La Fed avvia il taper sperando di distrarre il mercato dall’inflazione. E dal Pil a picco

Mauro Bottarelli

3 Novembre 2021 - 20:47

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Powell taglia gli acquisti per 15 miliardi al mese da subito e filosofeggia sul significato di «transitorio». Ma la pillola da ingoiare è amara: la crisi da supply chain durerà larga parte del 2022

La Fed avvia il taper sperando di distrarre il mercato dall’inflazione. E dal Pil a picco

Tutto come da copione. Tranne un paio di particolari, tutt’altro che secondari. La Fed comincerà questo mese il taper del programma di acquisti pandemico, operando su una base di scale back pari a 15 miliardi di controvalore mensile (10 miliardi in meno di Treasuries e 5 di Mbs) destinata a fissare il termine dell’operazione a metà del 2022, come mostra il grafico.

Crono-programma del taper della Fed su scale back graduale Crono-programma del taper della Fed su scale back graduale Fonte: Goldman Sachs/Zerohedge

Il tutto in un contesto di flessibilità che potrebbe quindi veder variare gli ammontare mensili in corso d’opera e in base alle esigenze.

Fin qui, nulla di nuovo. Tanto è vero che il mercato ha reagito con uno sbadiglio. Differente, invece, il linguaggio e il focus del comunicato della Banca centrale Usa, così come i punti di forza dell’intervento post-board di Jerome Powell. Primo, la nuova ossessione della Fed, dopo mesi di utilizzo del taper in modalità spaventapasseri, è quella di convincere che il mercato che tapering is not tightnening: ovvero, la decisione relativa agli acquisti di assets non ha alcuna correlazione o conseguenza diretta sulle scelte relative ai tassi di interesse. I quali, a detta del numero uno, resteranno dove sono per un orizzonte temporale ancora lungo.

Secondo e strettamente connesso a questa nuova missione, il fatto che la Fed nel suo comunicato abbia sì reiterato la sua convinzione riguardo la natura transitoria dell’inflazione ma modificando la frase-cardine rispetto alla riunione di settembre. Non più l’inflazione è elevata ma riflette fattori largamente transitori, bensì l’inflazione è elevata ma riflette fattori che ci attendiamo come largamente transitori. Sembra questione di lana caprina ma non lo è, soprattutto alla luce della frase seguente: Gli sbilanciamenti fra domanda e offerta legati alla pandemia e alla seguente riapertura dell’economia hanno contribuito a un notevole aumento dei prezzi in alcuni settori. Poi, l’ammissione di Jerome Powell: La nostra aspettativa di base, a livello di scenario, prevede che le criticità sulla supply chain persisteranno per larga parte del prossimo anno.

E non solo: La crescita del Pil reale ha rallentato notevolmente. Insomma, il taper si è trasformato da parola proibita in grado di generare tsunami a cortina fumogena per nascondere le nuove criticità emerse proprio dall’eccessiva durata del Qe e dal continuo rinvio del ritiro degli stimoli, in primis le traiettorie dei prezzi. Non a caso, pressato dalla stampa, Jerome Powell l’ha buttata sul filosofico: Il termine transitorio non ha il medesimo significato per tutti. Come Fed, riteniamo che non si riferisca a uno specifico frame temporale, bensì a un qualcosa che non sarà permanente o comunque molto persistente.

Conclusa la frase, il breakeven inflazionistico a 5 anni statunitense ha sfondato quota 2,9%. D’altronde, se il termine transitorio si presta a interpretazioni, lo stesso vale per certe difese d’ufficio degli errori recenti travisate da perle di saggezza zen degne di un Bacio Perugina. In compenso, Wall Street festeggiava. Cosa, esattamente? Lo mostra questo grafico

Comparazione fra detenzione di Treasuries e prestiti in essere delle banche Usa Comparazione fra detenzione di Treasuries e prestiti in essere delle banche Usa Fonte: Deutsche Bank

dal quale si evince come a essere ritenuta di corto respiro dal mercato ci sia una cosa sola: il taper stesso e la sua reale durata. Stando a uno studio di Deutsche Bank, infatti, nei prossimi trimestri le banche statunitensi sono pronte ad acquistare Treasuries per circa 200 miliardi di dollari di controvalore, sintomo di un cortocircuito in atto che vede l’extra cash iniettato nel sistema non terminare in consumi ma in depositi. Gli istituti, dal canto loro, investono quel denaro in titoli di Stato, stante la poca richiesta di credito e la sua poca attrattività: un loop ricardiano o giapponese che spiega come il deficit di conto corrente Usa non si sia ulteriormente ampliato.

Il quadro, però, va letto in controluce. L’America che Jerome Powell ha dipinto si basa su un outlook di crescita strutturalmente debole, troppo risparmio rispetto ai consumi (voce che pesa per il 70% del Pil statunitense) e ora un’inflazione in continua crescita e con prospettive di persistenza. Insomma, il paradigma macro dominante è cambiato: il sistema non si chiede più se potrà reggere al ritiro degli stimoli, stante buybacks da record che stanno garantendo sostegno e lo faranno almeno fino a inizio 2022 e un bilancio record della Fed che, numeri alla mano, resterà tale fino al maggio 2022, al netto dello scale back mensile.

Bensì, come e quanto la Fed riuscirà per una volta a sincronizzare i tempi di aggiustamento emergenziale del taper con l’ufficialità di un trend fuori controllo dei prezzi. Insomma, ora si prezza la probabilità del policy error strutturale e non congiunturale. Jerome Powell lo sa e, non a caso, ha scomodato persino la filosofia spicciola da decadentismo adolescenziale per indorare la pillola della falsa transitorietà dell’inflazione. Per ora, il mercato sembra aver fatto finta di crederci.

Per quanto, però? La percezione generale rimane la solita: quella che basa modelli e aspettative su un ennesimo reset della situazione garantito dal Covid, da qui alla prossima primavera. E lo stillicidio di nuovi allarmi contagio in mezzo mondo sembra confermare come il Qe sanitario parallelo al taper e al suo tantrum sui rendimenti sia già ripartito a forza quattro, forte del suo generoso effetto di contro-bilanciamento. Insomma, parafrasando la filosofia spicciola di Powell e un noto spot di diamanti, viene da dire che nulla è per sempre. Tranne l’endemia.

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