Dall’ISTAT nuovi dati shock sui posti di lavoro persi: 249mila occupati da donne

Teresa Maddonni

12 Marzo 2021 - 13:53

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I dati shock dell’ISTAT sul quarto trimestre del 2020 parlano di oltre 400mila posti di lavoro persi e 249mila erano occupati da donne. Ancora una volta i più colpiti i contratti a termine. Aumenta chi non cerca lavoro.

Dall’ISTAT nuovi dati shock sui posti di lavoro persi: 249mila occupati da donne

Dall’ISTAT nuovi dati shock sui posti di lavoro persi nel 2020 con un calo di occupati di cui 249mila sono donne.

Dati record sui posti di lavoro persi nel 2020 che a detta dell’Istituto di Statistica non hanno precedenti.

Il calo dell’occupazione nell’anno più funesto della storia recente del Paese non riguarda solo le donne, sebbene siano le più colpite, ma in generale tutti i lavoratori con in media oltre 400mila posti di lavoro andati in fumo.

Un dato cui si aggiunge la diminuzione della disoccupazione, ma la crescita degli inattivi. Non solo a essere stati persi sono stati moltissimi posti di lavoro a tempo determinato legati maggiormente all’occupazione femminile. Vediamolo nel dettaglio ricordando che questi dati si aggiungono a quelli già drammatici relativi al solo mese di dicembre 2020.

Dall’ISTAT dati shock: 456 mila posti di lavoro persi nel 2020

I dati shock dall’ISTAT parlano di una media annuale di 456mila posti di lavoro persi nel 2020, un -2,0%. Il record dei posti di lavoro persi nel 2020 secondo il report dell’Istituto è da associare ai contratti di lavoro a termine cancellati.

Si tratta dei dati riferiti al quarto trimestre del 2020 con il quale vengono comunicate le ore di lavoro perse lo scorso anno (-13,6%) e delle posizioni di lavoro dipendente pari al -1,7%.

Come anticipato il calo dell’occupazione colpisce maggiormente i posti di lavoro a termine -391mila, mentre -154mila sono gli autonomi.

Per quanto riguarda invece i posti di lavoro a tempo indeterminato questi fanno registrare un +89 mila (+0,6%).

Il calo dell’occupazione secondo i dati ISTAT riguarda maggiormente:

  • il lavoro a tempo pieno (-251 mila unità -1,3%);
  • il part-time (-205 mila, -4,6%).

Non solo, viene evidenziato anche la forte presenza del part-time involontario.

A crescere nel 2020 anche il numero di inattivi, coloro che non hanno un lavoro e che non lo cercano: tra i 15 e i 64 anni fanno registrare un +203mila quindi in percentuale un 3,1% in più con un tasso di +1,2 punti.

Tra i motivi per cui ci sono e aumentano gli attivi che non cercano un posto di lavoro troviamo:

  • motivi familiari (+85 mila, +2,9%);
  • motivi di studio (+68 mila, +1,6%)
  • altri motivi (+300 mila, +19,3%) e tra questi prevalgono quelli legati al Covid, tra cui il timore di contagio e aziende che non cercano.

Colpite le donne con -249mila occupate nel 2020

Le più colpite dalla crisi le donne con -249mila occupate in meno nel 2020.

Come evidenzia l’ISTAT il calo dell’occupazione è stato maggiore nelle donne con un -2,5% rispetto al -1,5% degli uomini. Il tasso di occupazione è stato nelle donne di -1,1 punti rispetto al -0,8 punti degli uomini. Inoltre:

  • la disoccupazione è scesa di più tra le donne rispetto agli uomini (-11,4% e -0,9 punti nel tasso contro -9,7% degli uomini con il -0,7 punti del tasso);
  • il tasso di inattività è aumentato nelle donne (+1,8) rispetto ai +1,4 punti degli uomini anche se il numero di inattivi è maggiore nella componente maschile.

Anche i dati di dicembre sulla perdita dei posti di lavoro in Italia avevano mostrato come su 101mila posti di lavoro persi 99mila fossero occupati da donne e in merito in una recente intervista Money.it Giorgia D’Errico, scrittrice e Coordinatrice della Segreteria Generale CGIL, ha commentato proprio quei dati:

“In quei dati c’è tutta la parte legata ai contratti a termine, spesso affidati alle donne. Dobbiamo chiederci se tutta la questione del contratto a tempo determinato che abbiamo affrontato con il decreto Dignità quindi con dei limiti rispetto alla possibilità di rinnovarlo possa essere realmente una soluzione, non ho una risposta, stiamo facendo una riflessione in questo senso.”

Ancora una volta quindi il mercato del lavoro si dimostra più difficile per le donne che sono le più precarie, pagate anche meno dei loro colleghi maschi.

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