Investimenti: quali rischi per i mercati nel 2021?

Pierandrea Ferrari

01/01/2021

12/04/2021 - 13:59

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Calato il sipario su un anno che ha stravolto l’economia globale, in cui mercati azionari hanno retto l’urto grazie al sostegno delle banche centrali, si apre ora la partita per il 2021: quali sono i rischi per gli investitori?

Investimenti: quali rischi per i mercati nel 2021?

Il 2020, anno pandemico che ha tramortito a più riprese l’economia reale, è ormai finito.

Ad uscirne indenni i mercati azionari, ampiamente supportati dai Qe anti-Covid e dell’atteggiamento “dovish” delle banche centrali sui tassi d’interesse, con gli investitori che hanno abbandonato il mercato obbligazionario e cavalcato il trend rialzista delle piazze finanziarie.

Appigli per continuare a sperare in ulteriori congiunture favorevoli nel corso del prossimo anno non mancano: a tutte le latitudini è infatti atteso un rimbalzo dell’economia, e gli interessi ai minimi sui bond dovrebbero alimentare ancora il rialzo delle quotazioni. Ma a guardare bene, tra le pieghe dell’ottimismo si nascondono alcune minacce che potrebbero spegnere le ambizioni degli investitori: di seguito i 5 rischi principali del 2021.

1. I mercati temono un aumento dei tassi d’interesse

Come accennato, gli analisti tendono a concordare sul fatto che le banche centrali continueranno a mantenere ai minimi i tassi d’interesse, poiché l’inflazione non ha superato al momento la soglia di guardia. Ciò non toglie che l’ipotesi di un aumento dei tassi – sebbene remota, soprattutto nel breve termine – sia sufficiente a turbare il sonno degli investitori.

A pagarne il conto sarebbero le quotazioni dei titoli - e in particolar modo quelli growth - finora supportati dalle politiche accomodanti delle banche centrali che hanno incoraggiato gli investitori a riversarsi sui mercati azionari.

2. Preoccupano le evoluzioni sul fronte pandemico

Sinora il sentiment dei mercati è stato ampiamente condizionato dalla speranza di un repentino ribaltamento dell’impianto pandemico. Esemplificativa, in tal senso, l’aria elettrica che si respirava sulle piazze finanziarie lo scorso novembre, quando le prime Big pharma annunciarono i risultati positivi dei trial clinici sui vaccini.

Ora, il processo di vaccinazione è stato già avviato, ma permangono delle perplessità sull’efficienza della macchina logistica che si occuperà della distribuzione. Eventuali inciampi potrebbero frenare ulteriormente un’economia tenuta a galla dalle politiche monetarie e fiscali.

3. Il dollaro potrebbe indebolirsi ulteriormente

Il dollaro ha perso quota nel 2020, ma il suo processo di indebolimento potrebbe non arrestarsi nei prossimi mesi. In tal caso, la Federal Reserve perderebbe la flessibilità dei tassi d’interesse negativi e si vedrebbe costretta a sospendere il suo programma di acquisto degli asset.

Il pericolo, secondo gli analisti, è che la banca centrale possa procedere con un sell-off dei titoli, con conseguenze negative sui mercati difficili da pronosticare.

4. L’eccessivo ottimismo mette a rischio i mercati

Nei salotti finanziari si è spesso sostenuto che il rialzo delle quotazioni dei titoli azionari fosse ampiamente giustificato dai tassi d’interesse bassi fissati dalle banche centrali. In realtà - come evidenziato da alcuni studi statistici - l’impatto dei tassi ai minimi è stato perlopiù irrilevante: la corsa irrefrenabile dei mercati è da attribuire piuttosto ad un clima di generale entusiasmo che non è tuttavia supportato da solide fondamenta.

In breve, la fiducia degli investitori si è tradotta in una sopravvalutazione dei titoli, quest’ultimi spesso a quote ben superiori rispetto al loro potenziale. Questo sentiment è stato forse cruciale per superare le congiunture negative della pandemia, ma l’eccessivo ottimismo potrebbe rendere i mercati più vulnerabili nel caso in cui uno dei rischi precedentemente citati dovesse concretizzarsi.

5. Una grande reflazione all’orizzonte?

Secondo alcuni analisti, poi, ci sarebbe all’orizzonte una grande reflazione. Il rischio, in questo caso, sarebbe da ricondurre alle abitudini degli investitori (e dei loro portafogli), da anni condizionati dalla disinflazione o dalla bassa inflazione. Un improvviso cambio di regime, nell’inflazione e consequenzialmente nel mindset degli investitori, avrebbe di certo un impatto sull’allocazione degli asset.

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