Un report della Banca americana Citigroup analizza la situazione italiana: per fare le riforme, meglio un Parlamento bloccato che un governo debole.
L’Italia potrebbe trarre maggiore vantaggio da un Parlamento bloccato rispetto a un governo figlio di una maggioranza debole. Questo è il responso di un report di Citigroup, la più grande azienda di servizi finanziari nel mondo.
Il ragionamento della Banca americana è molto semplice: solo con un governo simile a quello Monti l’Italia potrebbe riprendere quel ciclo di riforme iniziato nel 2011, che si è andato poi a interrompere dopo le elezioni politiche del 2013.
Un governo debole e di forte impronta partitica infatti secondo Citigroup non riuscirebbe mai ad approvare riforme che potrebbero essere avvertite come impopolari, cosa che invece potrebbe essere fatta da un governo tecnico che renderebbe felice così anche Bruxelles.
In quest’ottica le speranze degli americani potrebbero essere accontentate. Secondo gli ultimi sondaggi politici, in Italia al termine delle prossime elezioni difficilmente si potrà creare una maggioranza di governo, con il pareggio elettorale che rimane al momento l’esito più probabile.
La situazione economica dell’Italia
Lo scorso 4 settembre Citigroup ha stilato un report sulla situazione del nostro paese in vista delle prossime elezioni politiche che, salvo improvvise crisi di governo, si dovrebbero tenere ad aprile 2018, ovvero alla scadenza naturale di questa legislatura.
Lo studio analizza per prima cosa lo stato dell’economia nel nostro paese. Nonostante che per gli americani di recente sia stata evitata una crisi bancaria e che ci siano incoraggianti segnali di ripresa, l’Italia è ancora un paese a rischio anche in ottica della tenuta dell’Unione.
L’alto debito pubblico, il Pil che fa fatica a risollevarsi e l’importante tasso di disoccupazione, non sono indici incoraggianti per il Bel Paese. Secondo Citigroup, per stabilizzare l’Italia e tranquillizzare anche l’Europa, potrebbe avvenire una sorta di do ut des tra Roma e Bruxelles.
L’Unione infatti potrebbe concedere di nuovo maggiore flessibilità nel breve periodo al nostro paese, che potrebbe servire a favorire gli investimenti abbassando le imposte sul reddito, chiedendo però in cambio un aumento delle tasse magari introducendo quella di successione e una patrimoniale.
Tirando le somme, per Citigroup l’Italia avrebbe bisogno di riprendere quella stagione montiana di tasse e tagli per poter ripartire e ridare stabilità anche a tutta l’Europa. Il problema però secondo la Banca americana non è solo economico, ma anche politico.
Alle elezioni meglio un pareggio
Dopo il voto in Olanda, Francia e Regno Unito, i prossimi appuntamenti con le urne in Europa saranno le elezioni in Germania del prossimo 24 settembre e poi, nel 2018, quelle in Italia. Ma se Berlino non spaventa Bruxelles, la Merkel dovrebbe vincere con ampio margine sui socialdemocratici, Roma dà invece più di un pensiero.
Nel nostro paese la situazione politica è mutata rispetto ai primi vent’anni della cosiddetta Seconda Repubblica. La sfida ora non è più tra centrodestra e centrosinistra, o meglio tra Berlusconi e tutti i suoi oppositori, ma si è aggiunto anche il Movimento 5 Stelle a fare da classico terzo incomodo.
Una situazione tripolare questa che, come si è visto alle ultime elezioni nel 2013, ha portato a un paese quasi perfettamente diviso in tre blocchi dati quasi alla pari. Il risultato è stato che negli ultimi cinque anni si sono susseguiti tre governi di centrosinistra, tutti però deboli e segnati da grandi problematiche interne.
Vista l’attuale legge elettorale, è molto improbabile che una forza politica riesca a raggiungere la soglia del premio di maggioranza fissata al 40%. Solo il centrodestra unito potrebbe avvicinarsi a tale percentuale, ma tutto dipenderà da come si andrà a evolvere la campagna elettorale.
Lo scenario che Citigroup vorrebbe scongiurare è quello di un governo dalle larghe intese tenuto in vita da una flebile maggioranza. Un esecutivo del genere per la Banca americana non avrebbe la forza per affrontare riforme importanti.
Anche un governo del Movimento 5 Stelle secondo Citigroup non darebbe le garanzie necessarie, vista la poca credibilità dei pentastellati e il loro “approccio demagogico che offre semplici rimedi a problemi complessi o semplicemente puntando sullo slogan che non ci può essere altro peggio”.
L’ideale quindi per il grande gruppo statunitense sarebbe un hung parliament, ovvero letteralmente un Parlamento appeso dove non ci sia nessun partito o coalizione capace di formare una nuova maggioranza.
Prima di tornare quindi a nuove elezioni, ci sarebbe tempo per un governo tecnico che potrebbe svolgere il classico “lavoro sporco”, andando a licenziare come avvenne a partire dal 2011 tutta una serie di riforme dal sapore impopolare.
Un partito al governo difficilmente potrebbe decidere di proporre e approvare un forte aumento delle tasse, ma i loro deputati e senatori potrebbero invece votare un provvedimento simile se presentato da un governo tecnico, con l’idea che i cittadini poi possano riversare tutta la loro delusione sull’esecutivo e non sul Parlamento.
Per fare un esempio, spesso è grande la rabbia sul tema delle pensioni verso l’ex ministro Elsa Fornero, autrice dell’omonima riforma, mentre in pochi se la prendono a riguardo con i partiti che votarono in Parlamento il testo.
Vedremo quindi se le speranze di Citigroup saranno esaudite, con tutti i sentori comunque che farebbero propendere, a meno che non venga cambiata la legge elettorale, per un pareggio alle prossime elezioni, per la felicità anche di Bruxelles che potrebbe così tornare a dettare l’agenda economica nel nostro paese così come accadde nel biennio montiano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA