Negli ultimi anni ci siamo abituati ai discorsi riguardo alla possibilità che uno o più paesi lasciassero l’Euro. Termini come Grexit, Spexit, Quitaly sono diventati comuni nel gergo della finanza.
Ultimamente si è anche parlato della possibilità che la Germania esca dall’Euro, l’obiettivo dichiarato dal nuovo partito Alternative für Deutschland. Si tratta di una possibilità che potrebbe avverarsi oppure no, ma serviranno anni per scoprirlo.
Tuttavia, per lasciare la moneta unica esistono tanti modi. Ad esempio, i paesi possono continuare a farne parte, ma può essere la gente a lasciare. E questo è quello che sta accadendo in Europa.
Lasciare l’Euro? Ecco come si fa
L’Europa assiste ad ondate di migrazione di una portata mai vista dal grande esodo del 19° secolo, quando si partiva alla volta dei nuovi mondi in America e Australia.
In un certo senso, questi flussi potrebbero anche far funzionare meglio la moneta unica. Ma lasceranno anche una periferia europea scavata e vuota. Anche se gli acquisti in paesi come Italia o Spagna potessero arrivare ad essere a "buon mercato", gli investitori starebbero ben attenti a comprare da economie destinate al perenne declino.
Quando i tempi sono duri, da sempre, le persone cercano nuovi posti per vivere e si dirigono dove le prospettive sono migliori. Da tre anni ormai, i tempi sono difficilissimi per le economie periferiche d’Europa e non sorprende, dunque, che i movimenti migratori dei cittadini siano diventati così frequenti e numericamente importanti.
Il grande esodo dei nostri giorni: ecco i numeri
Le cifre sono infatti sorprendenti. Rispetto ad un anno fa, l’emigrazione italiana è aumentata di un terzo, arrivando a 79.000 persone. Tradizionalmente, gli emigrati italiani provengono dal sud, ma oggi la grande maggioranza dei migranti italiani è composta da giovani provenienti dal nord e la metà di queste persone ha meno di 40 anni.
Uno studio condotto dal Real Instituto Elcano in Spagna, mostra che il 70% degli spagnoli sotto i 30 anni abbia considerato almeno una volta la possibilità di trasferirsi all’estero. Negli ultimi due anni, il 2% della popolazione portoghese ha lasciato il paese. I numeri sull’emigrazione raddoppiano ogni anno dal 2008. Circa 3.000 persone al mese lasciano l’Irlanda. Alcuni di loro sono polacchi che tornano in patria, la maggior parte però è irlandese.
Quando andarsene è l’unica alternativa
Non è un caso che molti si spostino verso la Germania. Secondo l’ufficio federale di statistica, nell’ultimo anno in Germania sono arrivate oltre un milione di persone, il 13% in più rispetto ad un anno prima. La maggior parte di questi arriva da Spagna, Grecia, Portogallo e Italia. Ma non è tutto, molti infatti si dirigono verso le "mete storiche" del lavoro: il Regno Unito per l’Irlanda, il Sud America per la Spagna e gli Stati Uniti per l’Italia.
Nessuno può essere biasimato per questo, quando nel proprio paese non c’è alternativa. In Grecia, il tasso di disoccupazione degli under-25 è del 62%. In Spagna è del 56%, in Portogallo del 42%. Le economie di questi paesi non lasciano spazio a prospettive future. Probabilmente un giorno le cose andranno meglio, ma con l’Europa ferma in depressione sembra difficile immaginarlo. Se si arriva a 30 anni senza aver mai lavorato, difficilmente si riuscirà ad ottenere un posto di lavoro dopo. Se mai l’economia si riprenderà, toccherà alla prossima generazione prendere il lavoro che verrà creato. Oggi, in circostanze come queste, emigrare è l’unica cosa razionale da fare.
Mobilità del lavoro: il problema delle barriere
In tutta onestà, la migrazione di massa è precisamente ciò di cui ha bisogno la zona Euro per far funzionare la moneta unica. Una delle critiche mosse all’euro al momento del lancio era proprio la mancanza di mobilità sul mercato del lavoro, come negli Stati Uniti.
Mentre un lavoratore dell’Illinois può trasferirsi tranquillamente in California, sarà più difficile per uno che dalla Sicilia passa ai Paesi Bassi.
Le barriere culturali sono enormi. Chiunque si sposti all’interno della zona Euro deve lasciare la propria famiglia, imparare una nuova lingua ed un nuovo stile di vita e non è escluso che al suo arrivo subisca delle discriminazioni. Non è qualcosa che chiunque può affrontare con leggerezza.
Migrazione di massa: pro e contro
Ad ogni modo, in circostanze estreme come quelle attuali, il lavoro inizia a farsi più mobile. In un certo senso, questo contribuirà a riequilibrare l’economia. In Germania i salari caleranno, dato l’elevato numero di lavoratori che confluiscono nel paese. Nei paesi periferici inizieranno ad aumentare, visto il numero inferiore di lavoratori. In quantità limitata, la libera circolazione di persone è un bene per l’economia. Proprio come la libera circolazione di qualsiasi fattore di produzione.
Il guaio è che le persone che se ne vanno lasciano il vuoto nel loro paese. Ovvero, i migranti sono in genere la parte più istruita e i migliori lavoratori. Di conseguenza il problema per l’economia diventa chi rimane.
Peggio ancora, la maggior parte dei paesi periferici dell’Euro vive una condizione demografica preoccupante. Prima della crisi, le popolazioni erano già all’invecchiamento e i bilanci pubblici sotto enorme pressione. Mentre i giovani se ne vanno, la popolazione restante sarà sempre più anziana. Portandosi dietro entrate fiscali e pensioni, il disavanzo pubblico diventerà sempre più grande.
Per decenni, l’Irlanda ha avuto proprio questo stesso problema. Le menti più brillanti e giovani emigravano in Gran Bretagna o negli Stati Uniti; soltanto quando questo processo è stato invertito, l’Irlanda ha preso a fiorire economicamente.
Anche se l’euro riuscisse a sopravvivere -c’è ancora un grande punto interrogativo su questo-, la periferia rimarrà scavata e vuota.
Titoli a buon mercato: ma l’economia dov’è?
C’è una lezione per gli investitori qui, ed è la più preoccupante. Sebbene molti titoli in paesi come Italia e Spagna sembrino a buon mercato rispetto alla media storica, e nonostante possa valere la pena acquistarli, perché l’Euro alla fine sopravviverà, bisogna considerare che queste economie sono destinate al costante declino.
La verità è che se anche la moneta unica fosse rimessa a posto, in queste condizioni e con questi presupposti, le economie della periferia potrebbero non recuperare mai più. È questo quello che andrebbe evitato a tutti i costi.
| Traduzione da MarketWatch: There’s more than one way to leave the euro |
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