Il procuratore di Arezzo, Roberto Rossi, ascoltato ieri in commissione d’inchiesta sulle banche sulla vicenda Etruria, definisce “un poco strano” il comportamento di Bankitalia
Un’audizione delicata durata cinque ore e più volte secretata. Davanti alla commissione bicamerale d’inchiesta sul sistema bancario, ieri, è stato ascoltato il procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, che ha riferito sulla crisi di Banca Etruria.
Una vicenda particolarmente scottante per le implicazioni politiche scaturite con il coinvolgimento dell’attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi, il cui padre Pierluigi era stato vicepresidente dell’istituto.
Ma se da una parte il procuratore “assolve” Boschi, dall’altra tira ballo Bankitalia che, a suo dire, ebbe un comportamento “un poco strano”.
Del procuratore Rossi bisogna ricordare che rischiò di essere trasferito per incompatibilità, essendo stato consulente Palazzo Chigi sia con Letta che con Renzi e per aver taciuto i 4 procedimenti da lui archiviati a carico di Boschi padre. Ma andiamo con ordine.
Le responsabilità di Bankitalia
Il procuratore Rossi ha parlato per circa cinque ore davanti alla commissione e la sua audizione è stata secretata più volte, soprattutto sul fronte della documentazione di Bankitalia e delle comunicazioni con Banca Etruria.
In un passaggio non pubblico delle dichiarazioni, secondo alcune fonti giornalistiche, Rossi avrebbe comunicato che procura di Arezzo starebbe svolgendo approfondimenti sul ruolo che nella vicenda Etruria ebbero Bankitalia e Consob. Un fascicolo d’indagine che al momento non prevede né ipotesi di reato né indagati.
Rossi, inoltre, nel suo intervento definisce “un poco strano” il comportamento di Bankitalia relativamente all’operazione di fusione – poi non avvenuta – tra Etruria e la Banca Popolare di Vicenza tra il 2014 e il 2015.
“Banca d’Italia chiese all’Etruria nel 2014 di trovare un partner di elevato standing e l’unica trattativa avviata fu quella con la Popolare di Vicenza che offrì un euro per azione”
ha raccontato il magistrato, che trova singolare come via Nazionale abbia suggerito proprio la Popolare di Vicenza per la fusione, quando, leggendo i verbali degli ispettori di palazzo Koch è evidente che l’istituto fosse in condizioni critiche già dal 2012, simili se non peggiori di quelle della stessa Etruria.
La reazione di Bankitalia
Non si è fatta attendere, dopo le parole del procuratore di Arezzo, la reazione di Bankitalia. Alcune fonti interne a via Nazionale, hanno fornito una versione molto diversa precisando che che in merito alla mancata fusione dei due istituti
“Bankitalia ha chiesto ad Etruria di adottare una serie di misure correttive e di ricercare l’aggregazione con un partner di elevato standing”
lasciando comunque agli organi aziendale completa autonomia nella scelta del partner.
Secondo quanto riferito, fu Vicenza che si propose ma il negoziato con Etruria non andò a buon fine perché non fu trovato un accordo.
Il ruolo di Pierluigi Boschi
La vicenda di Banca Etruria provocò un terremoto politico, essendo stato il padre dell’allora ministro Maria Eelena Boschi, vicepresidente dell’istituto. Rispondendo alle domande dei parlamentare sul ruolo di Pierluigi Boschi, Rossi ha spiegato che nessun comportamento dell’uomo è riconducibile al reato di bancarotta della Banca.
Boschi, ricostruisce il pm
“entra in cda nel 2011 come amministratore senza deleghe diventa uno dei due vicepresidenti nel maggio 2014 assieme a Rosi. Noi sulla responsabilità per la bancarotta vediamo i comportamenti e questi discendono dalle delibere. I conflitti di interesse li abbiamo tutti evidenziati, per noi i crediti valgono se vanno poi in sofferenza altrimenti non costituiscono il reato bancarotta.”
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