Fine dell’Euro? Crisi dell’Eurozona: quando è nata e perché

Erika Di Dio

21 Settembre 2012 - 13:58

Fine dell’Euro? Crisi dell’Eurozona: quando è nata e perché

La storia della crisi dell’Eurozona è argomento controverso, i governi europei sono tutti concentrati a trovare una soluzione alla crisi che ha investito l’Europa e dalla quale non si riesce ad uscire: organizzano incontri, preparano piani, delineano misure da seguire, si accordano su strategie diverse. Ma pochi, ormai, si fermano a riflettere sui motivi che hanno portato all’attuale eurocrisi. Eccone alcuni, insieme ad una descrizione dettagliata della situazione di ogni singolo paese europeo.

Il limite trasgredito

Nel 1997 è stato introdotto il Patto di Stabilità e Crescita, proposto dal Ministro delle Finanze tedesco Theo Waigel, per permettere di gestire al meglio le finanze pubbliche e limitare i rischi di inflazione: i paesi partecipanti non dovevano superare il 3% di deficit annuale ed avere un debito pubblico che fosse inferiore al 60% del PIL. La prima a rompere questo patto è stata proprio la nostra Italia, che ha sistematicamente superato il limite imposto dall’accordo.

La Germania si è attestata sugli stessi livelli dell’Italia, seguita dalla Francia, mentre la Spagna è riusciuta a rispettare il limite fino al 2008; la Grecia è poi un caso a parte, perché non è mai stata in linea con il limite del 3% ma ha regolarmente manipolato le statistiche relative al caso in questione, fino a quando è stata scoperta, solo 2 anni fa. Ciononostante, la Spagna non è mai stata ripagata per la sua correttezza, essendo considerata un mercato troppo rischioso, mentre la Germania, definita il "paradiso sicuro", ha ricevuto molti prestiti a tassi d’interesse molto bassi ed è velocemente diventata una grande esportatrice, vendendo all’estero molto più di quanto acquistasse, importando.

I grandi debiti accumulati in Spagna e in Italia prima del 2008 sono stati il risultato degli enormi prestiti richiesti dal settore privato (non è stata pertanto colpa dei governi, come erroneamente si pensa) e, a differenza della Germania, i mercati assolutamente poco competitivi di questi 2 paesi hanno limitato enormemente le loro esportazioni. Quindi, l’indebitamento del governo non è stata la causa principale della crisi nella quale ci troviamo ora: in Spagna e in Italia, nessuno vuole più comprare, soprattutto chi è ancora impegnato a pagare i propri debiti e non si sa a cosa porteranno i continui tagli alla spesa che i governi continuano a proporre.

In debito: sì, ma con chi?

FRANCIA: la seconda economia europea è debitrice nei confronti di tre paesi principalmente, ossia il Regno Unito, gli Stati Uniti e la Germania, ma il problema principale della sua emergenza economica è rappresentato dal fatto di essere fortemente coinvolta nelle situazioni di debito europeo, in quanto le sue banche detengono grandissime quantità di debito italiano, greco e spagnolo. Non trovandosi comunque nelle situazioni drammatiche di Italia e Spagna, si è chiesto a Francia e Germania di riequilibrare il livello dei tassi nell’Eurozona, accettando di pagare un prezzo supplementare per aiutare gli altri stati in difficoltà.

SPAGNA: la Spagna è debitrice verso Germania e Francia, anche se il suo vero problema è rappresentato dall’indebitamento di miliardi di euro che il Portogallo ha accumulato nei suoi riguardi. Ultimamente, il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha sostenuto che le misure per uscire dalla crisi e dalle sofferenze bancarie che verranno richieste alla Spagna, saranno molto dure, mentre proprio la scorsa settimana il Ministro dell’Economia, De Guindos, ha impiegato tutte le misure finanziarie indispensabili per raggiungere il disavanzo di quest’anno (6,3 % del PIL).

PORTOGALLO: il paese è in profonda recessione, è indebitato soprattutto con la Spagna e ha ultimamente ricevuto un prestito da 78 miliardi di euro da UE e FMI, che le hanno concesso una revisione al rialzo per contenere il deficit pubblico e il Ministro delle Finanze, Vitor Gaspar, ha detto di voler riuscire a tornare a vendere titoli di stato sul mercato entro settembre 2013.

ITALIA: anche il nostro paese è in forte debito, ma non a livelli di Grecia e Portogallo. I l premier Monti è apparso molto ottimista in quest’ultimo periodo e vede il 2013 come l’anno della ripresa.

Monti dice che si sta lavorando per la riduzione della spesa pubblica e per quanto riguarda il debito pubblico, si legge in un comunicato: "Considerata la ripresa dell’attività economica e il programma di dismissione del patrimonio dello Stato, sia degli immobili che delle partecipazioni pubbliche, è prevista una riduzione del debito pubblico dai 123,3 punti percentuali dell’anno in corso, a 122,3% nel 2013, 119,3% nel 2014 e 116,1% nel 2015, al netto dei sostegni erogati o in corso di erogazione ai paesi dell’area dell’euro". C’è chi invece parla di un possibile flop di Monti, sostenendo che la crescita dell’Italia è la più debole di sempre e che il paese ha registrato la peggiore performance in assoluto.

GRECIA: è il paese attualmente più in difficoltà e sta veramente navigando in cattive acque. Non si intravede una possibile soluzione e si parla della possibilità di un’uscita dall’Eurozona: i debiti sono ormai troppi (oltre 150% del PIL) ed è troppo dipendente dal resto dell’Europa. Per l’UBS, c’è un 50% di probabilità che l’anno prossimo la Grecia uscirà dall’euro.

GERMANIA: parliamo di una situazione completamente diversa per quanto riguarda la Germania. Pareri opposti, infatti arrivano da questo fronte, dove addirittura il ministro degli esteri, Guido Westerwelle, ha detto che non esiste nessuna eurocrisi e che l’euro sta benissimo, facendo il paragone con il marco che agli inizi degli anni ’90 aveva portato ad un’inflazione media del 5,5 medio annuo, mentre ora è meno del 2,5% e afferma, "affrontiamo una crisi del debito sovrano in Europa, non una crisi dell’euro".

Da tutta questa analisi è evidente che la situazione in Europa è tutt’altro che in via di risoluzione, anche dopo un ritorno lampo della fiducia degli investitori nell’Euro a cui si è assistito di recente, i problemi strutturali ed economici dell’Europa continuano a riaffiorare, tanto da indurre molti analisti a rimettere in discussione il significato stesso dell’Unione, sia in termini economici che politici.

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