Dopo l’indagine avviata dall’Antitrust Ue sull’operazione di acquisizione dell’Ilva, ArcelorMittal incassa un altro colpo con il blocco delle trattative con i sindacati.
Sono giorni di interlocuzione con Bruxelles e messa a punto di piani alternativi per ArcelorMittal impegnata nel perfezionamento dell’acquisizione dell’Ilva, per il quale si attende l’ok dei lavoratori e il via libera dell’Antistrust Ue.
Un primo avvertimento sui rischi che l’operazione comporterebbe è arrivato proprio con l’indagine aperta dall’Ue per verificare che vengano rispettate le norme sulla concorrenza.
Le indicazioni sono state chiare e prevedono, tra l’altro, la fuoriuscita del gruppo Marcegaglia da AmInvestco, la cordata imprenditoriale che si è aggiudicata l’acquisizione di Ilva.
Un altro inconveniente è arrivato oggi con uno stop alle trattative tra sindacati metalmeccanici e AmInvestco, deciso dal ministro allo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, a seguito del ricorso al Tar annunciato da Regione Puglia e Comune di Taranto contro il piano ambientale del sito tarantino, sul quale, tra l’altro, aveva espresso perplessità anche l’Antistrust.
Con o senza il Gruppo Marcegaglia?
ArcelorMittal tiene all’acquisizione dell’Ilva e sta considerando seriamente le indicazioni di Bruxelles per scongiurare effetti negativi sul piano della concorrenza.
Una prima ipotesi, qualora fosse realmente necessario, è quella di riconsiderare l’assetto azionario di AmInvesco Italy che attualmente vede ArcelorMittal con una quota maggioritaria dell’88% e la quota restante divisa tra Intesa SanPaolo e il gruppo Marcegaglia (15%).
Se quest’ultimo dovesse essere estromesso, la sua quota andrebbe riassegnata. A chi? Il ceo di ArcelorMittal Europa, Aditya Mittal, non si espone molto sull’argomento, rispetta il silenzio imposto dalla trattativa con Bruxelles e si limita a dire che
“Cassa depositi e Prestiti sarebbe la benvenuta così come Intesa San Paolo”.
In attesa di conoscere la decisione dell’Antitrust - che come rassicurato dalla commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager, potrebbe arrivare anche prima della scadenza dell’indagine fissata al 23 marzo 2018 – il piano investimenti sull’Ilva va avanti.
ArcelorMittal intende portare l’output diretto di Ilva, a otto milioni di tonnellate nel 2024, innalzando gli standard qualitativi e migliorando la produttività degli impianti.
Stop alle trattative con i sindacati
Per mandare l’operazione di acquisizione dell’Ilva a buon fine, serve anche l’ok dei sindacati ma su questo fronte oggi si è registrato uno stop con il blocco delle trattative a seguito dell’annunciato ricorso al Tar contro il piano ambientale – per il quale saranno investiti circa 1,1 miliardi di euro - che confermano di voler presentare il Comune di Taranto e la Regione Puglia.
Un’eventualità che preoccupa il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, il quale non nasconde le sue perplessità sull’andamento della vicenda:
“Sono inutili i tavoli finché non è chiara la situazione. Se il Tar di Lecce accoglie l’impugnativa, l’amministrazione straordinaria dovrà procedere allo spegnimento dell’Ilva. I commissari saranno obbligati a iniziare il processo di spegnimento degli impianti. Questo metterà in discussione tutta la riqualificazione e il rilancio del siderurgico di Taranto. Ci sono in ballo 5,3 miliardi di euro e io non saprei quando mai è stato fatto un investimento simile nel Sud Italia. Ora c’è il rischio che l’investitore possa ritirare gli investimenti e scappare a gambe levate.”
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