Ape aziendale per favorire la pensione anticipata dei dipendenti

Simone Micocci

15 Febbraio 2018 - 09:18

Con l’Ape volontaria debutta l’Ape aziendale: le aziende potranno contribuire all’anticipo pensionistico dei propri dipendenti per favorire il ricambio generazionale.

Ape aziendale per favorire la pensione anticipata dei dipendenti

Dopo l’Ape volontaria - per la quale è stata pubblicata la guida con tutte le istruzioni per l’utilizzo - è in partenza anche l’Ape aziendale, ossia quello strumento con cui l’azienda stessa potrà finanziare l’uscita anticipata del proprio dipendente.

Si tratta di uno strumento contenuto nello stesso progetto dell’anticipo pensionistico, da non confondere con la pensione anticipata.

L’Ape volontaria - così come quella aziendale - si definisce come un anticipo finanziario a garanzia pensionistica: al lavoratore quindi viene permesso di andare prima in pensione grazie ad un prestito erogato dagli istituti di credito che andrà restituito una volta raggiunta l’età pensionabile attraverso una decurtazione sulla pensione per i successivi 20 anni.

Le aziende che vogliono favorire l’uscita dal lavoro dei loro dipendenti possono contribuire ai costi che questi dovranno sostenere per l’anticipo pensionistico volontario. Grazie all’Ape aziendale queste potranno - previo il consenso dei dipendenti - incrementare il montante contributivo maturato dal dipendente versando volontariamente i contributi in un’unica soluzione; contributo che deve essere pari a quanto percepito dal dipendente nell’ultimo anno precedente alla pensione moltiplicato per ogni anno di anticipo.

Quindi, una volta che andrà in pensione il dipendente riceverà una pensione più alta rispetto alle attese, compensando così le decurtazioni previste per la restituzione del prestito ricevuto ai fini dell’anticipo pensionistico.

L’Ape aziendale però, non è accessibile a tutte le categorie di lavoratori; la motivazione risiede proprio nella modalità con cui l’impresa contribuisce a finanziare l’anticipo pensionistico al lavoratore che ne vuole beneficiare.

Di seguito vedremo nel dettaglio come funziona questo strumento, utile per tutti i lavoratori che vogliono andare in pensione prima del raggiungimento dei requisiti previsti, e per quelle aziende che vogliono favorire il ricambio generazionale. Ecco tutto quello che c’è da sapere sull’Ape aziendale, l’anticipo pensionistico collegato all’Ape volontaria.

Chi può utilizzarlo

L’Ape aziendale si può utilizzare nei confronti di tutti quei dipendenti che soddisfano i requisiti per accedere all’Ape volontaria, quali:

  • età minima: 63 anni;
  • contributi versati: 20 anni;
  • chi lo richiede per la pensione di vecchiaia non deve essere a più di 3 anni e 7 mesi dalla maturazione dei requisiti necessari, e a non meno di 6 mesi.

Non possono accedere a questo strumento i lavoratori che hanno una pensione inferiore ad 1,4 volte il trattamento minimo previsto nell’assicurazione generale obbligatoria, ossia a 710€ mensili. Questo importo si considera al netto dell’Ape aziendale, quindi senza il sostegno economico versato volontariamente dal datore di lavoro.

L’Ape aziendale può aiutare ad incrementare il montante contributivo di ciascun lavoratore privato per conto dell’impresa stessa. Possono infatti utilizzare l’Ape aziendale solo i datori di lavoro nel settore privato, gli enti bilaterali o i fondi di solidarietà settoriali.

L’utilizzo dell’Ape aziendale da parte di questi soggetti è mirato al raggiungimento di un montante contributivo tale da agevolare il lavoratore presso uno di questi lavori, a raggiungere prima la pensione.

Solo tramite il consenso del lavoratore infatti, l’eventuale datore di lavoro che accoglie l’Ape aziendale può versare all’INPS in un’unica soluzione al momento della richiesta dell’Ape un contributo non inferiore ad un determinato importo.

Vediamo come calcolare la contribuzione che il datore di lavoro deve versare per incrementare il montante contributivo del proprio lavoratore.

Costi e tempi

Se tutti i suddetti requisiti sono rispettati e qualora si ipotizzi per l’Ape aziendale, il datore di lavoro chiamato a versare i contributi presso l’INPS avrebbe l’obbligo di non abbassare la soglia dei contributi versati sotto ad un determinato importo.

La cifra da versare corrisponde all’importo della retribuzione percepita dal lavoratore prima della pensione per ciascun anno o sua frazione di anticipo rispetto alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia.

La parte che il datore di lavoro versa è libera in base ad un accordo, purché rimanga pari all’equivalente della contribuzione volontaria (il 33% della retribuzione imponibile) calcolata per tutta la durata dell’anticipo.

La copertura dell’Ape aziendale ha infatti una durata minima di sei mesi ed una massima di tre anni e sette mesi.

Facciamo un esempio per capire meglio come funziona l’Ape aziendale: prendiamo un dipendente che nell’ultimo anno ha percepito una retribuzione lorda pari a 25.000€ e che vuole andare in pensione con due anni di anticipo.

Qual è il monte contributivo che deve pagare il datore di lavoro? È pari a 16.500€ (25mila X 2 anni x 0,33) e dovrà essere pagato in un’unica soluzione.

Qualora grazie al contributo dell’azienda la pensione superi la prima fascia di retribuzione pensionabile (che per il 2018 è pari a 46.630 euro) sarà necessario versare un’aliquota aggiuntiva, pari all’1% della parte eccedente.

Accordo e versamento

Una volta che datore di lavoro e dipendente hanno raggiunto l’accordo per l’uscita anticipata di quest’ultimo, bisognerà darne comunicazione all’INPS. La notifica dell’accordo comporta un’obbligazione irrevocabile e di conseguenza il datore di lavoro è obbligato a versare i contributi all’INPS nella misura prevista dallo strumento.

Il versamento avviene in un’unica soluzione entro la scadenza del mese di decorrenza dell’Ape volontaria. Per chi non rispetta i termini per il versamento è prevista una sanzione per omissione contributiva, pari al 5,55% per ogni anno.

È bene precisare però che nonostante i criteri per il calcolo del montante contributivo a carico dell’azienda siano definiti dalla legge, datore di lavoro e dipendente possono anche non rispettarli, ma solo se ciò comporta un vantaggio al lavoratore. Riassumendo, l’accordo può prevedere una cifra più alta di contributi, ma non più bassa di quella prevista dalla legge.

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