Europa: quale impatto dalla fine dell’accordo Usa-Iran sul nucleare?

Marco Ciotola

10 Maggio 2018 - 18:00

L’uscita degli Stati Uniti dall’accordo nucleare con l’Iran comporta una lunga serie di veti e limitazioni che potrebbero colpire anche l’Europa.

Europa: quale impatto dalla fine dell’accordo Usa-Iran sul nucleare?

Il presidente Donald Trump ha fatto uscire gli Stati Uniti dall’accordo nucleare iraniano e punta a ristabilire delle dure sanzioni economiche contro il Paese. In che modo i governi e le società europee risponderanno alla mossa statunitense sul fronte commerciale?
Di quali conseguenza sarà vittima l’Europa?

Germania, Francia e Regno Unito hanno promesso di mantenere in vita l’accordo, dando vita ad uno scontro con l’amministrazione Trump sul tema del commercio con l’Iran.

Le sanzioni statunitensi impediranno alle società americane di fare affari con l’Iran. Ma il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti prevede di applicare anche delle “sanzioni secondarie”, che potrebbero penalizzare le società europee come Airbus e Volkswagen.

A tal proposito Judith Lee, avvocato specializzato in commercio internazionale a Washington, spiega che gli Stati Uniti rappresentano “un grande gorilla sul palcoscenico mondiale”. “Gli Stati Uniti non solo provano a controllare le loro aziende, ma provano a controllare anche quello che fanno le società degli altri Paesi”.

Le società che violeranno le sanzioni potrebbero essere tagliate fuori dal sistema finanziario statunitense e colpite con una serie di altre punizioni. Questo, secondo Lee, è “un rischio che dovrai prendere se sei un’azienda europea e continui a fare affari con l’Iran; gli Stati Uniti potrebbero agire individualmente contro di te”.

Mercoledì le multinazionali europee più colpite dalle sanzioni di Trump hanno usato toni cauti in una nota, affermando che avrebbero riesaminato la decisione dell’amministrazione americana e rispettato tutte le leggi e i regolamenti.

Dalla Volkswagen, che ha iniziato a esportare automobili in Iran lo scorso anno, hanno affermato di stare monitorando e rivedendo da vicino gli sviluppi politici ed economici nella zona. Dalla Airbus, che perderà una licenza necessaria per vendere oltre 100 jet in Iran, spiegano che stanno analizzando attentamente l’annuncio e valutando i prossimi passi da fare. Entrambe le società hanno fatto sapere che rispetterebbero pienamente la legge americana.

Commercio con l’Iran a rischio: sfumano miliardi di dollari?

Varie società internazionali sono accorse ed hanno investito miliardi in Iran dopo che gli Stati Uniti e le altre potenze mondiali hanno revocato molte delle loro sanzioni sul Paese. In cambio, l’Iran si è impegnato a ridimensionare il suo programma di sviluppo nucleare.

L’Europa ha guidato le operazioni. L’Unione europea ha infatti esportato quasi 11 miliardi di euro di beni in Iran nel 2017, un aumento del 66% rispetto al 2015: si tratta di un dato che è di circa 100 volte maggiore rispetto alle esportazioni statunitensi verso l’Iran nello stesso anno.

La compagnia petrolifera francese Total (TOT) ha portato avanti uno degli impegni dall’impatto più alto per l’Iran lo scorso anno, quando ha firmato un accordo da 2 miliardi di dollari per lo sviluppo del giacimento di gas South Pars.

Secondo diversi funzionari europei l’accordo nucleare iraniano - con i suoi benefici economici - dovrebbe proseguire.

Il Segretario di Stato per gli Affari Esteri e del Commonwealth Boris Johnson ha fatto sapere che il Regno Unito collaborerà con le altre parti per garantire che “mentre l’Iran continua a ridimensionare il suo programma nucleare, la sua popolazione beneficerà della revoca delle sanzioni, come previsto dai negoziati dell’accordo”.

Alcuni esperti hanno spiegato che l’Unione Europea ha un’opzione insolita per cercare di proteggere i suoi rapporti commerciali con l’Iran, ma è un cammino politicamente instabile, che porterebbe molte aziende in una sorta di limbo giuridico.

Blocking regulation: una manovra per permettere che gli scambi continuino?

Secondo loro l’UE potrebbe utilizzare una nuova regolamentazione che le consenta di contrastare le sanzioni statunitensi e permetta che gli scambi continuino. Una regola, questa della “blocking regulation”, che è stata introdotta per la prima volta nel 1996 per proteggere il commercio con Cuba.

Eppure secondo Thomas Gratowski, esperto presso la società di consulenza Global Counsel, non tutti in Europa, specialmente tra le aziende europee, sono sicuri che questa regola consentirebbe la prosecuzione degli affari con l’Iran, in quanto “il suo valore pratico è probabilmente molto più basso del suo valore simbolico".

Ma secondo Lee i leader europei potrebbero ancora tentare la manovra. Evidenziando quanto il suo utilizzo consentirebbe una significativa escalation, l’avvocato statunitense ha specificato che bisogna “inquadrare il provvedimento in un contesto di generale peggioramento delle relazioni tra Stati Uniti ed Europa [sul commercio, ndr]”.

Interrompere gli scambi resta l’unica opzione?

Tuttavia, secondo altri esperti l’unica opzione veramente sicura per le aziende europee resta quella di interrompere le operazioni in Iran.
Richard Grenell, ambasciatore degli Stati Uniti in Germania, è stato molto chiaro nella sua valutazione, specificando - in un tweet dell’8 maggio - che le aziende tedesche che fanno affari in Iran “dovrebbero interrompere immediatamente le operazioni”.

Anche la reazione dall’Iran è stata aspra.
La Guida Suprema iraniana, l’Ayatollah Ali Khamenei, ha scritto in un tweet del 9 maggio che non si fida più della Gran Bretagna, della Francia e della Germania.

“Se il governo intende stringere un accordo, dovrebbe chiedere una garanzia, altrimenti faranno tutti come hanno fatto gli Stati Uniti”.

Accesso completo a tutti gli articoli di Money.it

A partire da
€ 9.90 al mese

Abbonati ora

Iscriviti a Money.it