del petrolio aveva finalmente trovato una sua stabilità, nonostante la minaccia dello shale americano.
I membri dell’Opec sono infatti molto preoccupati dell’aumento di produzione di greggio da parte degli Stati Uniti, che grazie al petrolio scisto (shale) hanno fatto accrescere notevolmente l’offerta.
L’altro grande produttore di petrolio, ma non membro dell’Opec, la Russia, non ha ancora confermato la sua posizione in merito al meeting. Sebbene ad ottobre il ministro dell’energia russo Alexander Novak avesse detto che la Russia sarebbe stata pronta ad estendere i tagli alla produzione di petrolio, dall’altra è molto attratta dalla possibilità di sfruttare il prezzo più alto della materia prima e ottenere maggiori guadagni. È necessario specificare che Novak fece quelle dichiarazioni quando la quotazione del petrolio era tra i 50$ e i 53$, dunque a quote molto inferiori rispetto a quella corrente.
Il Cremlino, inoltre, sta anche cercando di uscire dalla dipendenza dal petrolio per portare il Paese ad investire verso fonti più remunerative a lungo termine, come le rinnovabili. La riduzione del prezzo del greggio potrebbe essere quindi una buona opportunità in tal senso.
Nuovi record o nuova discesa?
Il prezzo del petrolio è in un trend crescente dallo scorso giugno, quando toccò quota 43$ al barile. Il picco massimo del trend è stato raggiunto l’8 novembre a quota 58,18$, valore sfiorato proprio ieri 22 novembre (58,14$). La quotazione aveva però subito una contrazione fino a poco sopra 55$ al barile (14 novembre), per poi tornare sui livelli precedenti.
Dall’immagine possiamo notare che il movimento short visto la scorsa settimana non è stato forte da impensierire il trend crescente (long) sul lungo periodo, non avendo raggiunto nemmeno il 23,6% del ritracciamento dal massimo, che è fissato a quota 54,72$.
Possiamo considerare i livelli del ritracciamento fibonacci buoni supporti in caso di altri movimenti ribassisti che potrebbero esserci nel prossimo periodo. Infatti l’area che va da 58$ a 60$ è una zona di forte resistenza per la quotazione del petrolio, che ha retto bene le spinte verso l’alto negli ultimi due anni.
Dunque oltre al già citato 54,72$ (23,6%), possiamo considerare buoni livelli di supporto anche 52,55$ (38,2%), 50,79$ (50%), 49,04$ (61,8%). Oltre quest’ultima soglia il movimento rialzista verrebbe seriamente messo in discussione e la quotazione potrebbe tornare a viaggiare su livelli molto più bassi rispetto a quelli correnti.
In caso di superamento di 58,18$ (0%), possiamo considerare come prossima resistenza quota 60$, che è stata raggiunta l’ultima volta nel lontano giugno del 2016, a riprova di come questi livelli siano molto difficili da oltrepassare.
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