Brexit, ecco perché l’Italia deve sperare in un accordo

Alessandro Cipolla

16 Novembre 2018 - 12:11

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Si fa sempre più complessa la questione Brexit: accordo sempre più a rischio, ma un “no deal” potrebbe essere molto rischioso per l’Italia.

Brexit, ecco perché l’Italia deve sperare in un accordo

La Brexit non è soltanto una questione tra Unione Europea e Regno Unito, ma l’esito della complessa partita che si sta giocando in queste ore potrebbe avere delle conseguenze economiche e sociali non di poco conto anche per l’Italia.

Se la bozza di intesa sulla Brexit che è stata siglata nei giorni scorsi tra Londra e Bruxelles non dovesse essere approvata dalla Camera dei Comuni, al momento il primo ministro Teresa May non sembrerebbe avere i numeri necessari per farla passare, il prossimo 29 marzo il Regno Unito si potrebbe ritrovare fuori dall’Unione senza un accordo.

Una eventualità questa che sarebbe molto dannosa per il nostro paese in termini di export e di connazionali che vivono Oltremanica: in questo spinoso match politico, l’Italia senza dubbio deve sperare che alla fine venga siglato un accordo.

Brexit: l’Italia tifa per l’accordo

Spesso nelle vicende di politica internazionale c’è la tendenza a considerare le varie questioni, anche quelle più importanti e delicate, come dei fatti che comunque alla fine non ci riguardano da vicino.

Invece non c’è niente di più sbagliato, basti pensare al Pil italiano fermo nel terzo trimestre: le principali cause di questo rallentamento sono state attribuite ai dazi commerciali recentemente imposti da Donald Trump.

Anche la Brexit in quest’ottica potrebbe avere dei riflessi, in negativo, sull’economia nostrana se Londra alla fine non dovesse siglare alcun accordo con l’Unione Europea. Prospettiva questa al momento molto probabile.

La bozza di intesa portata a casa da Teresa May infatti nel Regno Unito non piace a nessuno. Quattro ministri si sono dimessi in disaccordo con il primo ministro, mentre le opposizioni parlano di un fallimento con l’86% dei sudditi di Sua Maestà che secondo i sondaggi sarebbero dello stesso parere.

Il 6 dicembre ci sarà il voto decisivo alla Camera dei Comuni, dove al momento la May sarebbe ben lontana dall’avere i numeri sufficienti per far approvare il suo accordo sulla Brexit.

A prescindere su come poi evolveranno le cose, se al prossimo 29 marzo non sarà stata siglata un’intesa tra Bruxelles e Londra, il Regno Unito sarà comunque fuori dall’UE e si dovrà rapportare con l’Unione in base alle regole del WTO.

La prima conseguenza sarebbe quella del ripristino di più complessi controlli doganali. Essendo il Regno Unito un’isola, questo potrebbe provocare un autentico collasso per le dogane con molte merci che così rimarrebbero bloccate sia a Dover che a Calais.

Per l’Italia questo sarebbe un bel problema: il Bel Paese infatti Oltremanica esporta molto più rispetto a quello che importa, con le esportazioni che riguardano soprattutto piccole e medie imprese nostrane.

L’aumento di problemi alle dogane potrebbe quindi incidere in negativo sulle nostre esportazioni, contando anche che ci sono delle aziende che hanno nel Regno Unito il loro unico sbocco di mercato estero e che rischierebbero anche la chiusura.

Altro problema però riguarderebbe quei 700.000 italiani che al momento vivono e lavorano nel Regno Unito. Senza un accordo che li tuteli, la loro posizione potrebbe essere a rischio. Anche dal punto di vista turistico poi ci potrebbero essere delle ripercussioni.

Un “no deal” sulla Brexit sarebbe quindi un problema anche per l’Italia, che potrebbe vedere compromesso il suo florido export verso il Regno Unito senza contare i tanti connazionali che rischierebbero nel caso di dovere abbandonare il paese.

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