Spread, cos’è e come funziona (in parole semplici)

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10 Ottobre 2024 - 14:58

Avrai sentito parlare di Spread Btp-Bund, ma cosa significa, come si calcola e, soprattutto, che impatto ha sull’economia? Ecco una guida semplice per tutti.

Spread, cos’è e come funziona (in parole semplici)

Se ne parla spesso, ma per molti italiani non è chiaro di cosa si tratti e a cosa si riferisca, precisamente, il termine «spread». Dopo la crisi economica e gli effetti sullo spread Btp-Bund nel 2008, periodicamente se ne torna a parlare - soprattutto quando viene registrato un aumento - in toni allarmistici.

Ma cosa vuol dire spread e qual è l’impatto sulla nostra economia? Diciamo subito che si tratta di un differenziale. “Spread”, infatti, è una parola inglese che in italiano possiamo tradurre come “differenza”. Ma dietro a questa differenza c’è un mondo politico-economico da conoscere per individuare dinamiche, rischi e conseguenze. Ecco tutto quello che c’è da sapere.

Cos’è lo spread: significato e definizione

Il termine «spread» indica, come detto, una differenza di rendimento tra due titoli di stato, solitamente considerati di diversa affidabilità creditizia. Il caso che ci interessa da vicino è lo spread tra i BTP italiani (Buoni del Tesoro Poliennali) e i Bund tedeschi. Ma cos’è esattamente lo lo spread Btp-Bund?

Con il termine spread viene indicata la differenza di rendimento fra i BTP, i titoli di stato italiani a 10 anni, e i Bund, i titoli di stato tedeschi, anch’essi a 10 anni. Di norma, gli operatori finanziari considerano questa differenza come fortemente indicativa della solidità dell’economia di una nazione.

In parole semplici, quando si parla di spread in ambito economico e finanziario, ci si riferisce alla differenza tra il tasso di interesse che il governo di uno Stato deve pagare per emettere i suoi titoli di debito e quello di un altro Paese, spesso più sicuro e stabile. In Europa, il Bund tedesco è considerato il titolo di riferimento per eccellenza, dato che la Germania viene ritenuta uno Stato solido con un basso rischio di insolvenza. Il BTP italiano, invece, è percepito come più rischioso, soprattutto in periodi di instabilità politica ed economica.

Il valore dello spread è quindi espresso in punti base: 1 punto base corrisponde a 0,01%. Ad esempio, se lo spread tra i titoli italiani e tedeschi è di 150 punti base, significa che il rendimento dei BTP italiani è superiore di 1,50% rispetto ai Bund tedeschi. In parole povere, più lo spread è alto, più è costoso per l’Italia prendere in prestito denaro rispetto alla Germania. Più lo spread diminuisce, più l’Italia è valutata come uno Stato credibile e sicuro.

Seppure il concetto di fondo sia semplice, meno immediato è comprendere in modo approfondito quali effetti può provocare sui mercati e sulla fiducia del Paese un innalzamento dello spread.

Differenza tra spread, titoli di stato e debito pubblico

Lo spread è strettamente collegato ai titoli di stato, ma è importante fare chiarezza sulle differenze tra questi concetti, soprattutto per chi non è un esperto di economia.

  • I titoli di stato sono strumenti di debito emessi dal governo di un Paese per finanziare il proprio debito pubblico o altre spese statali. Quando uno Stato ha bisogno di liquidità, emette titoli, come i BTP in Italia, che promettono ai detentori un rendimento, ossia un interesse che riceveranno alla scadenza del titolo o attraverso cedole periodiche.
  • Il debito pubblico, invece, rappresenta l’insieme delle obbligazioni che lo Stato ha nei confronti dei suoi creditori, inclusi i titolari dei titoli di stato. Ogni volta che un governo emette nuovi titoli, sta aumentando il proprio debito, che dovrà ripagare con gli interessi.

Lo spread entra in gioco perché riflette quanto più o meno costoso è il finanziamento del debito per uno Stato rispetto ad un altro.

Un Paese con alto debito pubblico e un’economia instabile sarà considerato più rischioso dai mercati, e quindi dovrà offrire rendimenti più alti per convincere gli investitori a comprare i suoi titoli. È qui che lo spread sale, perché il divario tra il tasso d’interesse dei titoli di questo Stato e quelli di uno più sicuro si amplia.

Come funziona lo spread?

Il funzionamento dello spread è relativamente semplice, ma coinvolge diversi attori economici e fattori macroeconomici. Quando i governi emettono titoli di stato, li offrono sul mercato a un determinato tasso di interesse, che varia in base a diversi fattori: il livello di fiducia che gli investitori hanno nel Paese, il suo rating di credito, e la domanda per i suoi titoli.

Il rendimento di un titolo di stato è inversamente proporzionale al suo prezzo di mercato: quando il prezzo di un titolo sale, il suo rendimento scende, e viceversa. Lo spread tra i rendimenti dei titoli di due Paesi, quindi, rappresenta la differenza nella percezione di rischio tra di essi. Se gli investitori percepiscono che l’Italia è più rischiosa rispetto alla Germania, esigeranno un tasso di interesse più alto per acquistare BTP rispetto ai Bund, facendo aumentare lo spread.

Il livello dello spread è monitorato costantemente dai mercati finanziari perché dà un’indicazione della salute economica di un Paese.

  • Se lo spread è basso, significa che i mercati hanno fiducia nel governo e nella sua capacità di ripagare il debito.
  • Se lo spread è alto, invece, indica sfiducia e preoccupazione, con il rischio che il Paese possa incontrare difficoltà nel finanziarsi sui mercati.

Lo spread tra i BTP italiani e i Bund tedeschi rappresenta il margine di rischio che chi investe deve accettare nel momento in cui presta dei soldi all’Italia, calcolato tenendo come riferimento lo stesso margine di rischio qualora quegli stessi soldi venissero prestati alla Germania.

A cosa serve, quindi, lo spread?

Lo spread ha diverse funzioni chiave all’interno del sistema economico e finanziario. Potremmo dire che assume dei significati differenti a seconda degli attori che lo valutano e delle dinamiche di mercato che si devono affrontare.

Per gli investitori

  • Come detto, per gli investitori, lo spread è un parametro essenziale per valutare i rendimenti attesi dai titoli di stato rispetto al rischio assunto. Gli investitori internazionali, come fondi pensione o fondi d’investimento, devono bilanciare rendimento e rischio nei loro portafogli. Un BTP con uno spread alto può sembrare attraente per il suo alto rendimento, ma comporta anche un rischio più elevato. Se un investitore ritiene che un Paese possa non essere in grado di ripagare il debito, o che vi sia il rischio di instabilità politica o economica, potrebbe preferire titoli di stati più sicuri, come il Bund tedesco, anche se con rendimenti più bassi.

Per i governi

  • Per i governi, lo spread è un indicatore cruciale del costo del proprio indebitamento. Un Paese che emette titoli di stato con uno spread elevato dovrà offrire tassi di interesse più alti agli investitori per convincerli ad acquistare quei titoli. Questo aumenta il costo del debito pubblico, con conseguenze dirette sui bilanci statali. Un governo con un alto spread dovrà destinare una parte maggiore del suo budget al pagamento degli interessi sul debito, sottraendo risorse a settori essenziali come sanità, istruzione o infrastrutture.

Per le istituzioni internazionali

  • Infine, le istituzioni internazionali come la Banca Centrale Europea (BCE) o il Fondo Monetario Internazionale (FMI) utilizzano lo spread per valutare la stabilità finanziaria di un Paese. Se uno Stato membro dell’Eurozona vede il suo spread aumentare significativamente, ciò potrebbe indicare una potenziale crisi economica o finanziaria che potrebbe avere ripercussioni a livello europeo. In questi casi, le istituzioni sovranazionali possono intervenire con politiche monetarie o fiscali per stabilizzare la situazione.

Cosa fa salire e scendere lo spread

Se abbiamo, per ora, chiarito l’effetto, va individuata anche la causa. Ci sono diversi fattori che influenzano l’andamento dello spread, facendolo salire o scendere in base al periodo e alla situazione socio-economica ma anche politico-finanziaria di un Paese.

Stabilità politica

  • La stabilità politica di un Paese è uno dei principali fattori che influenzano lo spread. Quando un Paese affronta crisi politiche, governi instabili o elezioni incerte, lo spread tende a salire. Gli investitori percepiscono il rischio che le politiche economiche possano cambiare in modo improvviso, compromettendo la capacità del Paese di gestire il proprio debito.

Situazione economica

  • La crescita economica è un altro elemento cruciale. Se l’economia di un Paese rallenta o entra in recessione, gli investitori temono che il governo possa avere difficoltà a ripagare il debito, portando ad un aumento dello spread. Al contrario, quando l’economia è in salute, lo spread tende a ridursi.

Decisioni delle banche centrali

  • Le decisioni della Banca Centrale Europea (BCE) o di altre banche centrali influiscono in modo significativo sullo spread. Se la BCE riduce i tassi di interesse o implementa politiche di acquisto di titoli (come il Quantitative Easing), il costo del debito diminuisce, riducendo lo spread. Al contrario, politiche restrittive possono farlo aumentare.

Fiducia dei mercati

  • La fiducia degli investitori gioca un ruolo chiave. Notizie negative sull’Italia o su altri Paesi in difficoltà possono causare panico sui mercati, facendo salire lo spread. Lo spread tende anche a riflettere i cambiamenti nei rating di credito assegnati dalle agenzie di rating come Moody’s, Fitch e S&P.

Come si calcola lo spread

Una volta definito a grandi linee cos’è lo spread, è utile capire come viene calcolato questo differenziale. Prendendo come esempio il nostro spread Btp-Bund. Per ottenere lo spread Btp-Bund viene preso un Btp con scadenza a 10 anni e si calcola quale sarà il suo rendimento al giorno della scadenza. Poi si prende un Bund a 10 anni e, allo stesso modo, si calcola quale sarà il rendimento a scadenza.

A questo punto abbiamo due valori: il rendimento del titolo italiano a 10 anni a scadenza e il rendimento del titolo tedesco a 10 anni a scadenza. Per completare il calcolo dello spread Btp-Bund, occorre fare la differenza (ovvero “spread”) tra il rendimento del Bund e il rendimento del Btp. Per il calcolo dello spread Btp-Bund vengono presi i rendimenti di entrambi i titoli in tempo reale, rispetto al prezzo pagato all’acquisto dei titoli.

Tecnicamente, si tratta di sottrarre il rendimento del titolo di stato considerato più sicuro (il Bund tedesco, nel caso dell’Eurozona) dal rendimento di un altro titolo di stato (nel caso italiano, il BTP a 10 anni). Il risultato è espresso in punti base, dove 100 punti base corrispondono a una differenza di rendimento dell’1%.

Facciamo un esempio pratico per chiarire meglio: supponiamo che il rendimento del BTP italiano a 10 anni sia del 4%, mentre il rendimento del Bund tedesco della stessa durata sia dell’1%. La differenza tra questi due rendimenti è 3%. Questo valore corrisponde a 300 punti base. Ciò significa che lo spread tra il BTP e il Bund è di 300 punti base, o 3%. Questo numero è indicativo del premio al rischio richiesto dagli investitori per comprare titoli italiani anziché tedeschi.

Perché si utilizza la scadenza decennale? Il motivo è presto detto: si tratta di quella più utilizzata come punto di riferimento dai mercati finanziari perché rappresenta una finestra temporale sufficientemente lunga da riflettere le dinamiche economiche e politiche di un Paese.

Inoltre, è importante capire che lo spread non è fisso, ma varia costantemente in base all’andamento dei mercati finanziari, alle politiche economiche e monetarie adottate dai governi e alle percezioni degli investitori.

Cosa significa quando lo spread Btp-Bund aumenta

Definendo come si calcola lo spread Btp-Bund abbiamo visto quanto sia importante il valore dei rendimenti sia per il titolo italiano e quello tedesco e immaginiamo, dunque, che il valore dello spread possa cambiare a seconda delle variazioni del rendimento del Btp, del Bund o di entrambi.

Se lo spread tra il rendimento del Btp a 10 anni e quello del Bund a 10 anni aumenta, tutti ne parlano con toni di allerta. Questo significa che l’Italia dà un rendimento più alto sui suoi titoli rispetto a quanto dà la Germania sui Bund con la stessa scadenza.

Se da una parte per l’investitore che ha in portafoglio i Btp italiani è una notizia positiva l’aumento dello spread Btp-Bund - perché significa che avrà un maggior ritorno una volta scaduti - dall’altra il fatto che lo spread aumenti non è un buon segnale per lo Stato italiano.

L’aumento dei rendimenti dei Btp vuol dire che l’Italia è diventata un’economia più “pericolosa”, e aumenta il rischio che il Paese non sia in grado di ripagare i detentori dei Btp una volta giunti a scadenza.

Quando l’Italia, per una serie di eventi, inizia ad essere considerata un Paese poco sicuro o affidabile, i rendimenti dei titoli di Stato aumentano perché altrimenti nessuno vorrebbe investire e prestare soldi all’Italia attraverso i Btp - che altro non sono che delle richieste di prestito da parte dello Stato verso gli investitori.

L’aumento dello spread Btp-Bund indica il fatto che l’Italia, per ricevere dei prestiti, è costretta ad offrire un tasso di interesse più alto, e quindi il costo dei prestiti che riceve aumenta.

I rendimenti che l’Italia offre vanno tutti a finire nel debito pubblico. Quindi, meno sicura è l’Italia più lo Stato dovrà offrire un rendimento più alto per vendere i Btp, più il rendimento sale, più costoso diventa per l’Italia ripagare i Btp a scadenza, più aumenta il costo dei Btp per le casse italiane e più aumenta il debito pubblico.
Ecco perché l’Italia trema quando lo spread Btp-Bund sale.

Attenzione, però: lo spread Btp-Bund è una differenza tra due rendimenti.
Quindi, lo spread può aumentare sia quando aumenta il rendimento del Btp italiano sia quando diminuisce il rendimento del Bund tedesco. Il rendimento del Bund solitamente scende quando aumenta la domanda del mercato, fenomeno che si verifica quando il mercato è fortemente incerto e gli investitori corrono a cercare “rifugio” negli asset sicuri come il titolo di stato della Germania.

Le conseguenze dell’aumento dello spread sull’economia reale

Un aumento dello spread ha conseguenze molto concrete sull’economia reale, poiché influisce non solo sui bilanci dello Stato, ma anche sulle condizioni di vita dei cittadini, sull’attività delle imprese e sul costo del credito.

Aumento del costo del debito pubblico

  • Una delle principali conseguenze di uno spread elevato è l’aumento del costo del debito pubblico. Quando lo spread cresce, il governo deve pagare interessi più alti per emettere nuovi titoli di stato o rifinanziare quelli esistenti. Questo comporta una maggiore spesa per il pagamento degli interessi sul debito, che potrebbe assorbire risorse preziose da destinare a settori chiave come la sanità, l’istruzione o le infrastrutture.

Impatto sul credito alle imprese e ai privati

  • Uno spread alto non colpisce solo lo Stato, ma si ripercuote anche sull’economia privata. Quando i tassi di interesse sui titoli di stato aumentano, le banche che acquistano questi titoli devono offrire tassi più alti per coprire i costi, il che si traduce in un aumento dei tassi di interesse sui prestiti a famiglie e imprese. Questo rende più costoso per le aziende ottenere finanziamenti per investimenti, espansione o nuovi progetti, riducendo la crescita economica.

Diminuzione degli investimenti

  • Con un aumento dello spread, anche gli investitori stranieri tendono a ritirarsi dal mercato di un Paese considerato rischioso. Questo riduce il flusso di capitali verso l’economia nazionale, limitando le opportunità di sviluppo e di innovazione. Le imprese, con meno accesso al credito e meno investimenti esterni, potrebbero essere costrette a ridurre la produzione o addirittura chiudere (nei casi più estremi).

Riduzione del potere d’acquisto

  • L’aumento dei tassi di interesse può riflettersi anche sui mutui e sui prestiti concessi ai consumatori, rendendo più costoso il credito al consumo. Questo comporta una riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, poiché una parte maggiore del loro reddito sarà destinata al pagamento degli interessi sui prestiti. Inoltre, la minore disponibilità di denaro da spendere può portare a un calo della domanda interna, aggravando ulteriormente la situazione economica.

L’andamento dello spread italiano negli ultimi anni: i punti cadine

L’andamento dello spread italiano negli ultimi 20 anni è stato caratterizzato da momenti di forte instabilità e crisi, alternati a periodi di maggiore tranquillità. Uno dei picchi più noti si è verificato durante la crisi del debito sovrano europeo tra il 2011 e il 2012. In quel periodo, lo spread tra BTP italiani e Bund tedeschi ha raggiunto valori superiori ai 500 punti base, segnalando una grave crisi di fiducia nei confronti dell’Italia e della sua capacità di ripagare il debito pubblico.

Gli anni della crisi (2008-2012)
La crisi finanziaria globale del 2008, seguita dalla crisi dei debiti sovrani europei, ha messo sotto pressione i Paesi dell’Eurozona con alti livelli di debito pubblico, tra cui l’Italia. Durante questi anni, lo spread è aumentato in maniera significativa, arrivando a toccare il picco massimo di 574 punti base nel novembre 2011.

Questo periodo è stato caratterizzato da forti incertezze politiche, dimissioni del governo Berlusconi e il successivo insediamento del governo tecnico guidato da Mario Monti, incaricato di implementare misure di austerità per stabilizzare i conti pubblici.

Dopo la crisi (2013-2020)
Dopo il picco del 2011, lo spread è gradualmente diminuito grazie a una maggiore stabilità politica e a politiche economiche europee più accomodanti, come l’introduzione del programma di acquisto di titoli di stato della BCE (Quantitative Easing) sotto la guida di Mario Draghi. Tuttavia, lo spread non è mai tornato ai livelli pre-crisi, rimanendo comunque al di sopra dei 100 punti base.

La pandemia e le sue conseguenze (2020-2022)
Nel 2020, con lo scoppio della pandemia di COVID-19, lo spread italiano ha subito una nuova impennata, arrivando a superare ampiamente i 200 punti base nella primavera del 2020. Tuttavia, l’intervento della BCE con nuove misure di sostegno economico e il lancio del programma di acquisto per l’emergenza pandemica (PEPP) ha contribuito a riportare lo spread sotto controllo, facendolo scendere intorno ai 100 punti base entro la fine dell’anno.

La situazione attuale
Negli ultimi anni, lo spread italiano ha continuato a essere influenzato da fattori interni, come la situazione politica italiana, e da fattori esterni, come l’evoluzione della politica monetaria della BCE e le tensioni economiche globali. Nel corso dell’autunno del 2022, lo spread ha pericolosamente sfiorato i 250 punti base, segnalando una moderata preoccupazione per la stabilità economica e politica del Paese, ma lontano dai livelli critici del passato. Anche nel corso del 2023 ci sono stati degli episodi di aumenti (intorno a 200) ma non tali da far preoccupare investitori e governi. Nel 2024 lo spread naviga costantemente sotto i 150 punti base, fotografando una situazione stabile e non critica.

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