Secondo l’economista Martin Feldstein, già noto per previsioni catastrofiche sull’euro, ritiene che la BCE non riuscirà a svalutare la moneta unica attraverso il piano di QE
Il noto eonomista americano Martin Feldstein - già consigliere per Ronald Reagan e attualmente emerito presidente del National Bureau of Economic Research – continua a mostrare tutto il suo “euro-scetticismo”, con nuove dichiarazioni al vetriolo nei confronti della moneta unica. Secondo l’economista, il probabile piano di quantitative easing della BCE non riuscirà a svalutare l’euro e nemmeno a far rialzare la testa all’inflazione. Feldstein non è nuovo a questi interventi a gamba tesa sull’euro. Prima dell’avvento della moneta unica, dichiarò addirittura che l’euro avrebbe riportato la guerra in Europa. Quattro anni fa, invece, sentenziò il fallimento della Grecia, praticamente invitata a uscire dall’euro e a tornare alla dracma. Inoltre, affermò che dopo il paese ellenico sarebbe fallito anche il Portogallo.
Feldstein non ha fornito indicazioni temporali per le sue profezie catastrofiche. Tuttavia, finora la sua sfera magica ha chiaramente fallito. Feldstein fa notare come il programma di stimolo monetario negli Usa non sia stato in grado di mettere al tappeto il dollaro americano né di far lievitare particolarmente i prezzi al consumo. L’economista sottolinea che il biglietto verde, grazie al suo status di valuta rifugio, si è apprezzato molto dopo il crack dei mercati finanziari del 2008 e solo sul finire del 2009 è tornato ai livelli pre-crisi. Feldstein ricorda che nel 2013 il dollaro si è mediamente apprezzato, in concomitanza con il picco del piano di QE della FED (un trilione di dollari l’anno). L’inflazione stessa, salita dell’1,6% nel 2010, è cresciuta un pà tra il 2011 e il 2012 ma già lo scorso anno ha frenato a un ritmo dell’1,5%.
Secondo Feldstein l’euro dovrebbe essere svalutato almeno del 15% sul dollaro per rilanciare definitivamente l’export e l’economia dell’eurozona, in modo tale da rendere più costose le importazioni. La protezione garantita da Mario Draghi sul finire del 2012 (l’ormai noto discorso di Londra del “whatever it takes”), che ha rassicurato agli investitori internazionali sull’irreversibilità della moneta unica, ha reso l’euro una valuta rifugio. Allo stesso tempo ha evitato una grave crisi sistemica, abbassando gli spread sovrani, e il break-up dell’eurozona. Feldstein ritiene che un euro debole non aiuterebbe l’eurozona a uscire dalla crisi, a causa delle forti divergenze tra le varie economie interne, anche se rilancerebbe l’export (50% del commercio dell’intera area). Secondo l’economista americano, la BCE potrebbe svalutare l’euro solo con interventi diretti sul mercato dei cambi, vendendo la propria moneta rispetto a un basket di valute estere, ma questa ipotesi appare altamente improbabile.
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