Gli economisti non sono stati in grado di prevedere la crisi del 2006 e ciò potrebbe ripetersi anche in futuro. Ecco qual è la soluzione affinché ciò non accada.
Per quale motivo molti economisti non hanno previsto la crisi?
Dare una risposta a questa domanda non è semplice, tant’è che ad oggi ci sono ancora molte visioni contrapposte sul perché gli economisti - salvo alcune eccezioni - non hanno previsto lo scoppio della bolla subprime del 2006.
Una domanda posta anche dalla Regina Elisabetta II, la quale nel 2008 ha rivolto questo quesito direttamente agli accademici della London School of Economics, una delle Università più prestigiose del Regno Unito.
Una semplice domanda o una vera e propria provocazione? Non si può negare d’altronde che quanto successo nel 2006 e negli anni successivi ha rappresentato un vero e proprio fallimento della figura dell’economista.
La crisi è scoppiata all’insaputa di tutti (o quasi); gli anni di studio e la formazione sul campo non sono stati sufficienti per rendersi conto dell’arrivo di una bolla subprime che ha rivoluzionato l’intero mercato mondiale.
Trovare la risposta a questa domanda è molto importante per far sì che quanto successo in passato non si ripeta. È necessario che gli economisti capiscano i loro errori perché solo così saranno in grado di comprendere i rischi del sistema nel suo complesso.
All’indomani della domanda posta dalla Regina Elisabetta, le menti più brillanti del Regno Unito - e non solo - si misero all’opera per trovare una risposta. Quanto emerso da questo studio approfondito ha confermato il fallimento di un intero sistema, complice un percorso di studi e formazione non all’altezza del ruolo ricoperto.
Economisti incapaci di prevedere una crisi: la colpa è delle Università?
Secondo alcuni esperti la colpa di questa incapacità di prevedere l’arrivo di una crisi è delle Università.
Qui infatti si insegna a comprendere le logiche dell’economia mainstream, basata su logiche largamente condivise ed insegnate dai docenti di tutte le facoltà di Economia del mondo. Il problema è che queste teorie già in passato si sono rivelate non in grado di prevedere lo scoppio della bolla subprime e continuando su questa strada non è detto che ciò non si ripeta in futuro.
Continuando a fondare l’insegnamento su questi dogmi condivisi si potrebbero formare economisti non in grado di accorgersi dell’arrivo di una crisi. Ne è convinto ad esempio Wolfgang Streeck, direttore del Max-Planck Institut di Colonia, il quale ha dichiarato:
“La crisi attuale non è un fenomeno accidentale, ma il culmine di una lunga serie di disordini politici ed economici che indicano la dissoluzione di quella formazione sociale che definiamo capitalismo democratico”.
Una visione condivisa anche da molti studenti, che cominciano a lamentarsi contro la monopolizzazione dell’istruzione economica.
La visione neoclassica dell’economia va superata
Al centro delle polemiche c’è la scuola di pensiero dell’economia neoclassica, sulla quale tutti gli insegnamenti universitari si fondano. Questa infatti non ha fornito le conoscenze utili per prevedere tempestivamente la crisi finanziaria ed è per questo che molti atenei occidentali hanno appoggiato la richiesta - partita dall’Università di Manchester - di rivedere radicalmente l’insegnamento dell’Economia.
Secondo gli studenti appartenenti al Post-Crash economics society - un’associazione nata nel 2012 - i corsi di studio di Economia devono essere caratterizzati da un maggiore pluralismo.
Non solo “scuola neoclassica” quindi, agli studenti bisogna insegnare anche le scuole di pensiero alternative.
A tal proposito, questi studenti hanno citato due diverse scuole di pensiero che hanno individuato due teorie differenti sulle cause della crisi economica:
- scuola austriaca: secondo questa la crisi è stata causata dallo squilibrio sorto dall’intervento delle banche centrali sui tassi di interesse, che solo una recessione poteva risolvere;
- teoria di Minsky: l’instabilità finanziaria è derivata dall’euforia speculativa, alla quale sono seguiti prima l’aumento del credito e poi il panico di fronte alla fine dell’inflazione. Una teoria che secondo gli esperti è la più idonea per spiegare quanto successo negli Stati Uniti con lo scoppio della bolla dei mutui subprime causato senza dubbio dalla troppa facilità con cui i soggetti avevano accesso al credito.
Insomma, la crisi del 2006 dimostra che la teoria neoclassica non è in grado di risolvere tutte le grandi questioni economiche ed è per questo che il suo monopolio all’interno degli insegnamenti universitari va assolutamente superato. Solo aprendosi a nuovi orizzonti l’economista sarà in grado di prevedere i futuri andamenti del mercato.
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