Nonostante la stima di una ridotta crescita per il 2015 l’Italia ha ancora buone carte da giocare per sperare nella ripresa: l’euro debole, il super franco e il basso prezzo del petrolio.
Mentre i dati relativi all’indice Zew tedesco e europeo tengono alto l’umore delle piazze europee, arriva nella giornata di oggi un secondo dato tutt’altro che confortante: l’aggiornamento del World Economic Outlook da parte dell’Fmi.
Il Fondo Monetario Internazionale ha, infatti, tagliato le previsioni di crescita sia dell’Italia che dell’intera Eurozona, un dato questo che va a ricasco di quello sulla crescita globale che risulta inferiore alle stime di tre mesi fa. Pesano su questo rapporto le eredità di una crisi di lungo periodo, un rallentamento del PIL globale e il pericolo di un’inflazione troppo bassa non solo in Europa ma anche in Giappone.
Per quanto riguarda l’Italia, dopo una contrazione dell’1,9% nel 2013 e dello 0,4% nel 2014, il Fondo Monetario Internazionale taglia le stime di mezzo punto percentuale prevedendo per il 2015 una crescita dello 0,4% e per il 2016 dello 0,8%.
Ci si chiede, a questo punto se esistono ancora sul panorama economico internazionale, fattori su cui puntare per la ripresa economica. Al di là delle scelte di politica economica dei singoli Paesi, l’Italia potrebbe trarre un vantaggio più o meno significativo dall’euro debole nei confronti del dollaro, dal calo del prezzo del petrolio e dal rialzo del franco svizzero.
Euro/Dollaro
L’imminente varo del quantitative easing da parte della BCE, potrebbe realisticamente portare il cambio tra euro e dollaro alla soglia di parità in tempi brevi.
In base alle stime della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo il cambio euro/dollaro potrebbe subire un deprezzamento del 10% che comporterebbe un aumento dell’1,5% dell’export reale. Il dato di per sé positivo, non va comunque considerato determinante per l’economia italiana, dal momento che solo il 10% dell’export italiano è pagato in dollari e che l’Italia deve competere, in questo caso, con Paesi come Giappone e Brasile le cui valute sono soggette a deprezzamento nei confronti del dollaro.
Un vantaggio apprezzabile potrebbe derivare all’Italia in settori nei quali il nostro Paese eccelle, come il machinery, la meccanica di precisione, l’elettronica e l’automotive, sebbene i benefici prodotti da un euro debole contro il dollaro debbano essere considerati come un fattore vivificante, anche se non risolutivo per l’economia italiana nel 2015.
Prezzo del petrolio
Gli effetti di questo elemento che ha avuto un ingresso tanto improvviso quanto prorompente sullo scenario internazionale sono quelli più difficili da valutare. Il greggio è, infatti, un bene molto volatile, il cui prezzo è influenzato in gran parte dalle decisioni politiche dei paesi che lo producono. In base a recente stime elaborate da istituti di ricerca economica se il prezzo del greggio restasse a 50 dollari al barile, in due anni potrebbe produrre almeno un punto in più di PIL mentre, se si dovesse stabilizzare a soglia 60 dollari al barile, in un’ottica microeconomica, permetterebbe comunque un abbattimento consistente dei costi industriali netti delle imprese italiane ridotti tra il 2,5% e l’1% in base ai differenti comparti produttivi.
Quel che però, in una situazione normale sarebbe un dato solo positivo, potrebbe avere anche un altro segno nell’attuale situazione italiana e europea, dove l’inflazione è a zero e i tassi d’interesse fissati dalla BCE alla soglia minima possibile. Il calo del prezzo del petrolio, in questo caso, rimane una grande incognita perché, invece che favorire la ripresa, potrebbe alimentare la spirale deflattiva, fornire ulteriore impulso al ribasso dei prezzi e deprimere ancor di più l’economia.
Franco Svizzero
In questo caso i benefici saranno di entità più ridotta e più circoscrivibili al breve periodo e a specifiche aree economiche, quelle confinanti con la Svizzera. Nell’immediato i commercianti vicini al confine elvetico trarranno vantaggi dal rialzo del franco e anche i lavoratori frontalieri esulteranno dal momento che si vedranno accresciuto lo stipendio.
Nel medio periodo altri vantaggi potrebbero derivare all’Italia dalle esportazioni verso la Svizzera che è il quarto Paese a cui vengono destinati i beni e i servizi italiani (dopo Germania, Francia e USA). Più incerti sono, invece, gli investimenti di grandi gruppi bancari e finanziari sul territorio italiano, dal momento che, molto presto la Svizzera potrebbe trovarsi a fronteggiare problemi seri in casa propria: una moneta forte determinerà, infatti, una diminuzione delle esportazioni svizzere verso altri paesi, con una probabilità maggiore di crisi aziendali, licenziamenti collettivi e riduzione del personale nelle aziende elvetiche.
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