L’Eurozona è bloccata in una recessione lunga ed estenuante e probabilmente continuerà così per tutto il resto dell’anno.
Scrive Wolfgang Munchau nel suo editoriale sul Financial Times: la disoccupazione ha raggiunto il record al 12% e non è escluso che continui ad aumentare. L’inflazione, invece, è all’estremità inferiore del target, ma le previsioni parlano di ulteriori cali. Tanto la crescita, quanto l’inflazione sono orientate verso il basso. Ma allora, perché mai la Banca Centrale Europea ha deciso di non tagliare i tassi di interesse?
Questa è una domanda legittima e importante, ma in questo momento ce n’è una ancor più rilevante per la politica monetaria Europea ed è come rimettere a posto il credit crunch che caratterizza la metà meridionale dell’unione monetaria?
Italia: nessun paese sta peggio
Da nessuna parte la situazione è più grave che in Italia dove le piccole e medie imprese sono state colpite dall’austerity e dalla crisi del credito, contemporaneamente.
Le misure di austerità fiscale implementate dall’amministrazione Monti hanno impedito a comuni ed enti pubblici di pagare i propri fornitori, trasformando la situazione in una minaccia esistenziale per le piccole e medie imprese che devono contemporaneamente affrontare due problemi: non essere pagati dai clienti e non avere accesso al credito per tirare avanti.
In Italia, le piccole imprese affrontano tassi del 10% circa, ma oltre il confine, in Austria, le imprese accedono al credito con un tasso della metà. Anche le famiglie sono in ristrettezze: le richieste per mutui e per beni di consumo sono in costante calo, ma i tassi in aumento.
Spagna: come il Giappone degli anni ’90
Diversamente rispetto a quanto accade in Italia, il calo del credito in Spagna è dovuto al calo della domanda. I prestiti alle famiglie sono scesi del 4.4% su base annua a febbraio, mentre i prestiti alle imprese hanno subito un calo del 10.6%.
Come il Giappone anni ’90, la Spagna è il classico esempio di una recessione di bilanci in cui il settore privato indietreggia a prescindere dall’andamento dei tassi di interesse. Anche per la Spagna, mi aspetterei che un programma mirato a ridurre il premio sui tassi di interesse porterebbe a risultati superiori rispetto ad un più generale taglio di un quarto di punto base.
Tra spread e accesso al credito...
Personalmente sono contrario al taglio sui tassi di interesse. Al contrario, credo che la BCE debba abbandonare la politica dei tassi a zero per contrastare la caduta della domanda. Mentre ciò potrebbe avere un piccolo effetto positivo sulla media delle condizioni monetarie, sarebbe meno efficace di un programma pensato appositamente per ridurre i tassi di prestito reali.
In un recente lavoro del FMI, Edda Zoli spiega il rapporto tra la dimensione degli spread, i costi di finanziamenti per le banche italiane e l’aumento dei costi per i prestiti aziendali. Spread elevati creano indirettamente vincoli di offerta del credito al settore privato, ma il processo non funziona all’inverso.
L’anno scorso, il presidente della BCE, Mario Draghi, ha tentato di risolvere il problema lanciando il programma delle Transazioni Monetarie Dirette (Outright Monetary Transaction, OMT). L’effetto è stato quello del calo degli spread nazionali, ma non ha funzionato dal punto di vista della trasmissione della politica monetaria.
BCE e misure non convenzionali? Tre proposte bomba
La scorsa settimana Draghi ha detto che la BCE sta pensando a 360° gradi alle misure non convenzionali. Sembrerebbe che la banca centrale abbia qualcosa per le mani, ma cosa potrebbe fare Draghi?
A questo punto mi vengono in mente tre possibilità, ognuna più potente delle altre.
- 1. Prestiti diretti utilizzati come garanzia
La BCE potrebbe trovare un modo per fornire incentivi diretti alle banche per prestare denaro. Si potrebbero allentare i requisiti di garanzia per le varie classi di titoli assicurati o estendere il programma esistente per consentire che i prestiti bancari vengano utilizzati come garanzia. Ma senza contarci troppo, questo programma non ha mai avuto molto successo.
- 2. Prestiti dalla BCE alle imprese
La BCE potrebbe guidare un programma di prestito massiccio come "punto d’arresto" per i prestiti per gli investimenti di piccole e medie imprese. Per funzionare, un programma del genere dev’essere ampio, estremamente veloce e poco burocratico.
- 3. Programma di acquisto per obbligazioni societarie
Nell’ipotesi più radicale, la BCE potrebbe intraprendere la decisione di acquistare obbligazioni corportate sul mercato primario e secondario, finanziando così direttamente le imprese. Un programma di acquisto di azioni societarie, però, non aiuta le piccole imprese, anche se teoricamente non c’è alcun motivo per queste di non emettere titoli per l’acquisto da parte della banca centrale.
In sostanza, soltanto una combinazione delle tre alternative permetterebbe il corretto funzionamento "trucchetto".
Tutto ciò sarebbe legale? Assolutamente, sì. La BCE ha un mandato legale per lavorare sulla stabilità dei prezzi, non è consentita la monetizzazione del debito pubblico, ma è permesso trovare il modo di sistemare il meccanismo di trasmissione della propria politica monetaria.
Quali ostacoli? Unione Bancaria, ci risiamo
A questo punto gli ostacoli sono piuttosto politici e giuridici. Ho diversi dubbi sul fatto che la Bundesbank e le altre banche centrali del Nord Europa siano disposte a portare avanti un piano del genere. In passato, essi hanno sostenuto che la sistemazione dei sistemi bancari nazionali spettava ai governi degli Stati membri.
In definitiva, la situazione attuale è l’effetto di un conflitto sull’unione bancaria. Una unione bancaria a tutti gli effetti, infatti, costituirebbe la soluzione necessaria e sufficiente a tutti i problemi della crisi del debito. Se si interrompesse quel collegamento fatale tra banche e Stato Italiano, non ci sarebbero motivi per cui le imprese debbano pagare tassi di interesse superiori rispetto a quanto non accada nei paesi del nord.
Per raggiungere qualsiasi obiettivo, Draghi dovrà ancora una volta riuscire ad organizzare una maggioranza contro la Bundesbank. Non è impossibile, ma potrebbe accadere che egli perda il suo capitale politico e in quel caso, Draghi dovrà dare massima priorità al "non convenzionale", piuttosto che al convenzionale.
| Traduzione a cura di Federica Agostini | Fonte: Financial Times |
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