«Lo stage non è lavoro!»: i giovani senza diritti chiedono la riforma del tirocinio

Teresa Maddonni

01/05/2021

02/12/2022 - 11:03

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“Lo stage non è lavoro!“: è il nome della petizione online a supporto della proposta di riforma del tirocinio e dell’apprendistato dei Giovani Democratici di Milano depositata in Parlamento. Nel giorno della Festa dei lavoratori parliamo degli stagisti, giovani senza diritti nel limbo della precarietà, con il segretario GD di Milano Paolo Romano.

«Lo stage non è lavoro!»: i giovani senza diritti chiedono la riforma del tirocinio

“Lo stage non è lavoro!“ Non è uno slogan, ma è un urlo di protesta, quello che arriva dai giovani precari, sfruttati, dagli stagisti, i lavoratori non lavoratori del nostro tempo. Un urlo di protesta che arriva dai Giovani Democratici di Milano con la loro proposta di legge di riforma dello stage e dell’apprendistato depositata qualche settimana fa alla Camera.

È l’urlo che arriva dai tantissimi giovani con esperienza e competenza che a trent’anni passano da uno stage extracurriculare all’altro per unvola paga da fame.

Lo stage non è lavoro per Sandra, stagista alla soglia dei trent’anni per una grande multinazionale del Nord. Lavora 12 ore al giorno, anche il sabato, per un rimborso spese da 900 euro al mese. La sua condizione è quella di moltissimi giovani senza futuro, trottole nel mercato del lavoro dominato dallo stage, senza la certezza di una prospettiva e di un contratto.

Senza diritti, questi giovani non possono ribellarsi perché alla fine lo stage resta l’unica speranza: “forse stringendo i denti, aggiungendo quest’esperienza al curriculum qualcosa di buono può arrivare” si dicono.

Nella giornata in cui si celebra la Festa dei lavoratori abbiamo deciso di parlare proprio degli stagisti, lavoratori nell’ombra, parte di una generazione bistrattata e umiliata, ma che rappresenta il futuro del Paese.

Lo abbiamo fatto con Paolo Romano, segretario dei Giovani Democratici di Milano, il gruppo di attivisti della città metropolitana che ha elaborato il progetto di riforma dello stage e dell’apprendistato.

Lo stage non è lavoro: la proposta di riforma

“Lo stage non è lavoro, vogliamo diritti!” è la petizione online che i Giovani Democratici di Milano hanno lanciato su Change.org settimane fa, una raccolta firme che ha superato le 40mila sottoscrizioni e che nasce a supporto della proposta di riforma dello stage e dell’apprendistato depositata alla Camera.

“Circa due anni fa nei Giovani Democratici c’erano una serie di persone in stage e abbiamo deciso di affrontare il tema.”

Ci spiega Paolo Romano, il segretario dei GD di Milano:

“Nell’arco di circa un anno e mezzo abbiamo studiato la normativa italiana e quelle europee. Abbiamo analizzato i dati ANPAL sulla crescita degli stage extracurriculari in Italia molto forte dal 2014 a oggi.”

Gli stage extracurriculari, quelli da svolgere alla fine del percorso di formazione universitaria o per il reinserimento nel mondo del lavoro, sono aumentati moltissimo, si parla di quasi 400mila attivazioni l’anno.

“Abbiamo avuto la dimostrazione che lo stage è uno strumento molto abusato per entrare nel mondo del lavoro dopo la laurea, ma anche che esiste purtroppo una fetta molto rilevante non solo di over 30, ma anche di over 40 e over 50 in stage, una fetta che percentualmente non è maggioritaria, ma comunque rilevante in termini numerici. Parliamo di alcune di decine di migliaia di attivazioni.”

I GD di Milano hanno così realizzato un questionario destinato proprio a stagisti e apprendisti riuscendo a raggiungere oltre 1.300 compilazioni.

“È emersa con molta forza una situazione di stage che nel 50% dei casi partiva con la finalità dell’assunzione - ci spiega Romano - ma solo nel 10% dei casi si arrivava a un’assunzione nella stessa azienda in cui era stato attivato.”

I giovani attivisti hanno deciso così in primo luogo, per dare risonanza al loro progetto, di raccogliere quelle storie sulla pagina Facebook Lo stagista frust(r)ato. Qui le testimonianze dei giovani stagisti precari e sfruttati sono state riportate in modo anonimo nelle amare card Stage Horror Stories.

“Abbiamo così iniziato a elaborare una proposta di riforma da subito con esponenti di diversi partiti. Il primo incontro è stato con Chiara Gribaudo, deputata del Partito Democratico, con la quale abbiamo scritto un pezzo di riforma. Abbiamo sentito anche Fratelli d’Italia, un esponente del Movimento 5 Stelle e un esponente di Italia Viva, Massimo Ungaro che ci ha dato una grande mano (esiste un Pdl Ungaro depositato di riforma del tirocinion.d.r.). Sin da subito abbiamo avuto un approccio largo perché abbiamo avvertito quello dello stage come un problema generazionale. La proposta è stata elaborata anche confrontandoci con le realtà sindacali per arrivare così al testo finale di riforma coordinata di stage e apprendistato insieme.”

C’è stata poi la petizione online con la raccolta firme con tutta la campagna comunicativa del caso. Le proposte di modifica dell’apprendistato di GD Milano sono state raccolte a livello parlamentare da Chiara Gribaudo che le ha trasformate in un Pdl. Una proposta di legge firmata da PD, 5Stelle, LeU, Italia Viva e più Europa, ci spiega Romano. Il Pdl è depositato alla Camera e al momento è in attesa di essere calendarizzato.

“La parte di riforma dello stage è quella predominante dal punto di vista della giustizia sociale,- continua Romano - abbiamo lavorato per inserirla con una serie di emendamenti nel Pdl Ungaro, un Pdl che esiste già, depositato che però riguarda i tirocini curriculari. Noi con le nostre proposte vogliamo integrare la parte degli stage extracurriculari. Nel frattempo si è aperta anche una possibilità di interlocuzione con il ministero del Lavoro

Cosa prevede la proposta di riforma dello stage extracurriculare?

Sono due strade parallele come abbiamo visto quella di riforma dello stage e quella dell’apprendistato, ma fortemente unite. Ce lo spiega sempre Paolo Romano:

“Ci sono dei problemi, 400mila stage raddoppiati in 5 anni sono tanti. La nostra riforma fa questo: limita lo stage extracurriculare ai 12 mesi successivi alla consecuzione della laurea: quindi si ha il tirocinio curriculare per fare un esperienza formativa durante l’università, e poi si può svolgere un’esperienza pratica, due al massimo, nell’anno successivo. Le aziende che utilizzano lo stage in maniera corretta non perderanno nulla, coloro che verranno danneggiati sono quelli che cercano lo stagista con esperienza.”

Quello a cui si riferisce Romano è principalmente lo stage extracurriculare per il reinserimento lavorativo, quello che ingabbia i trentenni portandoli spesso a passare da uno tirocinio all’altro.

In Italia infatti non esiste solo lo stage extracurriculare formativo, nei 12 mesi dopo la laurea, ma anche quello per il reinserimento nel mercato del lavoro per i disoccupati, inoccupati o a rischio disoccupazione il che determina che persone in una situazione di precarietà lavorativa anche con esperienza e formazione si ritrovino a prestare la loro competenza a basso costo.

Il web è pieno d’altronde di annunci di stage per chi abbia esperienza laddove il tirocinio non deve essere strumento di abuso, sfruttamento del lavoro a basso costo da parte delle aziende, ma formazione.

Deve anche fornire la possibilità di inserirsi in modo stabile nell’azienda e nel mercato del lavoro, e non di certo come lavoratore usa e getta.

Con la proposta di riforma dei Giovani Democratici si vuole scongiurare la possibilità di prendere un giovane stagista a 500 euro al mese per una posizione semimanageriale.

Ricordiamo che lo stage o tirocinio extracurriculare è disciplinato dalle Regioni e dalle Province autonome anche se a livello nazionale sono comunque definiti degli standard minimi comuni contenuti nelle "Linee guida in materia di tirocini" fissate con l’accordo del 25 maggio 2017 nella Conferenza Stato-Regioni. Sono le Regioni pertanto a stabilire l’importo del rimborso spese del tirocinio che nel Lazio per esempio è di 800 euro. Il contributo minimo non può comunque scendere al di sotto dei 300 euro.

Romano ci spiega anche come la loro proposta vuole riformare l’apprendistato:

“Apprendistato meno burocratico, meno costoso e più efficiente. Facciamo quattro cose con l’apprendistato: meno burocrazia (in Italia oggi è più facile attivare un contratto a tempo indeterminato che un apprendistato) e chiediamo ad ANPAL un’unica piattaforma online comune in cui le Regioni si accrediteranno con i loro uffici del lavoro con passaggi chiari e uguali per tutti. In molte Regioni a oggi servono 12 passaggi per attivare un apprendistato. Vorremmo inoltre che i tassi di conversione delle aziende siano disponibili e quindi capire quanti contratti di apprendistato sono stati trasformati in indeterminato per premiare quelle che usano l’apprendistato per assumere e punire quelle che lasciano a casa il lavoratore quando gli sgravi terminano alla fine del contratto. Inseriamo poi due finestre di uscita per le aziende a un terzo e a due terzi del percorso di apprendistato. Alla fine del primo e del secondo anno.”

E aggiunge Romano:

“Capiamo che le aziende possono trovarsi in difficoltà, ma queste finestre non possono essere date impropriamente e quindi le facciamo pagare. Questo vuol dire che se utilizzi la prima finestra devi restituire l’80% degli sgravi che lo Stato ti aveva assegnato, se utilizzi la seconda il 60, se alla fine dell’apprendistato, quindi quando questo è stato completato, non lo trasformi devi restituire il 40, se invece lo trasformi a tempo indeterminato l’azienda mantiene tutti gli sgravi che poi si sommano con quelli delle assunzioni per i giovani under 35.”

In Italia così come sono pensati oggi lo stage extracurriculare e l’apprendistato chiaramente non funzionano se alla fine l’inserimento lavorativo nell’azienda in cui lo stagista o apprendista è stato formato non avviene.

“È ridicolo che anche le statistiche nazionali, e questo è un atto di accusa ad ANPAL, riportino come trasformazione positiva il passaggio da stage ad apprendistato. Volendo considerare anche come positivo il passaggio da stage ad apprendistato notiamo tuttavia che 6 mesi dalla fine di uno strage extracurricurale in Italia meno del 20% delle persone sono impiegate in quella stessa azienda con contratto di apprendistato o a tempo indeterminato: 9% in apprendistato e 10% a contratto a tempo indeterminato, meno di 1 su 5.”

E aggiunge:

“ANPAL ci dice quante persone sono assunte a 6 mesi dalla fine di uno stage in generale, ma se ho fatto lo stage in un’azienda e dopo vengo assunto in un’altra vuol dire che lo stage non è servito al mio inserimento lavorativo. Il dato che si dovrebbe invece tenere presente è quello che indica quante persone sono assunte da un’azienda dopo aver svolto uno stage nella stessa. Il dato è meno di 1 su 5, un dato tragico, perché vorrebbe dire che servono 5 tentativi, e quindi 5 stage, per avere un posto di lavoro.”

Ho trent’anni, sono una stagista e lavoro 12 ore al giorno per pochi euro

“Sono Sandra, ho trent’anni, sono una stagista e lavoro 12 ore al giorno per pochi euro.” Così si potrebbe riassumere la storia di Sandra (nome di fantasia) che ci ha raccontato la sua esperienza e che si inquadra perfettamente nel meccanismo che Romano dei Giovani Democratici ci ha raccontato e che ha portato a voler chiedere a gran voce la riforma dello stage extracurriculare.

Sandra lavora in una grande multinazionale che quasi sfiora i 1.000 dipendenti nel Nord del Paese, ha trent’anni, una laurea, è giovane e spera davvero che dopo questo stage - dopo il primo curriculare sempre per la stessa azienda - possa essere inserita in maniera stabile nell’organico.

Lavora 12 o anche 13 ore al giorno andando oltre le 8 previste, a volte lavora anche di sabato che nel suo contratto di stage, se contratto si può chiamare, non sarebbe previsto. Lavora così tanto per pochi euro al mese.

Quando lavora oltre orario, il sabato, o la domenica da casa, non le viene riconosciuto un compenso aggiuntivo per lo straordinario né è coperta dall’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Dovrebbe lavorare in ufficio, ma il suo lavoro la vuole sul campo quindi rischia molto di più.

Eppure lei si ritiene fortunata perché molti suoi colleghi o amici nella stessa condizione guadagnano molto meno, e poi, dice che questo lavoro la sta formando. La sua, come ci spiega, è una grande azienda che fa tantissimo affidamento sugli stagisti e infatti ne sono oltre 20.

È questo il sistema che si vuole distruggere con la richiesta di riforma dello stage extracurriculare dei GD di Milano: il ricatto che anche se fatta di sfruttamento quella esperienza sarà una voce in più da aggiungere sul curriculum per una successiva ricerca di lavoro fatta di disperazione, senso di incertezza e paura.

“Il curriculum non è una forma di pagamento. Non possono essere prese dalla politica come un elemento sostitutivo per l’inserimento nel mondo del lavoro.”

La storia di Sandra infatti è quella di tantissimi giovani in Italia, di un meccanismo di uso e abuso dello stage extracurriculare anche in età avanzata.

“Lo stage extracurriculare così usato diventa uno strumento di dumping salariale dello stagista rispetto agli altri lavoratori, di abbassamento del costo del lavoro, e di sfruttamento di quella che dovrebbe essere solo formazione, perché lo stage non è un contratto di lavoro.”

Osserva il segretario dei Giovani Democratici di Milano che aggiunge:

“Si tratta di un accordo di formazione, ma usato per avere lavoro a basso costo, massima flessibilità sostituendo le mansioni più rutinarie così da poter fare dumping salariale nella stessa azienda. Se l’azienda prende uno stagista facendolo di fatto lavorare e pagandolo 500 euro la capacità di contrattazione degli altri lavoratori su straordinari e stipendi cambia, non funziona più, perché si diventa sostituibile.”

Romano ci porta una chiara testimonianza di stage usato impropriamente per sfruttare il lavoro a basso costo:

“Abbiamo visto una multinazionale che avendo più di una controllata all’interno della holding principale, per scavalcare il limite del massimo di due stage all’interno della stessa azienda, ha fatto lavorare la stessa persona nella stessa azienda cambiando di volta in volta le diverse società della stessa. Questa persona ha lavorato per più anni quindi con lo stesso capo e facendo le stesse mansioni essendo inquadrata in uno stage diverso in una società diversa ogni volta.”

E conclude:

“C’è un problema di coscienza sociale delle aziende, ma non possiamo essere così ingenui da pensare che se uno strumento è così facile da usare impropriamente nessuno alla fine lo usi.”

C’è una speranza concreta per la riforma dello stage?

Il percorso parlamentare per giungere alla riforma dello stage, trasformando concretamente la proposta, è lungo, ma i giovani attivisti sono motivati e fiduciosi.

“Abbiamo buone speranze perché l’ascolto da parte del PD è stato forte e poi c’è l’interlocuzione ministeriale. La capacità che quelle proposte siano tramutate in realtà dipenderà anche dalla risonanza mediatica che avrà la questione. Noi abbiamo fatto tutto da soli ed è il motivo per cui abbiamo parlato con tutte le forze politiche.”

E aggiunge Romano lanciando un appello:

“Noi oggi abbiamo portato avanti questo percorso per dimostrare che l’Italia può essere un Paese nel quale impegnandosi, studiando, leggendo i dati, proponendo e arrivando nei luoghi della democrazia, e quindi in Parlamento, le cose si possano cambiare. Lo abbiamo fatto perché volevamo dimostrare che non è vero che questo Paese è fallito e che la politica non rappresenta più niente e nessuno.”

E conclude:

“Oggi abbiamo avuto la risposta, ma se tra due anni saremo ancora qui senza una legge approvata che riformi lo stage e l’apprendistato, se le cose non cambiano, non rimarremo a fare i portatori d’acqua a una politica che non ci ha ascoltati, ma saremo nelle piazze. Siamo stanchi di essere noi giovani quelli che hanno il debito pubblico, che hanno l’università, scuola e mondo del lavoro che non funzionano. Noi siamo qua a chiedere diritti che ci dovevano già essere riconosciuti, e se non accadrà presto alzeremo la voce.”

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