Articolo 18, Renzi: resta il reintegro per casi di discriminazione e motivi disciplinari. Cosa significa?

Marta Panicucci

1 Ottobre 2014 - 17:01

E’ ancora molto complessa la questione intorno all’articolo 18. Renzi ha aperto alla possibilità di mantenere il reintegro nei casi di discriminazione e per motivi disciplinari. Cerchiamo di capire cosa significa.

Articolo 18, Renzi: resta il reintegro per casi di discriminazione e motivi disciplinari. Cosa significa?

Il dibattito sull’articolo 18 continua a tenere banco sotto il cielo della politica italiana. Proposte, critiche, controproposte, minacce, la baraonda creata dall’ipotesi di abolizione dell’articolo 18 non accenna a placarsi. E spesso i cittadini, i lavoratori, coloro che dovrebbero beneficiare delle riforme di cui si parla non hanno ben chiaro su cosa verta il dibattito politico, spesso così animato.

Per sindacati e minoranza Pd l’articolo 18 è il totem intorno al quale girano tutti i diritti dei dipendenti e la loro dignità di lavoratori. Per il governo, gli imprenditori e altri partiti, Forza Italia in primis, l’articolo 18 è soltanto una tutela obsoleta, anacronistica nell’Italia della crisi e soprattutto un freno per gli investitori stranieri.

Cerchiamo quindi di fare chiarezza sulle tutele dell’articolo 18 e sulle varie proposte di abolizione o modifica avanzate nei giorni scorsi dal governo.

Articolo 18
L’articolo 18 debutta in Italia con la legge numero 300 del 20.05.1970 pubblicata in Gazzetta ufficiale il 27.05.1970 e meglio conosciuta come Statuto dei Lavoratori. Lo Statuto, composto da 41 articoli, nasce per la "tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento".

L’articolo 18 dello Statuto in pratica difende il lavoratore dipendente da un licenziamento illegittimo, ovvero "effettuato senza comunicazione dei motivi, ingiustificato o discriminatorio". Nel caso quindi di un licenziamento senza "giusta causa" il giudice, a cui si rivolge il lavoratore, obbliga il datore di lavoro al reintegro del dipendente ingiustamente licenziato e al pagamento di un risarcimento calcolato in base ai giorni intercorsi tra il licenziamento e il reintegro.

L’articolo 18 prevede un’eccezione: nel caso in cui il licenziamento venga effettuato da un azienda con meno di 15 dipendenti, il datore di lavoro non ha l’obbligo di reintegro, ma deve comunque concedere un indennizzo, pari a 15 mensilità di retribuzione.

La riforma Fornero
La legge Fornero, oltre a modificare la procedura del licenziamento e del reintegro, apporta delle modifiche alle sue "giustificazioni".

Per il licenziamento discriminatorio, ovvero relativo al sesso o alla sfera politica, sindacale, religiosa, razziale e linguistica del lavoratore, la legge Fornero ha mantenuto le precedenti disposizioni: resta la tutela piena del lavoratore che viene reintegrato con risarcimento del danno. Inoltre la riforma Fornero amplia questa tutela perché viene meno il limite dei 15 dipendenti o delle dimensioni aziendali, estendendola pure ai dirigenti.

Per licenziamento disciplinare si intende per "giusta causa" quando avviene la rottura del rapporto di fiducia tra datore di lavoro e dipendente o con "giustificato motivo soggettivo" in presenza di condotte che impossibilitano la prosecuzione del rapporto tra i due. Nel caso di insussistenza di tali motivi il giudice stabilisce il reintegro e un’indennità di massimo 12 mensilità. Nel caso invece, della presenza di giusta causa o giustificato motivo il giudice condanna il datore di lavoro al solo pagamento di un’indennità senza reintegro.

Il licenziamento economico avviene con giustificato motivi quando le ragioni non dipendono dal comportamento del lavoratore ma dalla situazione economica o organizzativa dell’azienda. In questo caso, secondo la legge Fornero non si prevede più il reintegro, ma solo il risarcimento, che è determinato come nel caso del licenziamento disciplinare. Ma nel caso in cui il giudice accerti la "manifesta insussistenza" del fatto posto a base del licenziamento per giustifico motivo oggettivo, può applicare la tutela speciale del reintegro.

Proposta del governo
Il governo sembra essere il primo a non avere ben chiare le sue intenzioni circa l’articolo 18. Soltanto un anno fa l’attuale premier affermava con forza l’inutilità del dibattito sull’articolo 18 dal momento che non lo riteneva la causa dei problemi occupazionali del Paese. In veste di premier però, Renzi ha iniziato una dura battaglia contro tutti e tutti per l’abolizione dell’articolo 18 nel corso della quale sta incontrando forti opposizioni nel sindacato, ma anche nello stesso Pd.

Così nell’ultima Direzione Nazionale del suo partito Renzi ha aperto alla possibilità di mantenere il reintegro previsto dall’articolo 18 "nei casi di discriminazione e per motivi disciplinari". Cerchiamo di capire le intenzioni del premier attraverso le parole di Tommaso Nannicini, economista all’università Bocconi di Milano e tra i più stretti consiglieri di Matteo Renzi. Questa mattina Nannicini al Sole24Ore ha dichiarato: "si eliminerà il reintegro per i licenziamenti economici. Sui disciplinari poi verranno individuate delle casistiche estreme dove, se il fatto contestato risulta falso, il lavoratore subisce una lesione della dignità personale e quindi ha diritto a una tutela reale".

Con il Jobs act quindi, escludendo ulteriori cambiamenti di orientamento, l’articolo 18 dovrebbe essere modificato in modo che:

  • per il licenziamento discriminatorio restino le vecchie tutele;
  • per il licenziamento disciplinare vengano stabilite delle "casistiche estreme" per il reintegro; in caso contrario al lavoratore spetterà solo un’indennizzo;
  • per il licenziamento economico non siano più valide le vecchie tutele previste dall’articolo 18. In caso di licenziamento per difficoltà economica il lavoratore non avrà diritto al reintegro.

Inoltre la riforma dell’articolo 18 vorrebbe modificare anche l’entità dell’indennizzo. Dichiara ancora Nannicini: "ci sarà un indennizzo crescente in base all’anzianità di servizio che, seguendo l’esempio di altri Paesi, potrà essere di 4-6 mensilità dopo due-tre anni di anzianità. Oggi si parte da 12 mensilità". Infine il consigliere di Renzi ha anche chiarito quale sarà la platea delle nuove tutele: "Varrà per i nuovi assunti e per le aziende oltre i 15 addetti".

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