Dimissioni dal lavoro con contratto a tempo determinato: quando è possibile?

Claudio Garau

05/10/2021

In linea generale, non è possibile dimettersi da un lavoro a tempo determinato, ma vi sono degli escamotage per raggiungere l’obiettivo.

Dimissioni dal lavoro con contratto a tempo determinato: quando è possibile?

Il contratto a tempo determinato comporta per sua natura lo svolgimento di un rapporto di lavoro che ha conclusione entro una certa data, pattuita dalle parti.

Una volta arrivati al giorno finale, il rapporto cessa, salvo il caso in cui il datore di lavoro o l’azienda non decidano di compiere una proroga del contratto oppure mutare il contratto in tempo indeterminato.

Ebbene, dobbiamo premettere che laddove le parti decidano di firmare un contratto di lavoro a termine, entrambe si obbligano, tra l’altro, a non attivare il recesso per tutta la durata del rapporto di lavoro, il che di fatto ne complica la possibilità di dimissioni.

Se questo è il contesto, un lavoratore potrebbe legittimamente domandarsi se, allo scopo di cambiare lavoro e magari accettare una proposta economicamente migliore e/o a tempo indeterminato, è possibile optare comunque per le dimissioni da un contratto a tempo determinato. Ovvero: vi sono rischi di qualche tipo? E se sì, quali sono? Scopriamolo di seguito, cercando di fare chiarezza su un quesito pratico di non secondaria rilevanza.

Contratto a tempo determinato e dimissioni: il contesto di riferimento

Prima di affrontare la questione accennata, vediamo in sintesi quelli che sono gli elementi caratterizzanti del contratto a tempo determinato.

Abbiamo innanzi un contratto di lavoro di tipo subordinato, nel quale è inclusa - come accennato - una durata prestabilita, con l’indicazione espressa di un termine. Può essere stipulato per lo svolgimento di qualsiasi mansione.

Infatti, nel nostro ordinamento, nel momento in cui il datore di lavoro e il lavoratore sottoscrivono la lettera di assunzione e scelgono di avviare un nuovo rapporto di lavoro, possono liberamente decidere di sottoscrivere un contratto a tempo indeterminato oppure un contratto di lavoro a tempo determinato. Peraltro quest’ultimo trova oggi larga applicazioni nel settore delle cd. attività stagionali.

La sua durata massima è pari a 12 mesi e può essere innalzata a 24 mesi soltanto nel caso della sussistenza di una delle seguenti condizioni:

- esigenze temporanee e oggettive, le quali non fanno parte dell’ordinaria attività, vale a dire esigenze di sostituzione di altri lavoratori;

- esigenze legate a incrementi temporanei, consistenti e non programmabili, dell’attività ordinaria aziendale.

In caso di stipulazione di un contratto di durata al di sopra dei 12 mesi in mancanza delle citate condizioni, il contratto muta in contratto a tempo indeterminato dalla data nella quale sono oltrepassati i 12 mesi. In linea generale, inoltre, la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso dipendente, a seguito di una successione di contratti, sottoscritti per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria, non può mai oltrepassare i 24 mesi, salvo quanto diversamente stabilito nel CCNL di categoria.

Insomma, le norme vigenti - e in particolare il d.lgs. n.81 del 2015 - stabiliscono alcuni divieti e restrizioni all’uso di questa tipologia di contratto. La finalità è facilmente intuibile: il legislatore intende contrastare l’abuso del contratto a termine, in modo che quest’ultimo non vada a precarizzare troppo la vita del dipendente.

Contratto a tempo determinato: è ammessa la possibilità di dare le dimissioni?

Dopo le necessarie premesse iniziali, veniamo alla domanda di cui all’inizio dell’articolo. In linea generale, se il contratto è a tempo indeterminato, le parti possono sempre recedere, dando però un dovuto e congruo preavviso all’altra parte.

Il discorso cambia in caso di sottoscrizione di un contratto a tempo determinato. Infatti, in dette circostanze, dipendente e datore di lavoro hanno fissato fin dall’inizio la durata del contratto e si sono obbligati a mandarlo avanti fino alla sua data di scadenza.

D’altronde, nella complessa materia del diritto del lavoro e dei contratti, valgono due principi fondamentali e inderogabili. Uno è il principio di libertà contrattuale, il quale permette alle parti di esercitare il recesso dal contratto, nel momento in cui non ha più interesse a proseguire oltre. L’altro è il principio di buona fede e correttezza nello svolgimento di quanto previsto in contratto; detto principio prevede che le parti non diano luogo a comportamenti che possano, in qualche modo, danneggiare la controparte.

In considerazione della vigenza di questi due principi fondanti, ne consegue che - in linea generale - non si può esercitare il recesso da un contratto di lavoro a tempo determinato, prima dello spirare del termine. Altrimenti, il trasgressore si troverebbe di fronte al concreto rischio di versare un risarcimento danni all’altro contraente.

Gli escamotage per dimettersi comunque: ecco quali sono

Quanto abbiamo detto vale in linea generale, ma vi sono in verità delle soluzioni alternative, che permettono al lavoratore di dimettersi. Sono le seguenti:

  • anzitutto è possibile trovare un accordo con l’azienda, spiegando le ragioni che sono alla base del recesso. Non di rado infatti nella prassi dei rapporti di lavoro, il datore di lavoro non si oppone alle dimissioni prima del termine, semplicemente chiedendo al lavoratore un congruo preavviso per poter sostituire la persona;
  • è anche ammessa la sottoscrizione della cd. risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, ossia un accordo con il datore per porre fine in anticipo al rapporto di lavoro. In questo caso, il consenso espresso è di entrambi;
  • il lavoratore, ricorrendone le condizioni, può altresì essere in grado di provare che il recesso unilaterale è conseguente a una condotta gravemente scorretta dell’azienda, che lede irrimediabilmente il rapporto di fiducia e non permette di proseguire il rapporto (pensiamo al caso tipico del mancato pagamento dello stipendio o al mobbing). Si tratta delle cosiddette dimissioni per giusta causa. In dette circostanze, le dimissioni sono legittime anche nell’ambito di un rapporto a termine ed è possibile abbandonare il posto di lavoro subito, senza dare preavviso e con diritto a un risarcimento danni.

Concludendo, se la regola generale prevede il divieto di dimissioni in caso di contratto a tempo determinato, vi sono tuttavia degli escamotage che permettono comunque di esercitare il recesso.

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