Banche italiane: gli asset da vendere stanno finendo, solo la loro cessione non può salvare il sistema. Intanto Intesa Sanpaolo punta a €800 milioni con la vendita di Allfunds.
Il sistema delle banche italiane ha ricevuto una nuova iniezione di liquidità grazie all’industria del private equity, così da poter continuare a far sembrare il proprio business profittevole. Ma quanti gioielli di famiglia siano rimasti da vendere all’intero sistema bancario italiano è tutta un’altra questione.
La vendita di Allfunds, una piattaforma di distribuzione fondi, alla Hellman & Friedman e alla GIC di Singapore frutterà ad Intesa Sanpaolo 800 milioni di euro.
Contando anche la cessione di Setefi, segmento specializzato in pagamenti di Intesa, e la vendita dell’Istituto Centrale delle Banche Popolari nel 2015 arriviamo a circa 4 miliardi di euro in vendite di asset da parte degli istituti di credito italiani a società di private equity negli ultimi due anni.
Per non parlare della vendita da parte di UniCredit di Pioneer Investment alla francese Amundi.
Intesa Sanpaolo cede Allfunds
Il private equity ha speso circa 5 miliardi di euro per acquistare varie divisioni delle banche italiane.
Operazioni come queste hanno contribuito a far sembrare che il sistema bancario italiano fosse ancora in piedi. Ma hanno anche permesso alle società di private equity di afferrare imprese in rapida crescita che potrebbero prosperare ora che sono finalmente fuori dalla proprietà delle banche italiane.
Questa è una buona cosa per gli azionisti della banca. Intesa è una delle banche più forti del paese, ma ha dovuto pagare per gli errori degli altri. Il finanziamento del fondo Atlante ha portato ad un’uscita di 227 milioni di euro per Intesa San Paolo e può arrivare a segnare un’ulteriore uscita di 773 milioni di euro secondo UBS. Il guadagno dalla vendita Allfunds, in questo caso, potrebbe essere utile.
Ed è un buon sviluppo anche per Allfunds in sé. Si tratta di un business ad alto rendimento e a basso capitale e un Allfunds indipendente potrebbe ora essere in grado di attrarre una maggiore gamma di fondi sulla sua piattaforma elettronica.
Sotto la proprietà del private equity, la società dovrebbe anche essere in una posizione migliore per finanziare acquisizioni e inglobare più attività, contribuendo così a compensare la contrazione dei ricavi dalle commissioni in calo.
Banche Italiane: la svendita di asset sta per finire
Tuttavia, è difficile sfuggire alla sensazione per cui ci stiamo ormai avvicinando alla fine del processo in cui delle buone risorse vengono vendute pur di sostenere le banche italiane.
Gli investitori e le banche dubitano che sia rimasto molto da scaricare che non vada ad intaccare le attività strategiche principali, come la gestione di asset e quella patrimoniale.
Il vero obiettivo rimane gestire i 350 miliardi di euro di crediti in sofferenza che si trovano in Italia - ma nulla ancora è stato fatto nel concreto.
Banche in crisi? L’unica soluzione è nei NPL
Atlante avrebbe dovuto contribuire alla definizione di un prezzo per questi prestiti, ma ha speso la sua potenza nel salvataggio delle banche fallite. E sistema legale italiano rende difficile far sapere agli offerenti quanto denaro si possono aspettare dal recupero di questi prestiti.
Il mercato italiano dei NPL è per lo più "inesistente", come ha dichiarato l’ex amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo. La speranza è che quest’anno porti una sorta di scongelamento tanto atteso all’interno di questo mercato.
Senza questo, però, è difficile immaginare l’arrivo di buone notizie dal settore bancario italiano.
Nel corso dell’ultimo anno, le banche principali del paese hanno sottoperformato le controparti europee. Il piano di salvataggio del governo va contro le norme dell’UE, che richiedono che le perdite vengano caricate sugli obbligazionisti. E c’è mancanza di fiducia nel futuro, manca una strategia chiara in materia di compensazione dei debiti bancari deteriorati.
Nel breve termine, l’operazione di cessione di Allfunds è una buona cosa per il private equity, ma è solo palliativo per gli azionisti delle banche italiane. A lungo termine, questa potrebbe essere vista come l’ultima delle vendite facili delle attività delle banche italiane.
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