Le Borse europee affondano, trascinate giù dal settore delle materie prime e bancario. Ecco i perché di questa ondata di vendite: dal petrolio al bail-in e Coco bonds.
Sull Borse europee si sta verificando una nuova ondata di sell-off con particolare riguardo il comparto bancario. I titoli degli istituti di credito di tutta Europa stanno subendo perdite ragguardevoli a causa della nuova spirale ribassista che si sta abbattendo sui mercati.
Sui mercati europei il titolo di Societe Generale guida le perdite, a causa di una trimestrale poco convincente. Stesso discorso per Ubi banca in Italia che oggi è arrivata a toccare ribassi anche nell’ordine del 16%, dopo che i conti hanno rivelato costi più alti delle attese e margini di guadagno al di sotto del consenso.
In Germania, le azioni di Deutsche Bank stanno nuovamente sprofondando dopo che, nella seduta di ieri, avevano compiuto un rimbalzo di oltre il 10% grazie alla notizia diffusa dai media che parlava di un possibile buyback (riacquisto) di bond della banca tedesca. I bond di cui si parla sono i Coco bond, una forma di finanziamento delle banche sono in sostanza obbligazioni convertibili e sono alla base dei forti cali delle banche europee in Borsa.
Borse europee: tornano le vendite sul comparto bancario
La seduta odierna dei mercati europei vede il ritorno della spirale ribassista (è possibile seguire in diretta l’andamento dei mercati qui) dopo che ieri gli indici europei erano riusciti a trovare un forte punto di rimbalzo. Le vendite di oggi sono concentrate per lo più sul settore bancario e sul comparto petrolifero, complice il ritorno dei prezzi del petrolio su livelli di allarme.
Il WTI infatti, scambia a quota 26,69$ a barile, mentre il Brent al prezzo di 30,26$ che corrispondono ad un calo rispettivamente del -2,75% e del -1,71%.
Crollo Borse: il petrolio accentua i cali
Il petrolio è una delle fonti di preoccupazione che però riguarda principalmente le banche americane. Negli anni scorsi infatti, il credito facile generato dalla politica accomodante della Federal Reserve, ha permesso alle compagnie petrolifere statunitensi di accumulare debiti piuttosto ingenti per costruire nuove infrastrutture atte alla ricerca dell’oro nero.
Questo fenomeno è stato causato anche dall’aumentato prezzo del petrolio degli anni scorsi, che ha ingolosito le compagnie americane petrolifere, vogliose di guadagnarsi una buona fetta del mercato.
Tuttavia, la sovrapproduzione dell’Opec ha fatto crollare quasi verticalmente le quotazioni del petrolio che stanno mettendo in enorme difficoltà le società petrolifere americane.
Il problema è che i debiti di queste ultime sono detenute dalle banche americane le quali, in caso di fallimenti a catena potrebbero trovarsi in difficoltà e contagiare così gli istituti di credito europei.
Borse europee: le paure del mercato scatenate dal bail-in, trimestrali e Deutsche
Questo però è solo un aspetto del sell-off che si sta verificando ormai da giorni sul comparto bancario europeo. Per quel che riguarda l’Italia, è ormai acclarato che il motivo delle paure dei risparmiatori e degli investitori sta nell’ammontare di crediti deteriorati di cui, al momento, non sembra esserci una decisa soluzione.
Su scala europea invece a preoccupare sono le ultime trimestrali delle banche che hanno mostrato un calo di margini e ricavi dovuti dall’abbassamento dei tassi di interesse della BCE che erodono i guadagni “tradizionali” delle banche e che quindi sono costrette a cercare in investimenti più rischiosi i mancati introiti.
A fomentare i timori degli operatori del mercato, come se non bastasse, è l’entrata in vigore del bail-in che coinvolge così i prestatori di denaro delle banche che, fino a gennaio, erano tenuti fuori da ogni implicazione in eventuali fallimenti bancari. Ad alimentare ancor di più le paure del mercato ci ha pensato Deutsche Bank.
La banca tedesca, dopo aver pubblicato conti shock che hanno evidenziato una perdita di quasi €7 miliardi, è stata protagonista di indiscrezioni che volevano la banca tedesca in difficoltà liquide per pagare le obbligazioni subordinate in scadenza nel 2017.
Da lì, le quotazioni dei CDS sulla banca tedesca sono schizzate a rialzo, mostrando la poca fiducia degli operatori nell’istituto teutonico e mettendo in evidenza delle difficoltà di bilancio di cui, ormai, si sospettava da anni.
Deutsche infatti avrebbe in pancia una quantità enorme di derivati (20 volte il PIL della Germania) tale che, in caso di collasso, trascinerebbe a fondo buona parte dei maggiori istituti di credito a livello internazionale.
Per placare le paure dei mercati, sia il co-CEO della banca, John Cryan, e sia il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schauble, hanno dichiarato pubblicamente che non ci sono motivi per cui allarmarsi.
Al che, nella seduta di ieri, sono cominciate a spargersi voci che volevano Deutsche Bank pronta ad avviare una procedura di riacquisto sui bond emessi, con particolare riguardo quelli di tipo Coco (Contingent Convertible Bonds).
Banche europee: dal bail-out al bail-in
Nel periodo di crisi del 2008, i contribuenti furono chiamati a salvare gli istituti di credito più in difficoltà per evitare in primis di far fallire gli stessi e, in seconda causa, per evitare che pagassero conseguenze gli investitori che avevano prestato soldi a questi intermediari.
L’idea che i creditori delle banche potessero soffrire perdite ingenti, era all’epoca considerata catastrofica perché avrebbe minato la capacità delle banche di potersi rifinanziarie. Nel periodo successivo alla crisi, i politici di tutte le nazioni hanno cercato di rassicurare i contribuenti (quindi chi li vota) che non si sarebbe mai più verificato un episodio simile.
Ed ecco il motivo dell’ingresso del bail-in: a pagare non saranno più i contribuenti ma risparmiatori e creditori delle banche. Questi ultimi in particolare sono i detentori di bond subordinati, convertibili e, se servisse, anche senior. I subordinati, visto quanto accaduto con le banche fallite in Italia, è acclarato che sono alla pari degli azionisti.
I detentori di bond convertibili invece sono di tipo diverso. Le obbligazioni convertibili permettono appunto di convertire i bond in azioni. Ciò, in caso di difficoltà della banca, non permetterebbe il ritorno dell’intero capitale prestato ma, anzi, c’è il rischio che non vi sia alcun ritorno del capitale.
Da lì il sell-off sulle banche. La mancanza di una garanzia statale e la prospettiva di tassi negativi nei prossimi mesi che affossa gli utili degli istituti di credito, ha generato la paura dei risparmiatori e degli investitori che ora non vogliono detenere né azioni e né bond delle banche.
Banche europa: con bail-in ed economia stagnante è difficile finanziarsi
Se i prestatori di denaro delle banche venissero meno nei prossimi mesi, si creerebbe un problema non indifferente visto che gli istituti di credito sono le arterie del sistema economico.
Facendo una metafora medica, se le arterie si intasano il sangue non arriva più dove necessario. Lo scenario quindi si fa molto complicato visto che il contesto economico mondiale non è dei più esaltanti data la complicità di vari fattori.
Banche europee: le ragioni del sell-off
Il petrolio sta mettendo in difficoltà i Paesi produttori che devono fare cassa in qualche modo, come ad esempio i Paesi arabi che potrebbero star liquidando le posizioni dei fondi sovrani.
Il rallentamento della Cina e degli emergenti, ago della bilancia economica in questi anni, stanno mettendo pressione alle materie prime mandando così in difficoltà i produttori di queste. I debiti di queste società sono detenuti dalle banche che devono così far fronte ad una situazione pericolosa senza il sostegno degli Stati.
L’andamento economico stagnante di alcuni Paesi membri dell’Eurozona sta facendo in modo che i crediti deteriorati in pancia alle banche aumentino, richiedendo a queste ultime coperture di capitale che ne distrugge la redditività già segnata dai tassi accomodanti della BCE.
Deutsche Bank in un contesto del genere potrebbe saltare, trascinando con se il sistema bancario non solo europeo ma anche di oltreoceano. Insomma, motivi alla base delle vendite di questi giorni ce ne sono e sono anche molto seri.
Starà ai policy makers (che non stanno dando di certo segnali forti che possano calmare le turbolenze dei mercati) cercare di evitare il peggio.
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