L’impatto di Donald Trump sui mercati interessa da vicino anche i produttori di materie prime. Vediamo sei cose sulle quali i produttori devono prestare particolarmente attenzione.
Quale impatto da Donald Trump sulla quotazione delle materie prime?
Nonostante le previsioni catastrofiche fatte dagli osservatori e dagli analisti di tutto il mondo sulle ripercussioni che una eventuale elezione di Donald Trump alla Casa Bianca avrebbe avuto sui mercati, questi per il momento hanno dato prova di saper reggere a qualsiasi contraccolpo. In questo primo mese di presidenza, l’impatto di Donald Trump sui mercati azionari,obbligazionari e delle valute è stato piuttosto forte. Al tempo stesso, le intenzioni di Trump di intervenire sulla regolamentazione dei mercati e sugli accordi commerciali hanno messo in allerta il mondo della finanza e del commercio.
Tra questi vi sono in particolare i produttori di materie prime che nell’ultimo mese hanno cominciato a prestare particolarmente attenzione alle manovre della nuova amministrazione americana in campo commerciale.
In un articolo pubblicato negli ultimi giorni il Financial Times ha riassunto i 6 principali temi che interessano i produttori di materie prime. Vediamo quali sono.
Impatto di Trump sulle materie prime: alluminio e ferro
Nonostante il neo-presidente Trump abbia fatto del ripristino della produzione all’interno dei confini degli Stati Uniti il proprio cavallo di battaglia, il paese difficilmente riuscirà a diminuire la sua dipendenza dall’importazione di materie prime (vedi alluminio e ferro) fondamentali per la produzione.
Circa il 60% del totale dell’acciaio utilizzato negli Stati Uniti risulta infatti essere importato. Renate Cakule, analista presso Wood Mackenzie a tal proposito ha dichiarato che:
“gli Stati Uniti sono particolarmente esposti all’importazione di acciaio. Questo non può essere bloccato. Gli Stati Uniti sarebbero anche in grado di produrre acciaio quanto basta per sostenere la propria produzione, ma la sua produzione è troppo costosa. C’è un motivo per cui Brasile, Russia e Cina siano produttori di acciaio a basso costo”.
Per i produttori di alluminio una delle questioni di maggiore interesse è rappresentata da un eventuale rinegoziamento dell’accordo nordamericano di libero scambio con Canada e Messico, meglio conosciuto come NAFTA. Gli Stati Uniti sono strettamente legati al Canada per quanto riguarda l’approvigionamento di alluminio, e nel caso il NAFTA dovesse subire modifiche il Canada potrebbe decidere di voltargli le spalle.
La produzione di alluminio all’interno degli Stati Uniti lo scorso anno ha toccato il livello più basso da trent’anni a questa parte, con alcune fabbriche che sono state costrette a chiudere i battenti.
Tuttavia le azioni dell’azienda statunitense Alcoa, specializzata nella produzione di alluminio, in questi primi mesi di 2017 sono aumentate di circa il 40%, segno che molti investitori americani stiano sperando in una ripresa della produzione interna.
Impatto di Trump sulle materie prime: oro
Uno degli effetti della vittoria di Donald Trump alle ultime elezioni americane è stato l’aumento del valore dell’oro, attestatosi in questo inizio 2017 intorno al 7%.
Per gli investitori americani i metalli preziosi, su tutti l’oro, rappresenterebbero una sorta di “assicurazione” nei confronti di eventuali effetti “disastrosi” che le politiche di Donald Trump (vedi guerra commerciale con la Cina, tensioni con Iran e Corea del Nord) potrebbero avere sui mercati.
Attualmente gli investitori che hanno puntato sull’oro come valuta di riserva proverrebbero principalmente dall’Europa, questo perché secondo le analisi del fondo BlackRock “gli investitori europei, rispetto a tutti gli altri, sono maggiormente concentrati sulla diversificazione del proprio portafoglio”.
A preoccupare maggiormente gli investitori americani che hanno investito, o sono intenzionati ad investire sull’oro sono gli effetti che gli eventuali aumenti dei tassi di interesse promessi dalla Fed potrebbero avere sul valore del metallo prezioso.
Impatto di Trump sulle materie prime: Dodd-Frank act
Nelle ultime settimane Donald Trump si è detto intenzionato a voler mettere mano al Dodd-Frank act, legge varata da Barack Obama in seguito allo scoppio dell’ultima crisi finanziaria con l’obiettivo di migliorare la tutela degli investitori.
Uno degli effetti dell’entrata in vigore del Dodd-Frank act nel 2010 fu il ridimensionamento da parte di molte banche delle attività finanziarie che riguardavano le materie prime. Questo ebbe un sensibile impatto sul commercio di materie prime all’interno degli Stati Uniti, nonostante il valore di questo si attesti attorno ai 14 miliardi di dollari l’anno.
Negli ultimi due anni alcune banche di Wall Street, tra cui Goldman Sachs, JPMorgan e Citi sono comunque tornate ad investire sulle materie prime, quali gas naturali e metalli. Secondo molti un abrogazione del Dodd-Frank act potrebbe spingere le banche d’affari americane a tornare investire sulle materie prime. Un’indagine fatta dal Senato americano nel 2014 ha evidenziato come il Dodd-Franks conterrebbe almeno cinque disposizioni che limiterebbero le attività finanziarie delle banche nel settore delle materie prime.
Impatto di Trump sulle materie prime: border tax
L’intenzione dell’amministrazione Trump di voler intervenire sulla tassa di frontiera, oltre a riscrivere le regole del commercio internazionale e dei rapporti economici, potrebbe avere un forte impatto sul commercio di materie prime.
Alle aziende, infatti, non sarebbe più consentito dedurre dai propri redditi imponibili il costo delle merci importate, mentre le esportazioni non sarebbero più sottoposte a tassazione.
L’adeguamento della tassa di frontiera porterebbe a un rafforzamento del dollaro, in quanto ridurrebbe la domanda di import e al tempo stesso aumenterebbe la spinta delle esportazioni. Questo potrebbe aumentare la competitività con i produttori non statunitensi di materie prime e ridurre il prezzo di queste ultime, con un conseguente adeguamento del prezzo di metalli ed energia prodotti negli Stati Uniti.
Impatto di Trump sulle materie prime: petrolio
La nuova amministrazione oltre ad aver promesso la riduzione della normativa che riguarda l’industria del petrolio nelle ultime settimane si è mossa per la riapertura dei lavori riguardanti i gasdotti Keystone Pipeline e Dakota Access.
Ad inizio 2017 il valore del petrolio è tornato a crescere attestandosi attorno ai 55 dollari al barile, contro i 30 dollari dello stesso periodo dello scorso anno.
Secondo le previsioni fatte dall’Agenzia Internazionale per l’Energia la tendenza negli Stati Uniti sarebbe quella di un considerevole aumento della produzione di oro nero: da qui a fine 2017 dovrebbe infatti venire prodotto circa mezzo milione di barili di petrolio in più rispetto all’anno precedente. L’AIE ha sottolineato come
“i recenti aumenti delle attività di perforazione lasciano intendere che la produzione di petrolio negli Stati Uniti sia destinata a crescere”.
Impatto di Trump sulle materie prime: agricoltura
Come noto i prezzi dei prodotti agricoli risentono di diversi fattori: il clima, lo sviluppo tecnologico, le fluttuazioni di valuta, la domanda. Le politiche di Donald Trump potrebbero influenzare questi ultimi due fattori.
Secondo alcuni analisti la Casa Bianca potrebbe infatti incidere sulla domanda di mais mettendo mano al Renewable Fuel Standard, requisito federale che riguarda l’utilizzo di biocarburanti. Più di un terzo del raccolto di mais negli Stati Uniti viene utilizzato per la produzione di etanolo e di altri prodotti derivati. Un eventuale intervento di Trump sul commercio degli USA potrebbe inoltre incidere sul flusso di esportazioni agricole degli Stati Uniti, il cui valore stimato per il 2017 si aggira attorno ai 134 miliardi di dollari.
I produttori agricoli devono però prestare attenzione ad eventuali prese di posizione di paesi come Messico e Cina, grandi importatori di grano dagli Stati Uniti, che per vendicarsi delle politiche di Trump potrebbero decidere di ridurre le proprie importazioni.
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