Guerra Russia-Ucraina: quanto durerà ancora?

Renato Frolvi

4 Marzo 2022 - 11:10

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Con l’invasione dell’Ucraina, la guerra è tornata in Europa. Gli Stati europei sono stati fermi e pronti nel sanzionare la Russia. Quanto tempo rimane all’economia russa?

Guerra Russia-Ucraina: quanto durerà ancora?

La guerra fredda sembra essere tornata. Giovedì 24 febbraio, la Russia ha invaso l’Ucraina. Domenica 27 febbraio, il presidente russo Vladimir Putin ha messo il deterrente nucleare della Russia in massima allerta di fronte a una raffica di rappresaglie occidentali per la sua guerra all’Ucraina. L’ Ucraina, da parte sua, ha detto di aver respinto le forze di terra russe che attaccavano le sue città più grandi. Doveva essere una “guerra lampo” per Putin. Ma non lo è stata. Entro un mese le cose dovrebbero aggiustarsi.

Putin non prevedeva sanzioni così pesanti, di dimensioni tali che non erano state nemmeno adottate dopo l’invasione della Crimea.
D’ altronde si tratta del più grande assalto a uno Stato europeo dalla seconda guerra mondiale, e ciò non poteva non generare una risposta occidentale di vasta portata e concertata. Quindi si prospetta una fase di settimane di offensive e contro-offensive. Ma uno stallo sarebbe doloroso per entrambe le parti del conflitto e fornirebbe un forte incentivo ai negoziatori, che hanno iniziato a incontrarsi lunedì 28 febbraio, per concordare un cessate il fuoco.

Le severe sanzioni economiche imposte alla Russia dovrebbero aumentare la volontà di Putin di accettare una soluzione negoziata anche se la sua posizione militare dovesse migliorare nei prossimi giorni per ciò che concerne l’ occupazione del territorio.

Quel che è certo è che la Russia sta perdendo la guerra economica con l’Occidente. La Russia sta cercando di rendere la sua economia a prova di sanzioni dal 2014 (da quando ha invaso la Crimea) anche riducendo la sua dipendenza dal dollaro con transazioni in altre valute. Ma la valuta statunitense rappresenta ancora circa un terzo delle importazioni della Russia e più della metà delle sue esportazioni.

A meno che Putin non sia totalmente isolato dalla realtà, deve essere consapevole del grave impatto che le sanzioni stanno già avendo sulla sua economia: il blocco della rete Swift per gli intermediari bancari, per la banca centrale e per le imprese esportatrici e importatrici isola fortemente la nazione russa dal resto del mondo, perché impedisce le transazioni in dollari verso il resto del mondo: da fine febbraio è diventato difficile acquistare rubli, o titoli di stato in rubli oppure obbligazioni di enti sovranazionali emesse in rubli.

Cambio Dollaro-Rublo Cambio Dollaro-Rublo

Il rublo russo è quindi crollato del 26% dall’inizio di febbraio al 28 febbraio a 105,19 rubli per dollaro (vedi tabella). Dandosi la zappa sui piedi, la Banca centrale russa ha alzato il suo tasso d’interesse chiave al 20,0% dal 9,5% in una mossa d’emergenza, (mossa inutile perché non ferma le vendite del rublo) e le autorità hanno detto alle aziende specializzate nell’esportazione di vendere valuta estera in loro possesso ( nel disperato tentativo di frenare il crollo del rublo), ma il rublo cadeva lo stesso ai minimi storici. Il rendimento dei titoli di stato a 10 anni era del 12,52% il 3 marzo. L’aumentato costo del denaro avrà effetti depressivi per le imprese russe e saranno pagati cari prezzi occupazionali certamente.

Da lunedì 28 febbraio, le file ai bancomat si sono allungate lungo i marciapiedi e intorno agli edifici a Mosca e nelle banche russe in Europa, poiché i depositanti si sono precipitati a ritirare contanti. Ma essendo la circolazione fisica della moneta una quota molto piccola della quantità di moneta M2, ben presto il denaro contante è sparito dalle casse delle banche.

Un altro grande rischio in Russia: l’inflazione. Il CPI della Russia su base annua si assestava 8,7% a/a fino a gennaio. Con un crollo del rublo e una contrazione della produzione, è probabile che vada molto più in alto come risultato della guerra e delle sanzioni. Su Cnbc (Goldman Sachs prevede un crollo del Pil russo del -7% nel 2022 con una inflazione attorno al 17%, esacerbata dal rialzo dei tassi della banca centrale russa che strozza l’attività creditizia a favore delle imprese (credit crunch).

Per ora non ci sono sommosse importanti, ma col tempo gli effetti devastanti delle sanzioni economiche porteranno (probabilmente) a una esasperazione della popolazione. Questi shock economici e finanziari sono quindi destinati ad alimentare un movimento anti-guerra (e anti-Putin) già presente ma non generalizzato.

Riserve ufficiali della Banca centrale russa Riserve ufficiali della Banca centrale russa

L’ attacco più pernicioso è però rappresentato dal blocco delle riserve valutarie depositate presso account esteri da parte della Banca centrale russa.

Le riserve internazionali non in oro della Russia sono salite a 500 miliardi di dollari durante il mese di gennaio 2022. Se aggiungiamo 140 mld di dollari in lingotti d’oro, le riserve totali ammontano quindi a circa 640 miliardi di dollari, di cui solo il 21% in oro è fisicamente detenuto in Russia: il 79% giace in account reciproci con le banche centrali e con le maggiori banche depositarie del mondo che, guarda caso, sono proprio americane.

Se consideriamo che le riserve in Cina (Paese “amico” della Russia che non applica alcun congelamento delle riserve) ammontano al 13,8% del totale, possiamo dire che – a seguito delle sanzioni - circa il 65% dei 640 mld di dollari già menzionati è indisponibile. La indisponibilità del 65% di tali riserve ufficiali fa sì che la Banca centrale russa non ha armi per difendere il cambio del rublo in tutto il mondo. La Russia ha passato gli ultimi anni a rafforzare le sue difese contro le sanzioni, accumulando proprio 640 miliardi di dollari di riserve in valuta estera, in parte facendo confluire in esse le sue entrate da petrolio e gas e in parte riducendo le sue esposizioni in titoli del debito pubblico americano in dollari statunitensi (che sono state azzerate a fine 2018). Evidentemente Putin, in previsione di interventi militari, si aspettava un congelamento dei treasury Usa e per questo ne ordinò l’azzeramento nel 2018, ma non si aspettava il blocco totale delle riserve cash.

La decisione, inoltre, di azzerare a fine 2018 il totale dei Treasury Usa fa intendere che l’invasione dell’Ucraina era pianificata già da 4 anni almeno, e che sarebbe forse accaduta prima se non ci fosse stata la pandemia da Covid-19 nel 2020.

Il blocco riguarda anche gli assets detenuti dal fondo sovrano russo all’esterno della madrepatria: poiché le dimensioni del fondo sovrano sono di 180 mld di dollari alla fine di gennaio 2022 e poiché solo il 50% delle attività è detenuto nella madrepatria, si può stimare che altri 90 mld di dollari sono non disponibili per il ministero delle Finanze Russo.

È bene ricordare che il Fondo Sovrano Russo alimenta anche il Fondo Nazionale delle Pensioni: sebbene quest’ultimo sia dotato di risorse proprie (circa 32 mld di dollari) negli anni passati ha sempre beneficiato degli apporti provenienti dal Fondo Sovrano, ogni qualvolta gli asset patrimoniali detenuti da quest’ultimo superavano il 10% del Pil russo dell’anno precedente. Le eventuali eccedenze di capitale nel 2022 (e nel 2023?) non potranno essere quindi versate al Fondo Nazionale Pensioni. Tutta questa premessa è necessaria per cercare di capire per quanto poco tempo ancora può resistere Putin prima di accettare il “cessate il fuoco” perché una stagflazione dirompente ( Pil -5% e inflazione +15% ) farebbe definitivamente crollare il consenso del dittatore in madrepatria nei prossimi mesi, ben più della insoddisfazione generata nel popolo dalle morti dei soldati russi in terra straniera.

D’ altronde, come ha detto Bruno Le Maire (ministro delle Finanze) in un’intervista alla radio francese statale il 1°marzo 2022, l’intento esplicito delle sanzioni occidentali è quello di provocare un collasso dell’economia russa nel più breve tempo possibile. Putin è pazzo ma non scemo. Prima o poi dovrà rendersi conto che la situazione economica diventerà insostenibile in prospettiva, e quindi ha poco tempo per concordare un cessate il fuoco, perché la crisi economica russa una volta iniziata difficilmente si arresterà. A ciò bisogna aggiungere anche il congelamento dei beni personali di Putin, di Lavrov e degli oligarchi russi in tutto il mondo.

È giocoforza attendersi un passo indietro di Putin, a patto di dare al dittatore ciò che il dittatore chiede. Quale è la possibile soluzione nei negoziati Ucraina - Russia? Stanti le sanzioni micidiali messe in essere (alle quali potrebbero aggiungersi un bando sull’ export di petrolio), ci sono forti dubbi che Putin sia intenzionato ad annettere tutta l’Ucraina e renderla parte della Russia. Troppo costoso in termini di dislocamento di truppe, spese militari, riduzione della forza militare disponibile sul resto del territorio russo.

È opinione comune degli osservatori e degli analisti che il suo obiettivo iniziale era, dopo il BlitzKrieg quello di installare un governo fantoccio a Kiev. Ma ora invece, scomparsa l’ipotesi della guerra lampo di 3-4 giorni, si affaccia quella ben più reale di un conflitto prolungato con le forze di resistenza ucraine sempre attive sul territorio e con nessuna fine delle sanzioni. A quel punto Putin sarebbe messo con le spalle al muro.

La sua posizione di “ripiego” potrebbe quindi essere quella di ritirare le sue forze da tutte le due le «repubbliche indipendenti» del Donbass in cambio di una garanzia da parte dell’Ucraina di non entrare mai nella Nato e di dichiararsi neutrale per sempre. Se invece Putin non dovesse accettare un compromesso siffato, allora si affaccerebbe l’ipotesi di una eliminazione fisica del dittatore. Un colpo di stato che estromette Putin dal potere per ora è una ipotesi fantasiosa, ma non si può escludere che un cambio di regime a Mosca assumerebbe contorni sempre più definiti se Putin rimanesse insensibile e miope di fronte al dilagare della crisi economica e delle manifestazioni di piazza.

Una soluzione politica, una vittoria dei negoziati di pace è quindi l’ipotesi più probabile entro i prossimi 30 giorni. Dopo di ciò i mercati finanziari sono pronti per un forte rimbalzo che riporterebbe i livelli degli indici azionari almeno sino alle soglie del dicembre 2021.

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