Nuovo triste record per il nostro Paese che, nel vortice della crisi del Governo Letta e dell’aumento IVA al 22% scattato oggi, deve fare i conti con la disoccupazione.
L’ISTAT diffonde i numeri (provvisori) di un Paese in agonia: la disoccupazione giovanile (15-24 anni) ad agosto tocca il 40,1%, +0,4% su luglio e +5,5% su base annua. Il tasso di disoccupazione generale si attesta invece a quota 12,2% (+0,1% su luglio e +1,5% su base annua). Si tratta di un record storico, il livello è il più alto sia delle serie mensili (2004) sia trimestrali (1977).
Nel mese di agosto la disoccupazione cresce sia tra gli uomini (1,7%), sia tra le donne (+1%) rispetto a luglio. Non solo. Anche su base annua l’incremento è considerevole: +18,9% per gli uomini, +9,4% per le donne.
Diminuisce invece il numero di individui inattivi nella fascia 15-64 anni: -0,3% (ad agosto rispetto a luglio) e -0,8% rispetto all’anno precedente.
I NEET rappresentano il 23,9% della popolazione più giovane con picchi che sfiorano il 35% al Sud.
Nel rapporto sul lavoro il Cnel parla di “un’economia, quella italiana, prostrata dalla recessione” e del 2013 come "l’anno peggiore della storia dell’economia italiana, dal secondo dopoguerra”.
Il Cnel spiega che “la situazione è così fragile che non si può sprecare nessuna risorsa né fare mosse sbagliate” e aggiunge che l’Italia “è tra i paesi che meno spendono per le politiche attive”.
Cosa significano questi numeri?
Cosa significano questi numeri per l’Italia? Il nostro Paese è in agonia, ha molte ferite da curare, tante cicatrici che non si rimarginano, perché non lo cura nessuna. Non lo cura la classe politica, che ha il compito storico e morale di condurlo ad una condizione di felice civiltà. D’altronde perché siamo usciti dallo Stato di natura? La società è il pilastro dell’ordine politico, se quella collassa dove andiamo a finire?
Le questioni politiche, che spesso diventano personali, sono sempre più occasionali nella vita degli individui, che non riescono più a vivere una vita decente, a costruirsi un futuro, ad arrivare alla fine del mese.
Tra il sistema formativo e il mercato del lavoro c’è una distanza insormontabile. L’istruzione rappresenta il fulcro per la crescita della produttività e dell’economia eppure si assiste sempre più al fenomeno dell’over-education: sempre più laureati fanno lavori da diplomati e i giovani sono sempre più working poor, disperati e disposti a tutto, anche a condizioni lavorative ridicole, pur di entrare nel mercato del lavoro, fare esperienza, iniziare un percorso professionale. L’Italia ad un passo dal baratro?
Grafico elaborato da Linkiesta su dati AlmaLaurea
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